Pasqua e la ricerca di pace

7 Aprile 2023

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

 

Le pagine dei Vangeli dedicate agli eventi che circondano la condanna e la crocifissione di Gesù sono molto dettagliate. Ci mostrano molto bene come nell’arco di pochi giorni l’amore e la gioia della folla per Gesù, che lo acclamava e adorava come re, si tramutarono in puro odio. Eppure, proprio le ultime ore di vita di Gesù ci mostrano tutto il suo amore. Per questo, oggi ci prenderemo del tempo per diverse letture dalla Bibbia, per permetterci di riscoprire quanto amore c’è in tutta questa brutalità.

L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno. (1 Corinzi 13:4-8a)

Questo brano dedicato all’amore non è forse più adatto a un matrimonio che a un culto del Venerdì Santo? Le ore della cattura, della condanna e della crocifissione di Gesù sono segnate dall’ingiustizia, dalla brutalità e dall’odio, più che dall’amore.

Riassumiamo gli eventi:

Gesù era seduto con i suoi amici consumando un’ultima cena in compagnia. Per l’ennesima volta annunciò la sua morte. E ancora una volta i suoi discepoli la respinsero. Ma poi, all’improvviso, accadde tutto molto rapidamente. Poche ore dopo, nell’giardino del Getsemani, Gesù fu arrestato e gli eventi si susseguirono rapidamente.

Un primo interrogatorio, la sera stessa, presso il sinedrio. L’accusa è di blasfemia. Gesù rimane in silenzio. Lo provocano. Lui rimane calmo. Lo giudicano colpevole: “come può affermare di essere il Figlio di Dio? È presuntuoso! È oltraggioso!”. Lo picchiano. Gesù subisce in silenzio.

Il mattino dopo, un secondo interrogatorio, questa volta da Ponzio Pilato, Il governatore romano. Solo lui può emettere la sentenza di morte. Questa è anche l’irremovibile richiesta del sinedrio. Pilato la vede diversamente, gli mancano le prove. La folla si scatena. Vogliono vedere sangue. E Gesù? Resta calmo. Pilato lo ritiene innocente, ma la folla assetata di sangue grida senza pietà: “Crocifiggilo!”. Pilato emette la sentenza: morte per crocifissione. 

Puro amore – Gesù si prende cura dei suoi nemici

E, spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto; intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra e, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano, dicendo: «Salve, re dei Giudei!» E gli sputavano addosso, prendevano la canna e gli percotevano il capo. (Matteo 27:28-30)

Ciò che vediamo qui non è che puro odio, pura ingiustizia, pura brutalità e pura umiliazione! Eppure, Gesù sorprende tutti scegliendo di prendersi cura anche dei suoi nemici.

Quando furono giunti al luogo detto «il Teschio», vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Poi divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Il popolo stava a guardare. E anche i magistrati si beffavano di lui, dicendo: «Ha salvato altri, salvi sé stesso, se è il Cristo, l’Eletto di Dio!» Pure i soldati lo schernivano, accostandosi, presentandogli dell’aceto e dicendo: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!» (Luca 23:33-37)

Per i soldati romani una crocifissione non era nulla di speciale, era il loro lavoro. Ma leggendo come trattarono Gesù – anche se probabilmente trattavano allo stesso modo tutti i criminali condannati a morte – vediamo che non si rendevano per nulla conto di avere a che fare con il Figlio di Dio. È vero che, tirando a sorte i suoi vestiti, non fecero che adempiere una profezia del Salmo 22, ma il tutto appare ai nostri occhi piuttosto macabro e irrispettoso.

Anche i magistrati che passarono di là non trovano di meglio da fare che beffarsi di Gesù: “Ha salvato altri, salvi sé stesso, se è il Cristo, l’Eletto di Dio!” (Luca 23:35). Come se tutto il dolore fisico non fosse abbastanza. Al danno si aggiunse anche la beffa.

Ma la cosa più sorprendente è, ancora una volta, ciò che disse Gesù. “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Per la forza dello Spirito Santo in Lui Gesù riuscì a vedere oltre le apparenze. Guardandoli come ridevano e si prendevano gioco di Lui, Gesù non vide una folla alla ricerca di sensazione, non vide l’odio nei loro volti, bensì impotenza e confusione. Vide persone che non sapevano quello che stavano facendo.

E qui mi chiedo: quante volte Gesù pensa la stessa cosa di noi? Quante volte ci guarda, pieno di amore e compassione, mentre noi, con il nostro comportamento ci prendiamo gioco di ciò che Lui ha fatto per noi, dicendo: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno?

Quale, se non quello, sarebbe stato un momento migliore per esercitare vendetta? Perché non ha fatto scendere fuoco dal cielo sui suoi aguzzini? Perché non ha mandato almeno uno dei suoi discepoli a vendicarlo? O avrebbe almeno potuto difendersi da tutta questa ingiustizia. Sarebbe una reazione normale, no?

Il punto è che, anche se proclamiamo di desiderare la pace, in realtà è nella nostra natura umana cercare la vendetta, secondo il motto “occhio per occhio, dente per dente. Gesù, tuttavia, è un modello di come si può perdonare invece di ricercare vendetta e si adopera per la pace anche nella sua ora più buia. Nelle ore peggiori della sua vita, Gesù ci mostra come mettere in pratica quell’amore per i nemici di cui ha più volte predicato ai suoi discepoli:

Voi avete udito che fu detto: “Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano! (Matteo 5:43-44)

Benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano. (Luca 6:28)

È esattamente ciò che Gesù ha fatto mentre stava morendo in croce: chiese perdono al Padre a nome dei suoi aguzzini, cercando addirittura di scusare il loro comportamento: “Perché non sanno quello che fanno. Gesù non cercò vendetta, ma ancora prima di morire scelse di intercedere per la pace tra Dio Padre e i suoi nemici.

Ed è anche ciò che fa ogni giorno per noi, come afferma Paolo nella lettera ai Romani:

Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. (Romani 8:33-34)

Prima di continuare, prendiamoci un momento di silenzio, per ammirare con stupore questo amore per noi inconcepibile e totale.

Gesù si prende cura dei suoi cari, creando una pace soprannaturale

Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena. Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio!» Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!» E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua. (Giovanni 19:26-27)

La prossima cosa che Gesù fece prima di morire fu prendersi cura dei suoi cari. Mentre soffriva, prossimo alla morte, vide sua madre, Maria, in piedi presso la croce. Ha percepito la sua sofferenza e la sua presenza. Ha visto come il suo cuore di madre era spezzato vedendo il suo amato figlio condannato a morte come un criminale.

E nonostante l’angoscia che stava attraversando, Gesù vide il suo bisogno. Accanto a lei c’era Giovanni, l’unico dei suoi discepoli che non era e così Gesù, indifeso e nudo, gli chiese di prendersi cura di sua madre. Nel bel mezzo di una tempesta di emozioni, nella quale Gesù si sarebbe presto chiesto “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, Gesù ha trasmesso a sua madre la sua pace, una pace che supera ogni intelligenza.

Non è forse una consolazione speciale anche per noi, soprattutto oggi, sapere che Gesù vede in ogni momento anche il nostro bisogno e può darci la sua pace soprannaturale anche nel mezzo della peggiore tempesta della nostra vita? Così come Gesù, mentre stava morendo, si è preso cura di sua madre, desidera ora prendersi cura di noi, perché come Lui stesso disse: “chiunque avrà fatto la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello e sorella e madre” (Matteo 12:48).  

Pace in paradiso – Gesù si prende cura di un criminale

Uno dei malfattori appesi lo insultava, dicendo: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!» Ma l’altro lo rimproverava, dicendo: «Non hai nemmeno timor di Dio, tu che ti trovi nel medesimo supplizio? Per noi è giusto, perché riceviamo la pena che ci meritiamo per le nostre azioni; ma questi non ha fatto nulla di male». E diceva: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!» Gesù gli disse: «Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso». (Luca 23:39-43)

Non sappiamo cosa avesse fatto quel malfattore, ma era evidentemente ben consapevole di meritarsi la condanna a morte. E gli era anche chiaro che l’uomo appeso accanto a lui non fosse un criminale. Aveva sentito dire che, secondo alcuni, quello appeso accanto a lui era il Figlio di Dio. Quell’uomo sapeva: “Non ho più nulla da perdere. Ho sbagliato tutto. Tutti sanno che sono un peccatore. Merito non solo la pena di morte, ma anche l’inferno. Ma se quest’uomo accanto a me è davvero il Figlio di Dio, allora c’è una piccola speranza. È la mia unica speranza di trovare pace per la mia anima distrutta”.

E così rivolge a Gesù una frase molto semplice: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Non vediamo una piena ammissione della sua colpa. Nessuna lunga confessione. Solo una frase breve e semplice. Ma sappiamo che Dio vede il cuore delle persone. E Gesù percepisce la genuinità della sua richiesta. Ed è proprio questo tipo di autenticità, che Gesù aveva richiesto più volte, in contrasto con le belle parole dei religiosi ben istruiti del suo tempo.

E per quanto semplice fosse la richiesta di questo peccatore, ancora più incredibile fu la risposta di Gesù: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso”. Che promessa! Ti porto con me. Tu appartieni a me. Appartieni al luogo in cui vado io. Al luogo dove non ci sono lacrime né dolore. E affinché questo avvenga anche oggi, non serve altro che un cuore che si pente e una persona che ripone la sua speranza nel Figlio di Dio.

Sei consapevole della grandezza dell’amore che Dio ha dimostrato anche per te? “Che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:8)?

E così, per la terza volta, restiamo a bocca aperta osservando ciò che è accaduto alla croce. Abbiamo visto come Gesù ha amato il suo prossimo nonostante il suo dolore, sia nel bene che nel male, sia nell’odio che nel lutto. Lo stesso amore con il quale ama anche noi oggi.

L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno. (1 Corinzi 13:4-8a)

Amen

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