Con Cristo, dalla morte alla vita

24 Agosto 2025

Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce. (Colossesi 2:12-14)

Immagina una gita in montagna con uno zaino pieno di sassi. Ogni sasso è un ricordo che punge, una ferita, un errore, una parola detta male… e sì, anche i peccati che ci portiamo dietro. Alcuni sono evidenti, come orgoglio, rancore, menzogna; altri più nascosti, come paura, invidia o desideri che non confessiamo a nessuno.

Ognuno ha i suoi sassi, tutti conosciamo quel peso. E Paolo non finge che quei sassi non ci siano. Li nomina per quello che sono: peccato, lontananza da Dio, morte spirituale. Ma qui entra in gioco il Vangelo, ciò che tu non riesci a togliere, Cristo lo porta alla croce. Paolo ce lo spiega con un’immagine concreta: il battesimo.

Oggi, nel battesimo di Monica, non celebriamo la sua forza, ma Colui che prende il nostro zaino, lo lascia alla croce. Non per magia, ma per fede.

Sepolti e risorti con Lui

C’è una frase che dice tutto:

Siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. (Colossesi 2:12)

Il battesimo mostra visibilmente ciò che è già avvenuto nel cuore del credente: scendere nell’acqua è morire con Cristo, risalire è risorgere con Lui. Non è l’acqua che salva, è la fede nella potenza di Dio. È la stessa potenza che ha risuscitato il Figlio e ora lo Spirito Santo ci rende partecipi di quella vita, unendoci realmente a Cristo.

In Romani 6 Paolo aggiunge che siamo stati sepolti con Lui “affinché anche noi camminassimo in novità di vita” (Romani 6:4), ed in Efesini 2 conferma che Dio “ci ha fatti vivere con Cristo” (Efesini 2:5). Non si tratta quindi di religione, di sforzi nostri, ma di una relazione viva con Dio. E il battesimo è la testimonianza pubblica di questa unione che è già avvenuta.

Monica, oggi il tuo corpo predicherà il Vangelo: scenderai nell’acqua e risalirai, rappresentando Cristo che è sceso nella tomba ed è risorto. Con questo atto non stai promettendo di essere perfetta da ora in poi, ma stai dichiarando di appartenere a Cristo. Quando la tentazione dirà: “sei sempre la stessa”, potrai rispondere: “no, io sono in Cristo”. Questa è la tua nuova identità, che non si fonda sulle prestazioni, ma sulla tua unione con Lui.

Se hai camminato in montagna lo sai: i bastoni aiutano. Non tolgono la fatica della salita, ma danno ritmo e sostegno. Così, ma infinitamente di più, lo Spirito prende ciò che Cristo ha fatto e lo rende forza per la vita quotidiana. Non è un trucco per sentirsi meglio, è la presenza di Dio che ci sostiene quando la pendenza aumenta.

Per questo non diciamo “ce la farò”, come per auto convincerci, ma “con Lui posso avanzare”, perché la nostra fede si appoggia sulla potenza di Dio, non sulle nostre risorse.

Pensa alle tue ultime settimane: quante volte ti sei detto “non ce la faccio più”? È proprio lì che lo Spirito ti mette in mano i bastoni per reggere il passo. Non per rendere la salita facile, ma per non lasciarti crollare.

Questo non vale solo per Monica, vale anche per ciascuno di noi. Il tuo battesimo non è una foto da tenere nell’album, ma un segno vivo che ti ricorda chi sei ogni giorno in Cristo. Quando riaffiorano la paura o il perfezionismo, non devi aggrapparti alle tue prestazioni, ma alla potenza di Dio che ha risuscitato Gesù.

In settimana, davanti a una decisione importante, chiediti: “Sto agendo come chi è in Cristo o come se dovessi cavarmela da solo?”. Potrebbe essere una scelta sul lavoro, un conflitto in famiglia, o anche solo il modo in cui reagisci a una parola che ti ferisce. In quel momento, fermati e ripeti: “Io sono in Cristo, non devo cavarmela da solo”. Questo sposta il peso dalle tue risorse alla sua potenza.

Dalla morte alla vita, con un cuore nuovo

Paolo non si ferma al segno esterno del battesimo, ma ci porta al cuore del messaggio: il passaggio dalla morte alla vita:

Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati. (Colossesi 2:13)

Paolo è diretto: dice che eravamo morti nei peccati. Non si trattava di un malessere passeggero, ma di una condizione senza via d’uscita. Poi aggiunge: eravate morti nella “incirconcisione della vostra carne”.

Nell’Antico Testamento la circoncisione era il segno che diceva: “tu appartieni al popolo di Dio”. Dire che eravamo incirconcisi significava essere esclusi da quella appartenenza, estranei al suo popolo. Con questa immagine Paolo ci ricorda che eravamo senza appartenenza a Dio, con un cuore non trasformato e guidato dal vecchio io.

Ma poco prima (v.11) Paolo ricorda che in Cristo abbiamo ricevuto una circoncisione diversa: lo “spogliamento del corpo della carne”. In altre parole, Dio non mette un cerotto sopra ai nostri peccati, ma compie un intervento profondo nel nostro cuore. Per questo Paolo può affermare che Dio ci ha fatti vivere con Cristo, perdonandoci tutti i peccati.

Come un defibrillatore fa ripartire un cuore fermo, così la vita nuova viene solo dall’intervento di Dio. Nessuno si rialza da solo dopo un arresto cardiaco. Così è la grazia: non c’è auto-rianimazione spirituale.

Monica, quando Paolo dice “perdonandoci tutti i nostri peccati”, questa parola ti riguarda da vicino. Il tuo passato non ha l’ultima parola, Cristo sì. La grazia non cancella le lotte, le illumina. Se oggi alcune debolezze bussano ancora, ricorda: la vita nuova non comincia quando smetti di lottare, ma quando ti affidi a Cristo in mezzo alla lotta. Non cammini da sola, lo Spirito Santo è il tuo aiuto, Colui che ti ricorda chi sei e ti sostiene quando le forze mancano.

E questo riguarda tutti noi: Dio ci ha fatti vivere in Cristo. Eppure, ci sono aree in cui viviamo ancora “da incirconcisi”, cioè a modo nostro: nelle emozioni, nella sessualità, nel rancore, nel lavoro. Rifletti un attimo su quali sono queste aree nella tua vita e poi nomina davanti al Signore un’area precisa e dì: “Signore, qui lascio la mia autonomia e accolgo la tua signoria, fammi vivere con Te”.

Il debito inchiodato alla croce

E se Dio ti ha ridato la vita, allora l’altra faccia della medaglia è che il debito è stato cancellato.

Egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce. (Colossesi 2:14)

Paolo conclude con un’immagine legale: c’è un documento che registra tutte le accuse contro di noi. Ma Dio non lo archivia in un cassetto, lo toglie di mezzo e lo inchioda alla croce. In altre parole: la colpa è stata presa da Cristo e pagata da Cristo.

Per questo Paolo può scrivere in Romani 8: “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1). Questa è la libertà, non un sentimento, ma una sentenza ribaltata a tuo favore.

Monica, quando tornano le voci che accusano, ricordati il timbro sulla croce, “È compiuto”. I debiti non si pagano due volte. Se l’ansia dice “paga ancora”, rispondi: “il mio debito è alla croce, io cammino come figlia amata”.

Ora mi rivolgo a tutti noi: quante ricevute spirituali conserviamo ancora dentro di noi? Sono quelle frasi che tornano: “Non vali abbastanza”, “hai rovinato tutto”, “sei sempre lo stesso”. Sono conti già saldati che pensi di dover pagare ancora, ma che Dio ha già strappato.

Lasciale oggi a Cristo, non per evitare la tua responsabilità, ma per vivere da figlio riconciliato. È così che la libertà diventa concreta, quotidiana e vissuta.

E se oggi sei qui per affetto verso Monica, ma non hai ancora messo la tua fiducia in Gesù, sappi che sei il benvenuto. Il Vangelo non ti chiede di fingere o di sistemarti prima: ti invita a portare a Cristo il tuo debito. La stessa potenza del Padre che ha risuscitato Gesù può ridare vita anche a te. Puoi dirlo ora, in silenzio: “Signore, fammi capire, fammi vivere”.

Ed è proprio questo il cuore del Vangelo: se confidi in Cristo come tuo Signore e Salvatore, sei passato dalla morte alla vita. Non è una nuova etichetta, è una nuova appartenenza. La sua morte è stata la tua, la sua vita ora è la tua. Il battesimo lo mostra in modo visibile: sepolti e risorti con Lui, per fede nella potenza del Padre, con la vita nuova che lo Spirito dona a chi si affida a Lui.

Monica, non sarai sola. Quando la strada si farà dura, ricorda ciò che confessi oggi: tu appartieni a Cristo e Cristo non molla mai i suoi.

Vi lascio ora un momento di silenzio per consegnare a Cristo una “ricevuta” che ancora ti pesa sull’anima. Non per merito, ma per grazia. Lasciamo alla croce ciò che appartiene alla croce e camminiamo nella vita nuova che oggi celebriamo.

Amen

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