Che cos’è mai questo che Dio ci ha fatto?

20 Ottobre 2024

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Giovanni Accadia

Giovanni Accadia

Anziano

Ti è mai capitato di avere un male in un punto del corpo e che poi il chiropratico o il medico ti ha controllato tutt’altra zona rispetto a quella del tuo male?

Tu immaginavi il punto in cui doveva intervenire, invece lui ha massaggiato un altro punto del corpo. E con tua meraviglia il male è andato via, sia dove ha toccato che dove avevi il dolore. Questo perché il medico è lo specialista e ha le conoscenze per capire che il vero male a volte ha origine altrove, rispetto a dove lo percepisci tu. Se vuoi guarire devi fidarti del medico anche se resterai sorpreso di come e dove sceglie di intervenire.

Questo è un semplice esempio che introduce il racconto di oggi da Genesi 42. Infatti i fratelli di Giuseppe sperimentarono qualcosa del genere: un tocco inaspettato di Dio per un male che si portavano appresso da decenni, ma ancora non lo capirono.

Da qui il appunto il titolo preso direttamente da una loro citazione: CHE COS’È MAI QUESTO CHE DIO CI HA FATTO?

Forse avete già intuito che nel capitolo di oggi parleremo piuttosto dei fratelli di Giuseppe che di lui. Brevemente il contesto.

Ci troviamo con due scenari: da una parte Giuseppe in Egitto nell’apice del suo splendore e ricchezze accumulate, dall’altra parte la sua famiglia in Canaan in preda allo sconforto ed alla miseria dovuta alla carestia che incombeva in tutto il mondo di allora.

Leggo l’ultimo versetto del capitolo precedente:

Genesi 41:57 “Da tutti i paesi venivano in Egitto, da Giuseppe, per comprare grano, perché la carestia era grave su tutta la terra.”

Questa descrizione è molto significativa perché dimostra come Giuseppe, pronipote di Abraamo, è un tassello cruciale per l’adempimento della promessa di Dio fatta ad Abramo in Genesi 12:3 “… in te saranno benedette tutte le famiglie della terra …”

L’Egitto in quei tempi di carestia fu chiamato il “granaio del mondo antico”, perché stava letteralmente salvando tutte le nazioni, e questo grazie a Giuseppe, progenie di Abraamo. Ovviamente più volte nella storia la progenie di Abraamo sarà cruciale per la benedizione delle nazioni. Cristo adempirà appieno questa promessa.

Giuseppe era consapevole che Dio era con lui; ha potuto vedere avverarsi straordinari sogni. Immagino come rifletteva sul piano di Dio e sulle Sue promesse date dal suo bis nonno Abraamo a suo padre.

Quante volte forse avrà pensato alla sua famiglia e a quei strani sogni che fece e che provocarono i suoi fratelli. Ma a questo punto della storia erano già passati 20 anni e forse ogni tanto si chiedeva: “Ma quando e come arriverà quel momento?”

Forse si era abituato a non pensarci più così tanto, ma di una cosa era convinto forse grazie alle sue esperienze: Dio avrebbe avverato quei sogni.  

In questo capitolo vedremo come Dio comincia ad adempiere i sogni fatti più di venti anni prima. Ora i tempi erano maturi; le persone coinvolte erano mature; i contesti geopolitici lo permettevano, ecc.. Tutto era perfettamente pronto per far partire la scena che il Regista ha preparato.

Entriamo nella scena con i primi 5 versetti.

Genesi 42: “1 Giacobbe seppe che c’era grano in Egitto; allora disse ai suoi figli: «Perché state a guardarvi l’un l’altro?» 2 Poi disse: «Ecco, ho sentito dire che c’è grano in Egitto; scendete là a comprarne, così vivremo e non moriremo».

3 Così dieci dei fratelli di Giuseppe scesero in Egitto per comprarvi il grano. 4 Ma Giacobbe non mandò con loro Beniamino, il fratello di Giuseppe, perché diceva: «Che non gli succeda qualche disgrazia!» 5 I figli d’Israele giunsero per comprare grano in mezzo agli altri che erano venuti; perché nel paese di Canaan c’era la carestia. 6 Or Giuseppe era colui che comandava nel paese; era lui che vendeva il grano a tutta la gente del paese; i fratelli di Giuseppe vennero e si inchinarono davanti a lui con la faccia a terra.”

Alle prese con le difficoltà

Questi versetti descrivono una situazione abbastanza deprimente.

Ricordi di quale famiglia stiamo parlando? Ci troviamo nella casa di uno dei patriarchi della fede, nella famiglia scelta da Dio per benedire tutte le altre nazioni. Una famiglia conosciuta da tutti in quel paese.

Giacobbe un tempo aveva costruito altari al Signore, e Dio gli si era rivelato.

Immagina di trovarti in un contesto devastato e angosciante, e hai bisogno di qualcuno che ti incoraggi e che ti dia speranza. La prima cosa da fare sarebbe quella di andare a bussare alla porta di questa famiglia, per essere incoraggiato o benedetto in qualche modo.

Invece le cose erano cambiate e la carestia metteva in pericolo la loro stessa vita.

C’era un’atmosfera un po’ deprimente in quella casa. Hanno avuto a mala pena l’idea, tramite un rimprovero di Giacobbe, di andare a cercare del cibo in Egitto.

Si avvertiva inoltre che la vicenda di Giuseppe li aveva segnati, perché Giacobbe aveva sofferto tanto e non era più disposto a rischiare e mandare Beniamino. I fratelli avranno sentito bene il peso della loro colpa.

Insomma una situazione pesante, piena di sentimenti ostili: sconforto, paura, sfiducia, sensi di colpa, rabbia repressa, rassegnazione.

Dunque potete immaginarvi con che stato d’animo i fratelli di Giuseppe intrapresero il viaggio sotto il rimprovero del padre.

Senza saperlo, quel viaggio in Egitto li condusse letteralmente con la faccia davanti ad una benedizione grandiosa.

Versetto 6: “… siinchinarono davanti a lui con la faccia a terra …”

Stavano per essere sconvolti definitivamente e sperimentare una benedizione ricca di riconciliazione, liberazione e benessere. Dopo quel viaggio niente sarebbe stato come prima. Le loro vite stavano per essere catapultate in una serie di eventi a loro favore.

Questo è il modo di fare di Dio: la Sua benedizione si nasconde spesso in situazioni senza speranza, nella sofferenza e nel dolore.

Non l’hai sperimentato così alla tua conversione quando non eri riconciliato con Dio e con gli altri?

Non ti è capitato di considerare che fine avresti fatto se non avresti incontrato Dio nella tua vita?

Forse anche adesso, da credente, sei preso da sentimenti brutti, un po’ come nella casa di Giacobbe durante la carestia.

Ti senti scoraggiato? Amareggiato per qualcosa? Hai qualche risentimento che attanaglia la tua anima?

Sappi che anche tu come i fratelli di Giuseppe puoi cominciare ad alzarti per andare a prendere del pane, del nutrimento.

Come i fratelli di Giuseppe anche tu hai un fratello che ti aspetta, che non è Giuseppe, ma Gesù che è il pane della vita.

Se Dio andò incontro a persone così scoraggiate e appesantite che non avevano voglia di confidare nel loro Dio, addirittura manco voglia di procurarsi cibo per vivere, quanto più lo stesso Dio può venirti incontro se ti alzi col desiderio di cercare la Sua consolazione, il Suo perdono, la Sua forza.

E’ strano dirlo ma se vivi una situazione brutta è la miglior cosa che hai per sperimentare la salvezza e la liberazione di Dio.

In Giacomo 1:2 leggiamo: “Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate”

In Matteo 5 Gesù chiama beati quelli che sono afflitti, perché sperimenteranno la consolazione di Dio.

Concludo questa prima parte del racconto con una domanda per te:

Quale sentimento negativo, di colpa o di scoraggiamento ti tiene “rinchiuso in casa”  da non farti uscire e andare a prendere il pane della vita?

La benedizione è dietro ogni tua sofferenza, devi solo andare a Dio con cuore sincero per sperimentarla.

Così con questa prima parte capiamo meglio come le sofferenze e i mali possono essere i migliori terreni in 8cui Dio può far nascere riconciliazione.

Ed è questo processo che stava per iniziare nelle vite dei fratelli di Giuseppe.

Tutta questa benedizione di cui abbiamo accennato la realizzeranno più tardi, per ora cominceranno a vedere solo i primi “strani” effetti.

Dunque i fratelli di Giuseppe arrivarono finalmente in Egitto assieme a tanta altra gente bisognosa come loro.

Adesso nei versetti da 7 a 24 vogliamo vedere il secondo punto.

Non leggerò tutti i versetti, ma man mano vi riassumererò la vicenda.

Cuori scrutati nelle difficoltà (il primo alle prese con le difficoltà)

Tutto quello che d’ora in avanti succede pare avere una certa ironia perché sembra una specie di candid camera o uno scherzo un po’ troppo pesante fatto da Giuseppe. Ma non lo era perché anche a Giuseppe la cosa pesava ed emozionava parecchio.

Versetto 7: “Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma si comportò come un estraneo davanti a loro e parlò loro aspramente”.

“… Siamo tutti figli di uno stesso uomo. Siamo gente sincera. I tuoi servi non sono delle spie …”

Questo era il tono delle varie conversazioni. In tutto questo tempo, i fratelli non riconobbero Giuseppe.

Giuseppe avanzava delle pesanti accuse di spionaggio e si rivelava sempre più un crescente ed estenuante scrutatore malfidente nei loro confronti.

Più tardi dissero a loro padre: “… L’uomo che è il signore del paese ci ha parlato aspramente e ci ha trattati come spie del paese …Quell’uomo c’interrogò minuziosamente intorno a noi e al nostro parentado …”

Ai fratelli, Giuseppe appariva come un vero e proprio scrutatore.

Loro, continuando a difendersi, rivelarono alcune cose della loro famiglia, dicendo per esempio di avere un fratello più giovane che non era con loro.

A questa notizia Giuseppe, dopo averli imprigionati per tre giorni, li obbligò a farsi portare Beniamino. Come garanzia di ritorno, tenne in ostaggio uno di loro.

C’è da dire che Giuseppe in realtà era mosso da sentimenti di amore nei loro confronti e pianse di nascosto. Ma loro non s’immaginavano niente di tutto questo.

Una cosa molto interessante che emerge verso la fine di questa serie di versetti, sono i  sensi di colpa dei fratelli per quello che fecero a Giuseppe 20 anni prima.

Al versetto 21 leggiamo: “Allora si dicevano l’uno all’altro: «Sì, noi fummo colpevoli verso nostro fratello, giacché vedemmo la sua angoscia quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest’angoscia».”

Quindi, se da un lato si sentirono onesti e sinceri davanti a Giuseppe circa le loro intenzioni attuali, dall’altro lato, l’essere scrutati e puniti in quel modo, li fece sentire giudicati per il peccato sepolto nel passato.

Come accennavo, vedo una certa ironia in tutto questo.

Ricordi con che stato d’animo arrivarono in Egitto i fratelli? L’ultima cosa che serviva al loro stato d’animo erano altri problemi. Mi immagino che non vedevano l’ora di concludere gli acquisti e ripartire per casa.

Invece dopo una serie di accuse e giorni di prigione, la loro partenza per casa comincia con questa scena:

Versetto 24: “… poi tornò, parlò con quelli e prese tra di loro Simeone, che fece incatenare sotto i loro occhi …”

Insomma questo fu  assolutamente inconcepibile e irrazionale; sembrava veramente uno scherzo di cattivo gusto o un brutto sogno ad occhi aperti.

Eppure tutto questo era realtà e non c’era altra spiegazione per loro, se non quella di dedurre che  Dio, attraverso Giuseppe, volesse giudicare i loro cuori.

Lo scopo ultimo di Dio sarà la riconciliazione e il perdono nella loro famiglia e con Dio. Ma questo scopo loro non lo capivano ancora. Per il momento compresero che la mano di Dio pesava su di loro. Il “medico” stava toccando in un posto inaspettato e doloroso.

Queste situazioni possono essere molto simili alle nostre. Anche noi non siamo esenti da situazioni difficili che possono opprimerci; anche noi delle volte seppelliamo dei peccati o ignoriamo per anni conflitti irrisolti, relazioni non riconciliate; teniamo nascoste colpe non confessate. Queste cose irrisolte sono un grande ostacolo per la nostra pace per la nostra riconciliazione e la crescita spirituale.

E come i fratelli di Giuseppe, anche noi viviamo esperienze martellanti che sembrano non c’entrare affatto con il nostro operato, ma che in realtà Dio permette innanzitutto perché magari ha un disegno che va oltre noi stessi , e poi anche perché con molta probabilità vuole correggerci e portare alla luce cose che abbiamo accantonato.

I fratelli di Giuseppe, in quelle sventure, videro in quell’uomo il loro scrutatore.

Nelle tue sventure, riesci a vedere Colui che vuole scrutarti per correggerti? Dio vuole essere il tuo scrutatore. Può sembrare brutto, ma in realtà non lo è.

Nel Salmo 11:5 é scritto: “Il Signore scruta il giusto, ma detesta l’empio.”

Se Giuseppe lo stava facendo con un sentimento d’amore e con lo scopo di perdonare, quanto più il Signore, che è per eccellenza un Dio ricco di bontà, lo farà per il tuo bene.

In realtà, anche se pensi di non meritarti quello che ti succede, hai bisogno di nuova riconciliazione e perdono.

Ebrei 12 “5 e avete dimenticato l’esortazione rivolta a voi come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso; 6 perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli»…..….. 11 È vero che qualunque correzione sul momento non sembra recare gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa.

Concludo questo punto ricordandoti di non avvalerti a tutti i costi dei tuoi diritti. Non farti giustizia da solo. Non combattere i mali con le tue forze (lascia fare al “medico”). Non compromettere la tua ubbidienza a Dio, per appianarti la strada.

In questi mali il tuo bene è cercare il Tuo scrutatore che vuole correggerti e darti la capacità di vedere cosa deve realmente cambiare e guarire nella tua vita.

I Suoi piani per la tua vita sono sempre più grandi di quello che stai pensando e vivendo in questo momento.

Adesso entriamo nell’ultima parte del racconto. Abbiamo visto il primo punto: alle prese delle difficoltà, il secondo punto: cuori scrutati.

Dio è in controllo

Leggo i versetti da 25 a 28:

“Poi Giuseppe ordinò che si riempissero di grano i loro sacchi, che si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo sacco e che si dessero loro delle provviste per il viaggio. E così fu fatto. 26 Essi caricarono il loro grano sui loro asini e partirono.

27 Or uno di essi aprì il suo sacco per dare del foraggio al suo asino, nel luogo dove pernottavano, e vide il suo denaro alla bocca del sacco; 28 egli disse ai suoi fratelli: «Il mio denaro mi è stato restituito, eccolo qui nel mio sacco». Allora si sentirono mancare il cuore e, tremando, dicevano l’uno all’altro: «Che cos’è mai questo che Dio ci ha fatto?»

Dunque sono partiti dall’Egitto e hanno iniziato il viaggio con un grande peso sul cuore, perché dovevano andare da loro padre e comunicare l’amara notizia che Simeone era imprigionato in Egitto e che, per tornare a liberare il fratello o per acquistare altro cibo, dovevano portare con sé Beniamino.

 Come se non bastasse, anche durante il viaggio hanno trovato un’altra zavorra che metteva sulla bilancia il loro cuore tremante.

Uno di loro infatti trovó il suo denaro nel sacco e furono presi da grande timore. (Quella era una delle tante benedizioni, era un atto di amore di Giuseppe ma loro non vedevano ancora). Il loro cuore veniva meno e tremavano.

Più avanti ci saranno ancora altri momenti come questi, in cui li mancava il cuore.

Inizialmente erano partiti per l’Egitto vuoti, senza nulla, e ora tornavano carichi in tutti i sensi, pieni di preoccupazioni. Anche se sembra inadeguato o esagerato, questo è il modo in cui Dio sta operando e guidando le loro vite.

Va detta una cosa molto importante: in questo racconto si vede che quando la prova da parte di Dio  aumenta per i suoi figli, Egli fa sempre in modo che aumenta anche la consapevolezza della Sua guida sovrana.

Anche quando non è ancora chiaro cosa e perché Dio sta agendo in quel modo.

Vrs 28… Che cos’è mai questo che Dio ci ha fatto? …

È una legittima domanda ma che sottintende una grandiosa risposta non da tutti: qui è  Dio che ha tutto sotto controllo.

Facendo un analisi cronologica di tutta la situazione possiamo descriverla nel seguente modo: la sofferenza e il bisogno assieme all’essere scrutati e provati ha fatto sì che Dio venga riconosciuto nei loro segreti irrisolti davanti a Lui.

Anche con questo ultimo aspetto possiamo trarre delle analogie molto pratiche anche per noi.

Come dicevo, noi anche ci troviamo avvolte nella miseria, forse in una prova, scoraggiamento, o semplicemente apatia spirituale. O forse qualcosa di ancora più simile al racconto ovvero delle situazioni irrisolte con qualcuno, che da troppo tempo ci siamo abituati a tenere nascosto.

Sarebbe bello se tutto questo Dio lo farebbe semplicemente sparire, ma così non cambieremmo, e non saremmo come Lui ci vuole. Dio ha un piano meraviglioso e non vede l’ora di realizzarlo ma sceglie di  aspettare i nostri tempi di consapevolezza della sua sovranità e dei nostri veri mali.

Questo allo scopo di farci crescere.

I Fratelli di Giuseppe in quel trambusto non compresero quasi niente a parte una cosa: Dio è in controllo e sta richiamando le loro coscienze.

Dovrebbe essere l’unica risposta logica alle nostre sofferenze o ai nostri peccati irrisolti con gli altri: Dio è in controllo sulla mia vita e forse vuole richiamare qualcosa nella mia coscienza.

Quindi anche noi esattamente come fratelli di Giuseppe possiamo chiederci: ma cosa sta facendo Dio?

E questa è una buona domanda. perché si vede il desiderio di capire cosa Dio vuole realmente da me.

Il testo di oggi finisce al versetto 28. Trovo che è una fine un po’ brusca.

Quando leggi questo è difficile smettere di leggere, vorresti continuare per vedere il lieto fine. Ed è quello che ho fatto in effetti. 

C’è una dinamica simile quando non capiamo perchè Dio sta agendo con noi in un certo modo. Vogliamo subito vedere il lieto fine di certe nostre vicende, mentre Dio vuole che ci fermiamo e gli chiediamo: Signore cosa stai facendo e cosa mi stai chiedendo di fare in questa situazione?

Puoi fidarti di Dio anche se non capisci del tutto quello che ti sta succedendo.

Puoi fidarti di Dio anche quando sei messo a nudo davanti a Lui per quello che stai tenendo nascosto.

Puoi fidarti di Dio anche quando ti scruta perché sai che ha serbato qualcosa di migliore per te.

Puoi fidarti di Dio perché ha mandato Suo Figlio a causa dei tuoi peccati nascosti, come quelli dei fratelli di Giuseppe.

Puoi fidarti di Dio perché Suo Figlio, nostro fratello, è venuto da un paese di ricchezza e gloria, in un mondo povero e tenebroso anche per te.

Chiedi a Dio la grazia di farsi riconoscere come sovrano della tua vita e di confessare davanti a Lui quello che nella tua coscienza ti sta mostrando o ti mostrerà magari. Questa sarà la via della tua pace e della tua liberazione nel cuore. Come figurativamente l’ho è diventato per tutta la famiglia di Giuseppe.

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