Con gioia al servizio del Dio vivente

15 Gennaio 2023

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Domenica scorsa abbiamo studiato la prima parte del capitolo 1 di 1 Tessalonicesi e abbiamo visto come Paolo ringrazia Dio nelle sue preghiere per la fede e la crescita spirituale dei Tessalonicesi. Paolo sapeva che quei giovani credenti erano amati ed eletti da Dio, perché il Vangelo, ovvero la buona notizia della vita e dell’opera di Gesù Cristo, aveva operato con potenza in loro tramite lo Spirito Santo.

E ora, nella seconda parte del capitolo 1, Paolo aggiunge ulteriori dettagli interessanti e importanti a dimostrazione del fatto che il Vangelo aveva veramente operato con potenza in loro. Secondo te, quali potrebbero essere dei buoni criteri per descrivere una persona che ama e segue Gesù Cristo? Scopriamo insieme se sono gli stessi che ha elencato anche Paolo.

Una gioia incontenibile

Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo, tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. (1 Tess. 1:6-7)

Paolo sapeva che i Tessalonicesi erano veramente stati eletti da Dio, scelti per entrare a far parte della sua famiglia, anche perché avevano deciso di imitare Paolo, Sila e Timoteo. E siccome Paolo e i suoi amici cercavano nelle loro vite di imitare Cristo, i Tessalonicesi erano indirettamente anche imitatori “del Signore”. Ma in che cosa divennero loro imitatori?

Proprio prima di arrivare a Tessalonica, Paolo e Sila erano finiti in prigione a Filippi dopo essere stati presi a vergate. Luca nel libro degli atti descrive però che Paolo e Sila passarono la notte in preghiera, cantando inni a Dio (Atti 16:25). Alla fine, grazie a un miracolo furono addirittura liberati. È probabile che Paolo abbia detto anche a loro “Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11:1), incoraggiandoli a gioire nella sofferenza a causa del Vangelo.

E così i Tessalonicesi imitarono Paolo restando fedeli al Vangelo e a Cristo nonostante le sofferenze. Hanno testimoniato il Vangelo, ben sapendo che l’ira dei Giudei sarebbe piovuta su di loro se lo avessero fatto. Già mentre Paolo era ancora a Tessalonica, i Giudei invidiosi del suo successo misero in subbuglio la città e trascinarono alcuni fratelli di fronte ai magistrati (Atti 17:5-9). Queste sofferenze continuarono anche dopo la fuga di Paolo a Berea.

Paolo sottolinea come loro affrontarono le sofferenze con una “gioia incontenibile”, come Paolo scrisse in seguito ai Corinzi parlando di loro:

Ora, fratelli, vogliamo farvi conoscere la grazia che Dio ha concessa alle chiese di Macedonia, perché nelle molte tribolazioni con cui sono state provate, la loro gioia incontenibile e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nelle ricchezze della loro generosità. (2 Corinzi 8:1-2).

Ciò che Paolo vuole trasmettere a chiunque desideri vivere con e per Gesù in questo mondo ostile al Vangelo è che il messaggio del Vangelo è un messaggio di speranza e di gioia, ma questo non esclude possibili sofferenze a motivo del Vangelo.

Questa verità è ben rappresentata nella famosa Parabola del seminatore, nella quale Gesù spiega che il seme del Vangelo viene diffuso nel mondo, ma non tutti lo accolgono allo stesso modo. Mentre solo alcuni lo accolgono con gioia portando anche veramente frutto nella loro vita, altri lo accolgono dapprima con gioia, ma solo per breve tempo:

E così quelli che ricevono il seme in luoghi rocciosi sono coloro che, quando odono la parola, la ricevono subito con gioia; ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; poi, quando vengono tribolazione e persecuzione a causa della parola, sono subito sviati. (Marco 4:16-17)

Le persone qui descritte accolgono anche il Vangelo con gioia, come i Tessalonicesi, ma non appena devono affrontare tribolazione e persecuzione a motivo del Vangelo, abbandonano la fede. Questo avviene perché la loro gioia era superficiale e temporanea, ma non era “la gioia che dà lo Spirito Santo”!

La gioia dei Tessalonicesi era invece “incontenibile” perché era una gioia genuina e prodotta dallo Spirito Santo. Questo ci insegna che possiamo avere “la gioia che dà lo Spirito Santo” solo se per noi è più prezioso avere Gesù nella nostra vita che una vita senza sofferenze.

Gesù non vuole farci soffrire, ma se ci aspettiamo dalla nostra relazione con Dio solo prosperità e assenza totale di sofferenza nella nostra vita, allora è ben probabile che di fronte alle sofferenze la nostra fede non resisterà, perché la nostra gioia non sarà una gioia che proviene dallo Spirito Santo, bensì solo da una soddisfazione momentanea.

Dio vuole donarti la gioia che dà lo Spirito Santo per permetterti di avere una fiducia in Dio a prescindere dai tuoi problemi o dalle tue sofferenze. Se a volte sei tentato di mollare la fede o di mettere in dubbio l’amore di Dio per te, ricorda che Dio conosce ogni dettaglio della nostra sofferenza e della nostra vita. Chiedigli di ricordare al tuo spirito che sei figlio di Dio, come ha promesso di fare tramite lo Spirito Santo (Romani 8:15-16). Se senti che in questo momento ti manca la gioia che solo Spirito Santo può darci, allora chiedigliela!

Ne vale assolutamente la pena, come ci dimostra l’esempio dei Tessalonicesi, perché la loro perseveranza e gioia nella sofferenza fu così evidente a tutti, “tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia”, come Paolo ci espone nei successivi versetti.

Per servire il Dio vivente e vero

Infatti da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell’Acaia, ma anzi la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo, di modo che non abbiamo bisogno di parlarne; perché essi stessi raccontano quale sia stata la nostra venuta fra voi, e come vi siete convertiti dagl’idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero… (1 Tessalonicesi 1:8-9)

La loro gioia nella sofferenza prodotta dallo Spirito Santo ebbe un effetto incredibile: i Tessalonicesi furono di enorme incoraggiamento per innumerevoli altri cristiani. Grazie al loro esempio la “parola del Signore” si diffuse in tutta l’antica Grecia e ben oltre. Il loro modo di affrontare le sofferenze con gioia divenne d’esempio e di incoraggiamento per molte altre persone, al punto che quando Paolo portava il Vangelo in nuove città, già si era sparsa la voce di come il Vangelo aveva potentemente agito a Tessalonica.

Non sottovalutare l’impatto del tuo esempio per la fede di altri credenti. A volte non ci rendiamo conto di quanto altri credenti osservano la nostra vita o come il nostro modo di affrontare determinate situazioni potrebbe impattare sulla loro fede. Non sarebbe bello se la Chiesa Viva di Locarno fosse un esempio di fede per altre chiese? Se la fama della fede che abbiamo in Dio si spargesse in tutto il cantone o anche oltre?

La loro fu una forte testimonianza per altri nuovi credenti, perché la loro conversione a Dio ebbe chiare conseguenze. La prima fu che non solo scelsero di abbandonare i loro vecchi idoli, ma anche di “servire il Dio vivente e vero”. Non può esserci una genuina conversione a Dio senza che ci sia anche un sincero desiderio di servirlo.

La differenza tra un idolo e Dio è che Lui è un Dio vivente, nel senso che è un Dio che si interessa attivamente alla nostra vita e che diventa per noi fonte di vita e di gioia. Non ha dunque più senso ricercare soddisfazione negli “idoli”, ovvero là dove la ricercavamo prima di conoscere Gesù.

Forse pensi che noi non abbiamo idoli da abbandonare, ma un idolo è qualsiasi cosa che adoriamo, qualsiasi cosa che prende il posto di Dio nella nostra vita. Un idolo è un’espressione di ribellione a Dio. Convertirsi a Dio significa dunque accettare l’autorità di Dio come unica via di salvezza.

Noi serviamo inoltre un Dio vero, che porta alla luce tutte le menzogne che teniamo rinchiuse nel nostro cuore. Se hai scelto di servire il Dio vero, allora permettigli anche di portare alla luce tutto ciò che ti impedirebbe di essere un esempio per altri.

Se ti rendi conto che a un certo punto della tua vita tendi a tornare a vecchie abitudini o che cerchi di trovare soddisfazione o gioia al di fuori di Dio, ricorda che hai scelto di servire un Dio vivente e vero che desidera soddisfare ogni bisogno del tuo cuore.

Lasciati ispirare dall’esempio dei Tessalonicesi e rivolgiti al Dio vivente e vero per scoprire ciò che Lui ha da offrirti. Non lasciarti ingannare da falsi idoli, Dio ti ama troppo per condividerti con loro e ha molto di più da darti che qualsiasi idolo morto.

Il desiderio di servire Dio non è però l’unica conseguenza di una genuina conversione a Dio. Cambierà anche il nostro modo di vedere il futuro e l’eternità.

Aspettando il ritorno di Cristo

Vi siete convertiti dagl’idoli a Dio… per aspettare dai cieli il Figlio suo che egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall’ira imminente. (1 Tessalonicesi 1:9b-10)

Il termine “aspettare” indica un’attesa con trepidazione, il non vedere l’ora che qualcosa avvenga. Io, ad esempio, a fine novembre ho ordinato dei nuovi mobili per il mio ufficio che però non sono ancora arrivati. Sapevo che il tempo di attesa era di 8-10 settimane, ma non vedo l’ora che arrivino. Ogni settimana che passa senza che i mobili arrivano sono un po’ deluso, ma continuo ad aspettare perché so che prima o poi arriveranno.

Lo stesso vale per la nostra vita cristiana. Ogni nuova generazione di credenti ha il diritto di aspettarsi che il Signore torni mentre è ancora in vita. Le generazioni passate che hanno sperato la stessa cosa, sono forse state deluse, ma non hanno sicuramente sbagliato nell’avere quell’aspettativa.

Se viviamo aspettandoci il ritorno di Cristo, saremo automaticamente stimolati a voler essere pronti per quel giorno. Io, ad esempio, ho già iniziato a riordinare l’ufficio in previsione dei nuovi mobili e cerco di essere pronto per quando riceverò la chiamata dalla ditta che me li fornirà. So che dovrò preparare tutto velocemente per facilitare i lavori. In che modo l’aspettativa di un imminente ritorno del Re potrebbe cambiare la tua prospettiva?

Prima di morire in croce, di risorgere e di tornare in cielo, Gesù esortò i suoi discepoli a non essere turbati. Descrisse il cielo come la casa del Padre suo con molte stanze e poi aggiunse:

Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi. (Giovanni 14:3)

Il punto centrale di Paolo è che noi aspettiamo il ritorno di Gesù Cristo che è stato risuscitato dai morti e questo è il presupposto per poterci aspettare che è proprio questo Gesù “che ci libera dall’ira imminente” di Dio che si abbatterà su tutti coloro che rifiutano suo Figlio (Giovanni 3:36). L’ira di Dio si riverserà sul mondo a causa del peccato, ma noi sappiamo che non siamo destinati a subire l’ira di Dio, perché Cristo ha preso su di sé la punizione che noi avremmo meritato.

Gesù Cristo ha pagato il prezzo per i nostri peccati ed è stato punito al posto nostro. Se credi in Lui allora non hai nulla da temere, perché è l’Agnello sacrificale che è stato sacrificato al posto tuo. Se senti che il pensiero del ritorno di Cristo di mette ansia, rifletti su queste parole di Paolo e fa tua la promessa che Gesù ti libera dall’ira imminente.

Abbiamo dunque visto che il messaggio del Vangelo è un messaggio di gioia, che Gesù vuole mettere nel nostro cuore tramite lo Spirito Santo. Questa gioia ci spingerà a voler servire Dio con tutto il nostro cuore e ad aspettare, desiderandolo fermamente, il ritorno di Cristo.

Quale dei due aspetti ti sfida maggiormente: il servire Dio con tutto il tuo cuore nonostante le sofferenze o l’aspettare, desiderandolo fermamente, il ritorno di Cristo nonostante sia passato già così tanto tempo senza che sia già tornato?

In quale di questi due aspetti potresti diventare ancora di più un esempio per altri credenti? Ricorda che la gioia per fare tutto questo viene dallo Spirito Santo che ci dà anche la forza. Quindi non provare a farcela da solo, perché ti garantisco che fallirai!

Amen

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