Come essere un cristiano misericordioso

3 Ottobre 2021

Video
Audio
Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Voi stessi, fratelli, sapete che la nostra venuta tra voi non è stata vana; anzi, dopo aver prima sofferto e subìto oltraggi, come sapete, a Filippi, trovammo il coraggio nel nostro Dio, per annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. Perché la nostra predicazione non proviene da finzione, né da motivi impuri, né è fatta con inganno; ma come siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità; invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini. Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non soltanto il vangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci eravate diventati cari. Perché, fratelli, voi ricordate la nostra fatica e la nostra pena; infatti è lavorando notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi, che vi abbiamo predicato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e Dio lo è pure, del modo santo, giusto e irreprensibile con cui ci siamo comportati verso di voi che credete; sapete pure che, come fa un padre con i suoi figli, abbiamo esortato, confortato e scongiurato ciascuno di voi a comportarsi in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. (1 Tessalonicesi 2:1-12)

Nei versetti che abbiamo appena letto, Paolo descrive come lui stesso ha trattato i credenti di Tessalonica durante la sua prima visita, quando fondò la nuova chiesa. Ho scelto questo brano per approfondire ulteriormente il nostro tema dell’anno, perché qui troviamo un perfetto esempio di un cristiano che è misericordioso come è misericordioso il Padre nostro.

Dapprima Paolo descrive come ha trovato in Dio la forza per servire fedelmente la chiesa, nonostante tutte le avversità. Prima di arrivare a Tessalonica era infatti stato a Filippi, dove fu picchiato e gettato in prigione. Poi usa due immagini per descrivere il suo comportamento nei loro confronti: come una madre amorevole e come un padre che si prende cura dei propri figli.

Analizziamo ora insieme il brano, soffermandoci in particolare sui versetti che descrivono le caratteristiche della misericordia di Paolo.

Misericordiosi perché approvati da Dio

Perché la nostra predicazione non proviene da finzione, né da motivi impuri, né è fatta con inganno; ma come siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. (1 Tessalonicesi 2:3-4)

Paolo amava parlare in modo chiaro e trasmettere la verità senza mezzi termini, perché sapeva di essere stato approvato da Dio. Il “segreto” per poter essere dei cristiani misericordiosi sta proprio nell’aver sperimentato noi stessi la misericordia di Dio. Sei anche tu profondamente convinto di essere approvato da Dio?

L’approvazione ha due aspetti. Il primo è l’approvazione di fondo, come figli e figlie di Dio, che otteniamo solo e unicamente per fede, se crediamo che Gesù Cristo è morto per noi. A quel punto siamo approvati da Dio e abbiamo il diritto di chiamarci suoi figli (Gv 1:12).

Il secondo aspetto è l’approvazione pratica, che sperimentiamo quando Dio approva come noi viviamo la nostra vita cristiana, come Paolo ci ricorda nella lettera agli Efesini:

Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati; e camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati e ha dato sé stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave. (Efesini 5:1-2)

Oltre all’approvazione da Dio, Paolo aveva un’altra certezza, sapeva che era stato Dio stesso ad averlo stimato degno al punto da affidargli il vangelo. Certo, la chiamata di Paolo è stata particolare, ma in un senso più lato, a noi tutti è stato affidato il vangelo, che il Signore ci chiede di condividere senza distorcerlo (Matteo 28:18-20).

La base per poter essere un cristiano misericordioso è dunque di essere certi che siamo suoi figli amati e che siamo innanzitutto chiamati a piacere a Lui e non agli uomini. Se siamo consapevoli che il nostro compito principale è di piacere a Dio e di ricevere tutto ciò che ci serve da Lui, non abbiamo più bisogno di aspettarci nulla dagli uomini.

Vorrei farvi un esempio. Come marito ho una mia responsabilità davanti a Dio che non posso delegare a mia moglie. Il mio compito principale è di piacere a Dio, e di conseguenza di essere un marito che si prende cura di sua moglie e che la ama, come Cristo ha amato la chiesa (Efesini 5:25). E questo a prescindere da come si comporta mia moglie. Io sono al 100% responsabile per come agisco verso mia moglie, anche se lei dovesse agire male verso di me.

Per essere un buon marito devo però dapprima essere consapevole della mia identità come figlio di Dio, devo essere consapevole che solo Lui è in grado di soddisfare profondamente e intimamente ogni mio bisogno. Se io mi aspetto che sia mia moglie a soddisfare i miei bisogni, è molto probabile che finirò con l’essere amareggiato e deluso nei suoi confronti. Naturalmente lo stesso vale anche per la moglie nei confronti del marito.

Se invece vado da Dio con le mie frustrazioni e permetto che sia Lui a prendersi cura di me, posso lasciare a Cristo i miei pesi e ricevere in cambio l’amore del Padre. A quel punto ho la facoltà di decidere se essere misericordioso con mia moglie oppure no. Dio mi offre le forze e l’opportunità, ma spetta poi a me, assumendomi le mie responsabilità, a mostrarmi misericordioso anche quando magari vorrei continuare a fare l’offeso o a restare nella mia rabbia.

Questo concetto vale nel matrimonio, ma anche in qualsiasi tipo di relazione o amicizia. In poche parole, la mia capacità di essere misericordioso deriva dalla mia connessione con Dio. Se non sono connesso con Dio, corro il rischio di voler piacere al mio prossimo oppure di agire con motivazioni sbagliate. In quel caso non potrò essere veramente misericordioso, perché o cercherò di piacere all’altro tralasciando la verità, oppure cercherò di ottenere giustizia e di impuntarmi sulla verità, assumendomi delle responsabilità che non sono mie.

Questo Paolo lo spiega nei versetti 5 e 6, dove dice:

Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità; (1 Tessalonicesi 2:5-6)

Ogni volta che il nostro scopo primario è quello di piacere agli uomini, perdiamo la nostra capacità di piacere a Dio. Al contrario, quando cerchiamo di piacere a Dio e parliamo secondo la Sua Parola nell’amore, abbiamo veramente la capacità di servire efficacemente gli altri, di essere un dono della misericordia di Dio per il nostro prossimo.

Paolo, in qualità di apostolo, avrebbe potuto sfruttare la propria autorità per ottenere ciò che voleva dalla chiesa, ma non lo fece. Ha resistito alla tentazione perché la sua conoscenza di Dio e la sua fiducia in Dio gli avevano mostrato che non doveva preoccuparsi, che se lui avesse fatto il suo dovere, Dio avrebbe anche provveduto ai suoi bisogni.

Misericordiosi come una mamma che cura i suoi figli

Invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini. Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non soltanto il vangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci eravate diventati cari. (1 Tessalonicesi 2:7-8)

Paolo usa la metafora di una madre che si prende cura dei suoi figli per descrivere il suo discepolato. L’immagine è chiara: un cristiano misericordioso è un cristiano che si prende amorevolmente cura delle persone che Dio gli ha affidato.

Un piccolo bambino che viene allattato rende l’idea di un cristiano che ha bisogno di tutta la protezione, l’affetto e la guida dei fratelli che fanno parte della sua famiglia spirituale. Rende anche l’immagine di un servizio disinteressato, perché la madre non può aspettarsi nulla dal figlio. Questa immagine ci riporta principalmente alla responsabilità che cristiani maturi e certi della loro identità in Cristo hanno verso chi è giovane nella fede o che si trova in un momento di fragilità emotiva o spirituale.

Paolo dice di aver amato così tanto i credenti di Tessalonica, al punto che, lui e si suoi collaboratori erano felici di condividere non soltanto il vangelo di Dio, ma anche la loro stessa vita. Quanto siamo disposti a condividere la nostra vita con gli altri? Quando condividi la tua vita e le tue lotte con gli altri, questo li invita ad aprirsi con te e li aiuta a sperimentare la grazia.

Una madre che allatta il figlio si rende vulnerabile, è un’immagine di profonda intimità. La vulnerabilità è un segno distintivo di una sincera misericordia. Troppo spesso siamo invece disposti a condividere la Parola o le nostre opinioni sulla Parola, ma non siamo disposti a dare noi stessi. Condividere il vangelo senza la disponibilità a dare noi stessi agli altri, nel limite delle nostre possibilità, è però una contraddizione, perché il vangelo è proprio il messaggio del Figlio di Dio che ha dato sé stesso per noi (1 Gv 4:11).

Un altro aspetto trasmesso da questa immagine è che, per aiutare gli altri, dobbiamo stare attenti a come noi ci nutriamo. Ogni mamma che ha allattato sa benissimo che il figlio può avere reazioni negative al latte materno a dipendenza di ciò che la mamma mangia. Allo stesso modo anche noi dobbiamo stare attenti a come ci nutriamo spiritualmente, perché potremo trasmettere agli altri solo ciò di cui noi stessi ci nutriamo.

Non potremo trasmettere cibo spirituale agli altri, se noi stessi non ci nutriamo correttamente. Se ciò di cui parliamo non è anche ciò che viviamo, rischieremo di trasmettere idee e pensieri sbagliati o di non avere alcun impatto sulla vita degli altri. Quindi, ancora una volta, se vuoi essere un cristiano misericordioso, che si prende cura di chi ha bisogno di te, è essenziale che tu stesso curi una profonda e intima relazione con Dio.

Come stai curando personalmente la tua relazione con Dio? Ogni mamma deve prendere cura di sé stessa e del proprio corpo, per avere abbastanza forze per il figlio. In che modo ricarichi il tuo serbatoio di amore? Quali sono le tue strategie per depositare regolarmente i tuoi pesi da Dio e per ricevere in cambio le sue forze, il suo perdono e la sua saggezza?

Aiutare le persone a crescere nel Signore, come con i bambini che crescono, richiede tempo e pazienza. Per questo Paolo aggiunge una seconda immagine: quella del padre che indica la via ai suoi figli.

Misericordiosi come un padre che indica la via ai figli

Voi siete testimoni, e Dio lo è pure, del modo santo, giusto e irreprensibile con cui ci siamo comportati verso di voi che credete; sapete pure che, come fa un padre con i suoi figli, abbiamo esortato, confortato e scongiurato ciascuno di voi a comportarsi in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. (1 Tessalonicesi 2:10-12)

Paolo aggiunge altri due punti alla sua argomentazione. In primo luogo, richiama il modo in cui ha vissuto tra di loro. Ha vissuto una vita santa e irreprensibile davanti a loro in modo da non lasciare spazio a nessuno per dubitare della sua integrità. Infine, costruisce sulla metafora della maternità aggiungendo che ha anche agito come un padre amorevole verso di loro, esortandoli e incoraggiandoli a vivere una vita santa.

Mentre insegnava e trattava con loro come gruppo, li trattava anche come individui. Come un padre con i suoi figli, trovava il tempo per un consiglio personale e per sviluppare relazioni personali. Se vogliamo crescere spiritualmente come chiesa è anche indispensabile che ognuno di noi si chieda come potrebbe essere un padre amorevole per gli altri.

Paolo lo ha fatto personalmente con i Tessalonicesi, ma li ha più tardi anche esortati a essere a loro volta dei padri amorevoli gli uni per gli altri:

Perciò, consolatevi a vicenda ed edificatevi gli uni gli altri, come d’altronde già fate. Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti (1 Tessalonicesi 5:11.14)

Paolo descrive tre compiti per un padre premuroso verso i suoi figli: esortare, confortare e scongiurare. Quali sono le differenze tra questi tre termini? Brevemente potremmo dire che “esortare” è spingere qualcuno che ha bisogno di una spinta per partire, “confortare” è correre al fianco di qualcuno per sostenerlo nella sua corsa, mentre “scongiurare” è più un esortare solennemente qualcuno che è caduto a non mollare.

Il primo termine “esortare” (in greco: parakaleo) può avere diverse sfaccettature a dipendenza del contesto: ammonire, esortare con fermezza, implorare, fortificare, consolare, incoraggiare. Qualunque sia il senso esatto in questo contesto, l’immagine è quella di un padre che è attivamente impegnato a modellare la vita dei suoi figli. I figli hanno bisogno di essere sfidati e incoraggiati a vivere secondo sani principi, ed è proprio questo il senso di questa parola qui utilizzata da Paolo.

Il secondo termine “confortare” (in greco: paramutheomai) rende più l’idea dell’incoraggiare e consolare qualcuno che si trova in una situazione difficile. Mi immagino un padre che appoggia la mano sulla spalla del figlio ferito o confuso a causa di qualcosa che ha vissuto e che lo consola, incoraggiandolo poi a continuare sulla strada intrapresa.

Il terzo termine “scongiurare” (in greco: marturomai), rispetto ai primi due, trasmette più l’idea di urgenza, nel senso di insistere su qualcosa come una questione di grande importanza. Indica la necessità di parlare con tutta serietà e urgenza a un figlio, che magari sta pensando di abbandonare la strada seguita finora, dando magari anche un esempio personale per sottolineare perché è così importante non mollare.

L’obiettivo che Paolo persegue è di plasmare uomini e donne in discepoli convinti e decisi a seguire Gesù Cristo, in modo che vivano vite degne di Dio, del suo regno e della sua gloria. Essere un cristiano misericordioso non significa dunque essere semplicemente amorevoli e benevoli nei confronti degli altri, accogliendoli così come sono, senza però desiderare che assomiglino sempre più al loro Signore Gesù Cristo.

Ricordiamoci che Dio, il nostro Padre celeste, è l’esempio supremo per la nostra misericordia. In che modo Dio è stato misericordioso con il suo popolo? Esortandolo più volte a tornare sulla giusta via, ad abbandonare il peccato e a tornare ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente. Anche noi dovremmo fare lo stesso gli uni con gli altri.

Paolo ci ricorda che è Dio che ci chiama al suo regno e alla sua gloria. Non “che vi ha chiamato”, ma “che vi chiama”! Indica un’opera continua di Dio in noi tramite il suo Spirito. Dio ci ha una volta chiamati alla salvezza, ma ora continua a chiamarci tramite lo Spirito Santo a vivere una vita degna del suo regno e della sua gloria (2 Pietro 1:10-11).

Pensando a tutti i modi in cui Paolo ha aiutato i suoi discepoli a crescere, come potresti realizzare al meglio quanto segue? Come potresti…

  • aiutare un credente spiritualmente giovane a continuare a crescere?
  • aiutare un credente maturo che è del tutto inconsapevole di un’area di peccato o di immaturità nella sua vita?
  • aiutare qualcuno intrappolato nel peccato ma che non sembra riuscire a uscirne?
  • aiutare qualcuno consapevole del proprio peccato ma che non sembra preoccuparsene?
  • aiutare un credente che non ha nessuno che lo aiuti a crescere?

I giovani cristiani hanno bisogno di essere nutriti. I credenti maturi che non sono consapevoli dei punti ciechi, hanno bisogno di qualcuno che li confronti gentilmente con la verità. Qualcuno che è intrappolato nel peccato ha bisogno di vedere un esempio di integrità nella tua stessa vita. Qualcuno a cui non importa di peccare, ha bisogno che la verità gli sia detta senza mezzi termini. Quando vediamo qualcuno che potrebbe beneficiare dall’essere discepolato, è importante che iniziamo un rapporto con lui.

Riflettendo su queste domande, conosci un credente che avrebbe bisogno di qualcuno come Paolo nella sua vita, ma che ancora non lo ha? Come potresti iniziare a riempire tu stesso questo bisogno, diventando per lui un padre spirituale amorevole e misericordioso? Pensi di avere bisogno tu stesso di una madre spirituale che si prende cura di te o di un padre spirituale che ti aiuta a progredire? Abbi il coraggio di chiedere aiuto a un cristiano maturo!

Ricorda che il “segreto” per essere dei cristiani misericordiosi sta innanzitutto nell’aver sperimentato noi stessi la misericordia di Dio. La mia capacità di essere misericordioso è direttamente proporzionale al mio grado di connessione con Dio. Se siamo intimamente connessi con Dio avremo tutte le risorse necessarie per essere gli uni per gli altri come una madre che accudisce il figlio e come un padre che indica la via al figlio e che lo aiuta a progredire.

È così che possiamo essere dei cristiani misericordiosi.

Amen

Altri sermoni

Attendere pazientemente

Attendere pazientemente

Non so voi, ma io non sono l’uomo più paziente e i periodi di attesa sono difficili. Un sogno nel cassetto che io e mia moglie abbiamo è di fare, fra qualche anno, il giro d’Europa con un camper (che ancora non abbiamo). Stiamo pregando che Dio ci mostri una buona...

Il credente e l’accompagnatore

Il credente e l’accompagnatore

Lot è stato per gran parte della sua vita l'accompagnatore di Abramo, ma alla fine ha perso tutto. Perché? Perché non ha vissuto come uomo di fede e non ha vissuto nelle promesse di Dio, ma solo come accompagnatore dell'uomo di fede!Altri sermoni