Sara Marinelli

Psicologa

Dio ci ha creati per vivere emozioni, viverle non è un peccato o una condizione sbagliata, anzi. Le emozioni sono una componente della nostra vita fondamentale e viverle è una benedizione, ci offre empatia per gli altri e sensibilità nei cambiamenti e nei pericoli. Quando però riconosciamo che le emozioni diventano invadenti e fanno più rumore della voce dello Spirito Santo trascinandoci in ogni diversa direzione dobbiamo renderci conto che stanno avendo un ruolo sbagliato nella nostra vita.

Ci sono diverse emozioni che gli antropologi hanno studiato come esistenti in tutto il mondo, in ogni tipo di cultura, in tutte le epoche: sono predominanti e resistono.

Le viviamo tutti e sono in grado di generare veri e propri stati perenni.
Sto parlando, in particolar modo, della tristezza, il dolore.

E questo tipo di sentimenti proviene da eventi traumatici, perdite, cambiamenti che ci espongono e ci costringono a dover ELABORARE UN LUTTO.

Definizione

Lutto è qualsiasi esperienza in cui la persona sperimenta un distacco doloroso e definitivo da qualcuno o da qualcosa di importante. Il dramma della perdita e della separazione da una persona cara è una delle emozioni più forti che siamo chiamati a vivere. È un cambiamento della nostra vita che comporta un distacco, un prima ed un dopo che ci fanno sperimentare l’abbandono, la solitudine, la paura, il senso di colpa e la nostra vulnerabilità. Tutte le perdite, tutte le separazioni provocano un necessario cambiamento in chi resta. Che si sia trattato di un evento a cui eravamo preparati, o che l’evento sia stato improvviso, le reazioni di chi vive un lutto e/o una separazione costituiscono un percorso doloroso, caratterizzato da alcune fasi specifiche. Ogni qualvolta si realizza la perdita di un oggetto al quale siamo affezionati ci troviamo in una situazione di elaborazione del lutto.

Esempi:

Morte di una persona cara, rottura di una coppia o cambiamenti nel ciclo di vita della coppia, cambiamento di lavoro, esperienze legate al ciclo vitale: tutti i passaggi critici dell’individuo innescano una perdita importante legata alla fase che sta per chiudersi. Se pensiamo alle fasi fondamentali della vita, quali infanzia, adolescenza, età adulta, età matura, vecchiaia, possiamo notare quanto siano difficili i passaggi da uno stadio ad un altro.

Difficili per chi li vive e per chi è intorno (es. nella vita un bimbo e dei suoi genitori, la fase dell’allattamento, e la fine dell’allattamento, lo svezzamento, l’inserimento, lo spannolinamento…
“tutte le cose che finiscono con mento”. Genera tensione e la perdita della sicurezza di uno status per abbracciarne un altro.

Così molte persone non si staccano mai dall’infanzia, nonostante passino gli anni e la vita chieda loro altre modalità di comportamento e relazione, altri ancora alla adolescenza, altri ancora al potere della fase adulta, e altri a quella della fase matura.

Anche il fallimento lavorativo, al cambiamento di città o casa. Esperienze incidentali e traumatiche.
Anche il capriccio di un bambino è elaborare lutto.

Peccato e il perdono sono a loro volta fasi diverse dell’elaborazione di un lutto, come di una separazione da Dio e un ripristino di intimità.

Quindi, possiamo subito capire come:

  • Dio ci abbia costituiti per provare dolore, tristezza (ha messo Lui queste emozioni in noi);
  • alcune volte abbiamo bisogno di dare attenzione alle nostre emozioni, non per esserne soffocati, ma per farle evolvere in qualcosa di buono;
  • la tristezza, il dolore se elaborato può far nascere un canto di gioia nuovo dalla nostra vita;

Allora la vergine si rallegrerà nella danza e i giovani insieme ai vecchi, perché muterò il loro lutto in gioia, li consolerò e li rallegrerò dopo il loro dolore. (Geremia 31:13)

Quando possiamo dire che stiamo vivendo con un lutto non elaborato? Vediamo alcuni sintomi:

A livello fisico:

  • insonnia
  • perdita dell’appetito
  • mal di testa
  • nausea
  • utilizzo di medicinali eccessivo
  • situazioni di abuso (es. alcool, sigarette, etc.)

A livello psicologico si possono avere:

  • crisi improvvise di pianto
  • senso di affaticamento mentale, confusione
  • rancore
  • sensi di colpa
  • depressione
  • apatia

A livello spirituale:

  • lamentela
  • rabbia
  • divisione
  • separazione e isolamento da Dio
  • peccato
  • difficoltà a perdonare

Molto spesso viviamo uno di questi problemi, ma non riusciamo ad identificarli come provenienti da qualcosa di più profondo. Ed è in questi momenti che, quando siamo in grado di vedere solo la punta dell’iceberg, che dobbiamo chiedere rivelazione al nostro Dio che ci conosce meglio di quanto possiamo conoscerci noi stessi.

Andare all’origine dei nostri dolori, dei nostri lutti non elaborati, potrebbe offrirci una maggiore consapevolezza emotiva, cioè una maggiore capacità di conoscere noi stessi ed essere in grado di
controllarci, per evitare baratri.

E non solo dobbiamo imparare a riconoscere le nostre emozioni, ma anche a dargli un nome – ALESSITIMIA (mancanza di saper dare un nome alle nostre emozioni… della serie: “Come stai?” risposta “non lo so”.

La Bibbia ci offre numerosi spunti per riflettere sul lutto.

La sera ci accompagna il pianto; ma la mattina viene la gioia. (Salmo 30:5)

Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto. (Salmi 34:18)

La salvezza dei giusti proviene dal SIGNORE; egli è la loro difesa in tempo d’angoscia. (Salmi 37:39)

Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati. (Matteo 5:4)

Molti personaggi nella Bibbia hanno vissuto lutti di vario genere e lo hanno elaborato in modi diversi:

Es. Giuseppe per la perdita del padre Giacobbe (Genesi 50:1-6)

Allora Giuseppe si gettò sulla faccia di suo padre, pianse su di lui e lo baciò. Poi Giuseppe ordinò ai medici che erano al suo servizio di imbalsamare suo padre; e i medici imbalsamarono Israele. Ci vollero quaranta giorni; perché tanto è il tempo che si impiega a imbalsamare. E gli Egiziani lo piansero settanta giorni. Quando i giorni del lutto fatto per lui furono passati, Giuseppe parlò alla casa del faraone, dicendo: «Se ora ho trovato grazia ai vostri occhi, fate giungere agli orecchi del faraone queste parole: “Mio padre mi ha fatto giurare e mi ha detto: ‘Ecco, io muoio; seppelliscimi nel mio sepolcro, che mi sono scavato nel paese di Canaan’. Ora dunque, permetti che io salga e seppellisca mio padre; poi tornerò”». Il faraone rispose: «Sali e seppellisci tuo padre come ti ha fatto giurare».

Es. Neemia quando seppe le notizie delle mura di Gerusalemme (Neemia 1:4)

Quando udii queste parole, mi misi seduto, piansi, e per molti giorni fui in grande tristezza. Digiunai e pregai davanti al Dio del cielo.

Es. La moglie di Lot, una donna che non riesce ad elaborare il lutto del lasciare Sodoma e rimane bloccata nel passato (Genesi 19:26)

Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale.

Es. Giobbe IL LUTTO PROVVEDE AD UN NUOVO MODO DI CONOSCERE DIO (Giobbe 42:1-5)

Allora Giobbe rispose all’Eterno e disse: «Riconosco che puoi tutto, e che nessun tuo disegno può essere impedito.  Chi è colui che offusca il tuo consiglio senza intendimento? Per questo ho detto cose che non comprendevo, cose troppo alte per me che non conoscevo. 4 Deh, ascolta, e io parlerò; io ti interrogherò e tu mi risponderai. 5 Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora il mio occhio ti vede.

Es. Gesù che SIMPATIZZA ANCHE CON QUESTO NOSTRO DOLORE (Giovanni 11:35)

Gesù pianse.

L’ unica volta in cui la Bibbia esplicita il pianto di Gesù è stato per un lutto.

DIAMOCI IL TEMPO PER ELABORARE LE EMOZIONI.

La nostra società ci bombarda di emozioni, ma contemporaneamente non prevede (perché non siamo abituati) un tempo per elaborare.
Possiamo passare una chat in cui si sta vivendo una situazione difficile, a una ridicola.
O stessa cosa con immagini o notizie…
E questo non ci offre l’opportunità di elaborarle bene.

Il processo di elaborazione del lutto (così come sono state descritte da Kübler-Ross nel 1970):

Fase 1: Negazione

In questa prima fase, che in genere segue immediatamente la scomparsa o l’abbandono del proprio caro, o in un trauma, la persona non è in grado di elaborarne la perdita.
L’esclamazione che accomuna chi si trova in fase di negazione è: “Non può essere successo, non è vero, non ci credo”. C’è shock e stordimento. In questo primo stadio, quindi, è negata la perdita.

Fase 2: Patteggiamento\Negoziazione

Chi è in stadio di patteggiamento spera nel ritorno del proprio caro o che non non si accaduta quella perdita, e farebbe di tutto perché ciò accadesse. È tipico che la persona faccia promesse a se stessa e a chi se n’è andato. Tutto ciò, per poter continuare a sperare che la perdita sia annullata. Essendo ancora impossibile accettare quel trauma o quella perdita, si pensa che l’unico modo di risolvere il dolore sia riavere indietro la persona persa o tornare alla situazione precedente, prima del cambiamento. (provare ogni tentativo di tornare insieme, rimettere in piedi i pezzi…).

Fase 3: Rabbia

Questa fase insorge, normalmente, dopo che ogni tentativo di patteggiamento si è dimostrato inutile.
Non si ha più modo di evitare di guardare in faccia la realtà della perdita e si è arrabbiati perché tutti gli sforzi di ricongiunzione non hanno prodotto risultati. La rabbia può essere espressa contro sé e contro gli altri, contro la persona scomparsa (colpevole di essersene andata) o contro Dio.
Non è male essere arrabbiati, ma rimanere nella rabbia è velenoso.

Fase 4: Depressione

Le persone in stadio di depressione sono solo tristi, per la loro solitudine, per l’abbandono, per la perdita.
Questo stadio, che potrebbe sembrare il peggiore, è in realtà la via d’uscita dal lutto. Se la persona compie i passi giusti, dopo un periodo di tristezza, di sconforto e di apatia, potrà terminare il percorso di elaborazione della perdita, accettandola.
Non è male essere tristi e depressi, ma rimanere nella depressione genera morte.

Stadio 5: Accettazione

In questo stadio la persona comincia poco alla volta a riorganizzare la propria vita, a riprenderla in mano. Lo fa considerando il dolore della perdita per quello che è, senza cercare di negarlo o di evitarlo, ma senza perdere mai troppo di vista il fatto che è viva e che può ancora gioire di tante cose.

Allora Davide si alzò da terra, si lavò, si unse e si cambiò le vesti; poi andò nella casa del SIGNORE e vi si prostrò; tornato a casa sua, chiese che gli portassero da mangiare e mangiò. I suoi servitori gli dissero: «Che cosa fai? Quando il bambino era ancora vivo digiunavi e piangevi; ora che è morto, ti alzi e mangi!» Egli rispose: «Quando il bambino era ancora vivo, digiunavo e piangevo, perché dicevo: Chissà che il SIGNORE non abbia pietà di me e il bambino non resti in vita? Ma ora che è morto, perché dovrei digiunare? Posso forse farlo ritornare? Io andrò da lui, ma egli non ritornerà da me!» (2 samuele 12: 20-23)

Conclusione

  • Non disdegnare il processo – concediti il giusto tempo;
  • Smetti di combattere con Dio, Lui è dalla tua parte;
  • Sii portatore di vita – influenza con il bene, cosa esce dalla tua bocca, cosa lasci nelle persone che ti circondano, per cosa ti ricorderanno, fatti usare da Dio per parlare cose buone;
  • Sii resiliente – Dio è con te in ogni fase e circostanza, in ogni cambiamento;
  • Vivi nella gioia – non quella che appartiene alle cose, o alle fasi che affronti;

Tutte le fonti della mia gioia sono in te (salmo 87:7)

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