In fuga da Dio

24 Gennaio 2021

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Iniziamo oggi l’avventura dello studio del libro di Giona. Il libro è di facile lettura, eppure, leggendo attentamente, scopriamo un’opera letteraria ingegnosa e di alta qualità.

I suoi quattro capitoli narrano due episodi. Nei capitoli 1 e 2 Giona riceve l’ordine da Dio di recarsi a Ninive, ma fallisce. Nei capitoli 3 e 4 riceve nuovamente l’ordine e questa volta lo porta a termine. I due racconti sono disposti in modo quasi del tutto parallelo.

Nei primi tre versetti dei capitoli 1 e 3 leggiamo di come Dio rivolge la sua parola a Giona e di come il profeta risponde. Nel resto dei capitoli 1 e 3 leggiamo come i pagani rispondono all’intervento di Dio e di come la loro risposta è stata in fin dei conti migliore di quella di Giona. I capitoli 2 e 4 sono invece interamente dedicati alla misericordia di Dio nei confronti di Giona.

Oggi scopriremo come il tentativo di fuga di Giona è in realtà un segno di sfiducia nei confronti di Dio e come la sua fuga non fa altro che portarlo a sprofondare sempre più nel peccato. Eppure, nonostante tutto, Dio rimane misericordioso nei suoi confronti.

Giona, un improbabile emissario

La parola del SIGNORE fu rivolta a Giona, figlio di Amittai in questi termini: «Alzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me». (Giona 1:1-2)

Sappiamo ben poco di Giona. L’unico altro riferimento a Giona è in 2 Re 14:25, dove leggiamo che Giona profetizzò che Israele avrebbe nuovamente espanso i suoi confini durante il regno di Geroboamo II (793-753 a.C. circa), un re che nonostante la grazia mostrata da Dio “fece quello che è male agli occhi del SIGNORE” (2 Re 14:24).

A quei tempi l’Assiria, la cui capitale era Ninive, stava già esercitando il suo dominio nel vicino Oriente, ma per un certo periodo il suo potere diminuì, permettendo a Israele di espandere i suoi confini quasi come ai tempi di Davide e Salomone.

La prosperità di Israele durante questo periodo era dovuta esclusivamente alla grazia di Dio e alla sua misericordia per il suo popolo. La grazia di Dio non servì tuttavia a risvegliare spiritualmente Israele. La pace esteriore e la ricchezza avevano al contrario portato a un ulteriore decadimento spirituale e morale.

Osservando il contesto storico possiamo dunque presumere che Dio inviò Giona a Ninive proprio per svergognare gli Israeliti di fronte al ravvedimento di una città pagana. Purtroppo tutto ciò non servì a risvegliare Israele e la conseguenza fu che Dio punì il suo popolo con la distruzione e la cattività proprio per mano dell’Assiria nel 722 a.C.

Dio mandò Giona a “Ninive, la gran città”. Ninive era tra le più grandi città del mondo antico, una vera metropoli costruita da Nimrod, uno dei pronipoti di Noè (Genesi 10:11). Ninive era conosciuta per la sua malvagità e perversione e l’Assiria era una delle nazioni più crudeli e violente dell’antichità.

L’Assiria era la nemesi storica di Israele ed è ben comprensibile che anche Giona odiasse e temesse quella nazione. La missione di Giona era senza precedenti. Nessun altro profeta era mai stato mandato fisicamente in una nazione straniera e nemica a predicare.

È come se Dio avesse ordinato a un rabbino di andare a predicare per le strade di Berlino durante la seconda guerra mondiale. O come se Dio decidesse di mandare uno di noi a predicare il Vangelo in Corea del Nord, in Afganistan o in Somalia, le tre nazioni con il più alto livello di persecuzione dei cristiani.

Prova ad immedesimarti in Giona. Non solo temeva di lasciarci la pelle a Ninive, ma si rifiutava pure di essere lo strumento che Dio avrebbe usato per mostrare misericordia a una città che non l’avrebbe meritata. Quante volte anche a noi le richieste di Dio possono sembrare senza senso? Quante volte ci sembra impossibile mettere in pratica tutto ciò che la Bibbia ci chiede?

Giona ci insegna però che non serve a nulla ribellarsi a Dio. Giona non fu scelto per le sue particolari abilità profetiche, ma perché Dio voleva dimostrare la sua sovranità. Quando Giona fuggì, Dio avrebbe anche potuto chiamare un altro profeta al posto suo. Ma siccome Giona stava mettendo in discussione la sovranità di Dio, Dio restò fermo sulla sua decisione.

Se pensi a ciò che hai letto ultimamente nella Parola di Dio, in che direzione vorrebbe Dio che tu andassi? Hai permesso alla Parola di Dio di parlare nella tua vita e di darti chiare indicazioni? Leggi la Parola Dio con un cuore aperto e permettendo al Signore di guidarti, di correggerti e di indicarti la strada? Oppure la metti in discussione come fece Giona?

Il pericolo di seguire un impulso interiore

Ma Giona si mise in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del SIGNORE. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis… (Giona 1:3a)

Il comando di Dio era chiaro, ma Giona scelse di disertare prendendo una nave diretta nella direzione opposta. Ninive si trovava sul fiume Tigri, oltre 800 km a nord-est di Israele, ma Giona andò a ovest. La sua destinazione era Tarsis, molto probabilmente una città situata sulla costa occidentale della Spagna a oltre 3000 km di distanza.

Giona fece l’esatto contrario di quello che Dio gli aveva detto di fare. Perché Giona rifiutò l’incarico? Più in là nel libro Giona stesso ci spiega il perché. Ma già ora possiamo immaginare che per Giona questa missione non avesse alcun senso. Giona non solo faceva fatica ad accettare l’incarico, ma era anche profondamente in disaccordo con Dio stesso.

Leggiamo che Giona “scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis”. È probabile che Giona sentisse chiaramente la spinta di andare a Tarsis. Quando trovò una nave che lo avrebbe portato via da quel posto è ben possibile che lo abbia interpretato come un chiaro segno che stesse facendo la cosa giusta.

Giona agì seguendo un impulso e finì con il convincersi di fare la cosa giusta. Vediamo quanto pericoloso può essere agire sulla base di un impulso o di un sentimento. Possiamo solo speculare sul perché Giona non volle fare ciò che Dio gli disse di fare, ma possiamo benissimo riflettere sul perché noi non facciamo ciò che Dio ci dice di fare.

Quante volte capita di sentire credenti affermare di aver fatto una determinata cosa perché “sentivano di dover fare così”. Quante volte è già capitato anche a te di agire seguendo un impulso o un sentimento, trovando così una scusa per non fare la volontà di Dio?

Un impulso può spingerci a fare qualcosa di molto coraggioso, ma essere comunque sbagliato: Giona fu molto coraggioso nell’intraprendere un così lungo e pericoloso viaggio via mare. Un impulso può portarci a fare qualcosa di molto impegnativo, ma sbagliato: a Giona è costato molto in denaro e comodità intraprendere questo lungo viaggio.

Un impulso può farci credere di essere liberi di fare semplicemente ciò che vogliamo, eppure essere sbagliato: Giona non era forse libero di andare a Tarsis? Un impulso può portare qualcuno a fare qualcosa che condannerebbe in altri: cosa direbbe Giona a un altro profeta che disobbedisce a Dio? Un impulso può spingerci a fare a Dio o agli altri ciò che non vorremmo mai fosse fatto a noi stessi.

Ha ragione il profeta Geremia ad affermare che “Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo?” (Geremia 17:9). È meglio seguire il consiglio che Gesù diede ai suoi discepoli dicendo: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me!” (Giovanni 14:1).

L’aspetto tragico è che Giona disubbidendo a Dio peccò.

Diffidare di Dio ci porta a peccare

E, pagato il prezzo del suo viaggio, si imbarcò per andare con loro a Tarsis… (Giona 1:3b)

Il racconto di Giona si legge come se tutto fosse stato così facile. Giona trovò senza problemi una nave, i soldi per il viaggio li aveva pure, fu tutto così provvidenziale. Come poteva quella essere una decisione sbagliata se tutto andava per il meglio?

Affidarsi ai propri impulsi è un modo di affrontare la vita molto pericoloso anche se ci sembra così naturale. Stiamo attenti a non elevare gli impulsi e i desideri del nostro cuore a una legge che ci sentiamo quasi costretti a seguire.

Se cerchi di trovare una scusa per non seguire la via che Dio ha preparato per te e per fare il male che intendi commettere, il diavolo e il tuo cuore ingannevole ti aiuteranno senza problemi a vedere la provvidenza divina in ciò che stai facendo.

Tuttavia, quando si fugge dal Signore, non si arriva mai là dove si voleva arrivare e si finirà sempre con il pagarne il prezzo. Quando invece si segue la via del Signore, non solo si arriva alla meta, ma il prezzo lo paga Lui!

Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? (Romani 8:32)

Giona invece giunse alla conclusione che siccome non poteva vedere alcuna buona ragione per il comando di Dio, non poteva essercene alcuna. Giona dubitò della bontà, della saggezza e della giustizia di Dio.

Quanto facilmente possiamo anche noi arrivare a pensare che gli insegnamenti e i comandamenti della Bibbia siano pieni di affermazioni che non hanno molto senso? Come può Dio volere che andiamo a Ninive? Come può Dio pretendere da noi qualcosa di così difficile?

Guardando alle nostre difficili circostanze possiamo facilmente giungere alla pericolosa conclusione che Dio non sappia cosa stia facendo! Quando questi pensieri salgono nella nostra mente, dobbiamo decidere: è Dio a sapere ciò che è meglio per me o sono io?

Purtroppo la nostra natura umana peccaminosa ci spinge sempre a pensare che è il nostro cuore a sapere ciò che è meglio per noi. Dubitiamo che Dio sia buono o che si impegni per la nostra felicità, e quindi se non possiamo vedere nessuna buona ragione per qualcosa che Dio dice o fa, supponiamo che non ce ne siano.

A quel punto il passo per arrivare a pensare che Dio non è degno della nostra fiducia è breve. Ogni volta che diffidiamo di Dio e della sua Parola, anche inconsciamente, finiamo sempre più a fondo nel peccato, nell’egoismo e nella ribellione contro la chiara parola di Dio.

Eppure la verità è che Dio ha in mente solo il meglio per noi! Sei convinto che Dio abbia in mente solo il meglio per te? Anche quando ti chiede di fare qualcosa che non ha apparentemente alcun senso?

I vari modi di fuggire da Dio

Lontano dalla presenza del SIGNORE. (Giona 1:3c)

Più volte leggiamo che Giona tentò di allontanarsi dalla presenza di Dio. Non credo che Giona si fosse illuso di poter veramente fuggire da Dio, ma che questa sia piuttosto un’espressione tecnica per descrivere il suo tentativo di disertare come profeta. Il suo pensiero era chiaro: se Giona fosse andato dalla parte opposta, Dio non avrebbe potuto usarlo.

Ma se per un momento ci fermiamo e guardiamo l’intero libro, Giona ci insegnerà che ci sono due diverse strategie per fuggire da Dio. Giona fuggì dapprima esteriormente da Dio, ma quando poi accettò di andare a Ninive e vide la misericordia di Dio, si allontanò interiormente dal cuore di Dio.

Paolo descrive queste due strategie per cercare di fuggire da Dio in Romani 1-2. Dapprima Paolo descrive coloro che “non si sono curati di conoscere Dio” e che Dio ha abbandonato “in balìa della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente” (Romani 1:29).

Nel capitolo 2, invece, parla di chi cerca di seguire la Bibbia, dicendo: “Ti riposi sulla legge, ti vanti in Dio, conosci la sua volontà, e sai distinguere ciò che è meglio, essendo istruito dalla legge” (Romani 2:17-18).

Poi, dopo aver esaminato entrambi i gruppi, i pagani immorali e i Giudei che vivono moralmente nel rispetto della Parola di Dio, Paolo giunge alla notevole conclusione che “Non c’è nessun giusto, neppure uno… Tutti si sono sviati…” (Romans 3:10-12).

Il primo gruppo ignora deliberatamente la volontà di Dio, mentre l’altro cerca diligentemente di seguire la legge. Eppure Paolo dice che entrambi si sono “sviati! Sono entrambi, in modi diversi, in fuga da Dio.

Tutti sappiamo che possiamo fuggire da Dio diventando immorali e irreligiosi. Ma Paolo sta dicendo che è anche possibile evitare Dio diventando molto religiosi e rispettosi della morale. Il classico esempio è il fratello maggiore della parabola del figlio prodigo in Luca 15. Ma anche Giona ce lo mostra chiaramente.

Giona, non riuscendo a dare un senso alle parole di Dio, tentò dapprima di fuggire a Tarsis, per poi pentirsi. Quando poi andò a Ninive obbedendo a Dio, Giona si arrabbiò con Dio per la sua misericordia nei confronti dei niniviti.

Il problema di Giona, che è anche il nostro, è che non riuscì a fidarsi al 100% della promessa di Dio di operare unicamente per il suo bene. Se non siamo profondamente convinti dell’amore incondizionato di Dio per noi e che tutto ciò che fa e ci chiede è per il nostro bene, allora l’apparenza di moralità e rettitudine può crollare da un momento all’altro. L’allontanamento interiore da Dio si trasforma poi facilmente in un evidente rifiuto esteriore.

Giona si è trovato ad affrontare il mistero della misericordia di Dio. È un problema teologico, ma è allo stesso tempo un problema di cuore. Se Giona non riesce a vedere il proprio peccato e a riconoscere che anche tutta la sua stessa vita dipende interamente nella misericordia di Dio, non potrà mai capire come Dio possa essere misericordioso con le persone malvagie ed essere comunque giusto e fedele.

Giona corre e corre. Ma anche se prova in vari modi di fuggire da Dio, il Signore è sempre un passo avanti. Da Giona possiamo imparare che Dio ci mostra continuamente la sua misericordia in modi nuovi, anche se non la capiamo e non la meritiamo.

La misericordia di Dio ci porta sempre alla croce, a confessare la nostra debolezza, a seguire Gesù per diventare gli uomini e le donne che Dio vuole che siamo. Il messaggio non è: “Fai meglio di Giona. Impegnati di più. Sii un eroe”. È invece: “Guardati allo specchio. Riconosci che anche nella tua vita c’è del caos. Considera che potresti essere amato da Dio. Lascia che la sua grazia ti trasformi”.

Non scappare dal Signore del cielo e della terra. Corri invece da Lui, da tuo Padre!

Amen

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