Trovare conforto in Gesù

21 Agosto 2022

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Ti è mai capitato di andare a un funerale e di non sapere cosa dire ai famigliari del defunto? Forse inizi con “Le mie più sentite condoglianze”, ma poi? Silenzio, imbarazzo… Nella storia che vedremo oggi in Luca 7, leggeremo di come Gesù ha reagito quando si è imbattuto, insieme ai suoi discepoli, in corteo funebre.

La storia di questo incontro speciale con Gesù vuole incoraggiarci anche nel mezzo delle nostre difficoltà o tragedie a trovare conforto in Gesù. O meglio ancora, a riconoscere come Gesù desidera confortarci anche se a noi non viene neanche in mente di chiederglielo. Quello che accadde durante questo incontro speciale con Gesù ci mostra che nulla, nemmeno la morte, è fuori dal controllo di Gesù.

Gesù comprende ogni situazione

Poco dopo egli si avviò verso una città chiamata Nain, e i suoi discepoli e una gran folla andavano con lui. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e molta gente della città era con lei. (Luca 7:11-12)

Prima di questo incontro Gesù si trovava nella di Capernaum, sulle rive del Mar di Galilea, dove aveva guarito il servo di un centurione. Il giorno successivo si recò nella città di Nain, a circa 30 km a sud. Nain si trova a sud del monte Tabor, vicino a un’altra città chiamata Sunem (perché questo dettaglio è importante lo vedremo dopo). Non c’erano però solo Gesù e i suoi discepoli più stretti. Una grande folla stava letteralmente seguendo Gesù da un villaggio all’altro con la speranza di assistere ancora ad altri miracoli.

Quando Gesù e la folla che lo seguiva arrivarono alle porte di Nain, si trovarono di fronte un corteo funebre. Quel gruppo, tuttavia, non era gioioso e pieno di aspettative. Era l’esatto opposto. Quelle persone piangevano ed erano in lutto. Non stavano seguendo un maestro che li istruiva e che li entusiasmava, al contrario, stavano seguendo un uomo morto.

Stavano portando “alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova”. Questa frase è piena di dolore. Quella donna era vedova, aveva dunque già perso il marito e sperimentato gran dolore. E ora aveva perso anche il figlio, il suo unico figlio. La situazione di quella donna era tragica, non aveva nessuno che si prendesse cura di lei. Come donna sola in quell’epoca non le restava che chiedere l’elemosina.

Ma probabilmente non era questa la sua preoccupazione immediata. La sua preoccupazione immediata era quella di aver perso ancora una volta qualcuno che amava profondamente. È vero, non aveva più chi provvedesse per lei, ma peggio ancora, ora era sola. Completamente sola. Nessuno con cui condividere il suo dolore. Certo, c’era molta gente della città con lei, alcuni erano probabilmente anche amici, ma con chi avrebbe condiviso la vita a lungo termine? Chi l’avrebbe veramente capita e aiutata?

E poi, oltre al danno anche la beffa. Uscendo dalla città per andare a seppellire il figlio, ecco che si trova di fronte a una folla gioiosa, esuberante, eccitata, che segue un uomo molto vivo. Anche Gesù probabilmente sorrideva e condivideva la gioia della folla. Deve essere stato un incontro molto imbarazzante per tutti quanti. Soprattutto per i discepoli.

Mi immagino le persone che seguivano Gesù, che a un certo punto si resero conto come la loro gioia ed eccitazione fosse fuori luogo. Probabilmente cercarono di cambiare atteggiamento, ma è difficile passare dall’euforia più totale a un vero sentimento di compassione. Le loro facce mostravano forse anche dispiacere per la vedova, ma non erano veramente addolorati perché non la conoscevano. Nessuno sapeva come comportarsi o cosa dire.

Nessuno tranne uno. L’uomo al centro del gruppo, quello che evidentemente era un maestro che gli altri seguivano. Mi immagino come nei suoi occhi, fino a pochi istanti prima sorridenti, c’erano poi dolore e compassione. Gesù aveva compreso la situazione. Mentre il resto della folla evitava, piena di imbarazzo, di incrociare lo sguardo della donna, Lui decise di confortarla.

Gesù comprende meglio di chiunque altro ogni situazione della nostra vita. Anche quando noi stessi non capiamo ciò che ci sta succedendo o perché ci stiamo comportando in un certo modo o ci stiamo lasciando andare a certi pensieri, Lui ci viene incontro, ci capisce e vuole confortarci. Anche quando nessun altro ci capisce, Lui non ci lascia soli.

Gesù cambia la nostra tristezza in gioia

Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: «Non piangere!» (Luca 7:13)

Se c’è una cosa che non si dice a chi è in lutto, è “Non piangere”. Se andate a un funerale e dite ai familiari di non piangere, sarete come minimo considerati senza cuore e scortesi, anche se lo dite nel modo più compassionevole. Ma sappiamo che Gesù non è senza cuore. È tutt’altro che crudele o insensibile. Il testo dice che ebbe pietà di lei e che per questo le disse di non piangere. Evidentemente Gesù sentiva, conosceva e comprendeva il suo dolore. Sapeva cosa quella vedova stava passando meglio di chiunque altro ed era lì per aiutarla. Dicendole di non piangere, le stava dicendo di fidarsi di Lui.

Gesù sapeva cosa stava facendo. Aveva il controllo. Voleva confortarla. Anche oggi Dio ci viene incontro nelle storie e negli episodi tristi della vostra vita, e vuole che la nostra lode superi la nostra tristezza. Dio desidera incontrarci nella nostra tristezza e ci chiede di non piangere più per ciò che pensiamo sia finito nella nostra vita.

E, avvicinatosi, toccò la bara; i portatori si fermarono… (Luca 7:14a)

Se Luca 7:13 era sorprendente, Luca 7:14 lo è ancora di più. Se Gesù non li avesse già scioccati abbastanza dicendo alla vedova di non piangere, toccando la bara scandalizzò sicuramente tutti i presenti. Una bara era un oggetto impuro e nessun rabbi o capo religioso l’avrebbe mai toccata. Ma Gesù non si fece tutti questi problemi. Quella bara rappresentava un limite insormontabile per la vedova. Il corpo di suo figlio era rinchiuso là dentro e lei non lo avrebbe mai più rivisto. Ma Gesù le ridiede il figlio e la gioia!

Questa bara è per me un simbolo dei problemi, delle sfide e di tutti gli ostacoli che anche noi possiamo avere nella nostra vita. Sfide, problemi e ostacoli ai quali ci siamo rassegnati. Quando pensiamo: “Non supererò mai questa difficoltà, non riuscirò mai a sconfiggere questo peccato, questa sfida è troppo grande per me… Sono destinato a lottare da solo, nessuno mi aiuta, posso seppellire i miei sogni che non si realizzeranno mai”.

Ma quando Gesù tocca la “bara” con tutte le nostre sfide, i problemi e ostacoli, egli vuole ridarti la gioia e aiutarti a sconfiggere tutte quelle menzogne che il nemico ha messo nella tua vita. Gesù vuole trasformare la tua tristezza in gioia, la tua rassegnazione in lode. Non permettere al nemico di convincerti del contrario.

Vi siete accorti che la donna non ha detto una sola parola? Non ha chiesto nulla. Non ha chiesto un miracolo. Non si è gettata ai piedi del Salvatore e non lo ha implorato di ridare la vita a suo figlio. Non ha dimostrato di avere una fede grande come il centurione a Capernaum. In realtà non ha dimostrato di avere alcuna fede. Per quanto ne sappiamo, non sapeva nemmeno chi fosse Gesù. Per questo ciò che Gesù disse di seguito è così stupefacente.

… ed egli disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!» (Luca 7:14b)

A questo punto la folla deve averlo definitivamente ritenuto pazzo. Prima aveva detto a una donna addolorata, in lutto e senza speranza di non piangere. Poi si era contaminato toccando la bara. E, infine, ha addirittura parlato con un morto ordinandogli di alzarsi! Ma poi accadde qualcosa che fece strabuzzare gli occhi e spalancare le mascelle a tutti i presenti.

Il morto si alzò e si mise seduto, e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre. (Luca 7:15)

Se prima la donna piangeva dal dolore, ora sicuramente stava piangendo dalla gioia. Aveva riavuto suo figlio! Questo è il conforto che Gesù le diede e senza che lei lo avesse richiesto o cercato. Gesù arrivò proprio quando lei ne aveva bisogno.

Forse anche tu in questo momento ti senti solo e indifeso, proprio come la vedova di Nain. O ti trovi in una situazione nella quale avresti bisogno di sostegno o conforto, ma non c’è nessuno che te lo possa dare. Ma questo miracolo ci insegna che Gesù è sempre pieno di compassione e desidera confortarci, anche senza che noi glielo chiediamo. Ne eri consapevole?

Nella Bibbia troviamo molte esortazioni a non preoccuparci nelle avversità o a non essere in ansia di fronte ai problemi, perché è Dio a prendersi cura di noi. Ma la ragione principale del perché non dobbiamo permettere alle preoccupazioni di prendere il sopravvento è che Gesù ci ha mandato lo Spirito Santo affinché sia sempre con noi.

Durante l’ultima cena Gesù annunciò ai suoi discepoli che presto sarebbe morto e che questo avrebbe causato in loro una grande tristezza, ma promise anche che avrebbe dato loro un altro Consolatore, lo Spirito Santo (Giovanni 14:20). Proprio per questo, verso la fine del suo lungo discorso, Gesù poté dire loro:

In verità, in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio, e il mondo si rallegrerà. Sarete rattristati, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia. (Giovanni 16:20)

I discepoli avrebbero assistito con orrore all’arresto e alla morte del loro Maestro, per poi però vederlo risorgere gloriosamente. E la loro gioia sarebbe stata permanente anche dopo il suo ritorno al Padre, grazie allo Spirito Santo che Dio avrebbe mandato loro. Come Gesù ha trasformato la tristezza dei discepoli e della vedova di Nain in gioia, vuole fare la stessa cosa anche per noi tramite lo Spirito Santo che è stato sparso nei nostri cuori.

E il più delle volte lo fa senza che noi lo chiediamo. Sono così grato che Dio operi sempre e continuamente nella mia vita, dietro le quinte, senza che io glielo debba chiedere. Quindi non dire: “Gesù non capisce il mio dolore”. Gesù è un “uomo di dolore, familiare con la sofferenza” (Isaia 53:3). È colui che dà conforto a coloro che piangono.

Alcuni ricevono subito conforto. Per altri, il conforto arriva più lentamente. Ma quando permettiamo allo Spirito Santo di fare il suo lavoro, quando gli si permette di consolare coloro che piangono, di trasformare il dolore in gioia, ne seguono delle sorprendenti conseguenze.

Le conseguenze: Dio è glorificato

Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra di noi»; e: «Dio ha visitato il suo popolo». E questo dire intorno a Gesù si divulgò per tutta la Giudea e per tutto il paese intorno. (Luca 7:16-17)

La prima reazione al miracolo di Gesù fu che tutti furono presi da timore. Quando Dio opera in modo così potente nella vita delle persone, il timore di Dio è uno dei risultati, perché ricorda alle persone che c’è un Dio, che è potente e che ancora oggi compie opere meravigliose.

Quando Dio trasforma una tragedia in qualcosa di positivo la gente se ne accorge. Quando Dio trasforma in gioia ciò che normalmente causerebbe lutto, le persone si rendono conto della sua grandezza. Riconoscono che Dio è potente e che è giusto temerlo. Ma la gente non si fermò al timore di Dio.

La seconda reazione fu che glorificarono Dio. Era stato fatto un grande miracolo, che solo Dio poteva aver compiuto. Nel dare gloria a Dio, nel versetto 16 ci sono due diverse conclusioni che la gente trae riguardo a Gesù. Alcuni dissero che era un grande profeta, altri che era Dio. Come mai giunsero proprio a queste due conclusioni? In parte era dovuto al miracolo stesso, ma in parte anche a dove questo miracolo avvenne.

Nain, come ho detto all’inizio, si trova molto vicino a un’altra città, la città di Sunem. Qualcuno di voi ricorda un evento avvenuto a Sunem nell’Antico Testamento? È il luogo in cui, circa 900 anni prima, il profeta Eliseo risuscitò il figlio di una Sunamita (2 Re 4:8-37).

Sunem era tenuta in grande considerazione per essere il luogo di uno dei più grandi miracoli compiuti da uno dei più grandi profeti dell’Antico Testamento. Eliseo era ritenuto un profeta più grande del suo predecessore, Elia. Anche Elia aveva risuscitato un ragazzo dalla morte, l’unico figlio di una vedova. In 1 Re 17, leggiamo che Elia dovette prostrarsi tre volte sul corpo del ragazzo per risuscitarlo (1Re 17:21).

Poi arrivò Eliseo, che aveva ricevuto una parte doppia dello Spirito che aveva Elia. Eliseo ripeté tutti i miracoli compiuti dal suo predecessore Elia, ma con maggiore potenza ed efficacia. Quando anche lui risuscitò un bambino, dovette prostrarsi solo due volte sul suo corpo (2 Re 4:34-37). Per questo motivo, fu considerato un profeta più grande di Elia.

Ma poi arrivò Gesù che, a pochi chilometri a nord della città di Sunem, non ebbe nemmeno bisogno di toccare il morto o di prostrarsi sul suo corpo. Le sole parole di Gesù “Ragazzo, dico a te, àlzati!” bastarono per far tornare in vita quel ragazzo. Se Eliseo era ritenuto un profeta più grande di Elia, allora, seguendo la logica, Gesù doveva essere un profeta ancora più grande di entrambi. La gente di Nain e di tutte le regioni circostanti se ne rese subito conto, ed è per questo che dissero: “Un grande profeta è sorto tra di noi”.

Ma alcuni andarono pure oltre, riconoscendo che Gesù doveva essere più che solo un grande profeta. Gesù non era solo un grande profeta. Era Dio venuto in carne e ossa. Questa è una delle più grandi verità che possiamo e dobbiamo riconoscere riguardo alla persona di Gesù.

Forse anche tu proprio in questo momento stai dubitando della reale presenza di Dio nella tua vita o del suo amore. Forse ti chiedi perché Gesù non ha ancora trasformato la tua tristezza in gioia. In questo caso voglio incoraggiarti con ciò che il Salmo 46 dice su Dio:

Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà. (Salmo 46:1)

Gli abitanti di Nain dissero: “Dio ha visitato il suo popolo”, perché pensavano che Dio si fosse finalmente ricordato di loro dopo 400 anni di silenzio. Ma Dio non si è mai dimenticato del suo popolo. Non lo fa mai. Era rimasto in silenzio, ma non era passivo. Stava preparando silenziosamente il mondo per il suo arrivo.

Allo stesso modo, se Dio sembra essere distante nella nostra vita, ricorda che in realtà desidera operare qualcosa di grande e glorioso nella tua vita attraverso Gesù e che è sempre attivo in te tramite lo Spirito Santo. Permetti a Gesù di dirti “non piangere”, perché solo Lui sa come confortarci. Solo Lui può farci risorgere dalle ceneri del dolore e portare la gioia nel nostro cuore turbato.

Lo stesso Gesù che ha risuscitato il figlio della vedova di Nain 2000 anni fa è vivo ed è qui in mezzo a noi proprio ora. Per questo vi invito ora a prepararvi per partecipare alla Santa Cena, per sperimentare la sua compassione, la sua rassicurazione, il suo potere e la sua autorità su ogni vostra situazione. Permettigli di venirti incontro e di toccare la bara che ti porti appresso, con qualunque cosa essa contenga.

Amen

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