È Dio soltanto a definire il tuo valore
Daniele Scarabel
Pastore
Negli ultimi mesi abbiamo conosciuto Giacobbe, il patriarca che fu scelto da Dio nel grembo di sua madre per essere il portatore delle promesse date ad Abraamo e Isacco. Lo abbiamo conosciuto come colui a cui Dio diede il nome di Israele, ma lo abbiamo anche conosciuto per essere stato un abile ingannatore per gran parte della sua vita.
Genesi 35 è l’ultimo capitolo dedicato principalmente alla vita di Giacobbe, perché in seguito l’attenzione si sposterà su suo figlio Giuseppe. Perciò vogliamo tentare oggi di dare una valutazione alla sua vita. Come valuteresti nel suo insieme la vita di Giacobbe? Diresti che è stata un successo, spiritualmente parlando? Oppure pesano di più i suoi fallimenti?
Siamo fortunati, perché Giacobbe stesso, ci dice ciò che lui stesso pensa della sua vita. Perciò, prima di entrare nel vivo di Genesi 35, faremo un salto verso la fine del libro della Genesi. E credo che ciò che scopriremo, aiuterà anche noi a vedere la nostra vita con altri occhi e a valutarla applicando il giusto metro di misura.
Quale metro di misura applichi alla tua vita?
In Genesi 47 ritroviamo Giacobbe all’età di 130 anni che, dopo aver ritrovato Giuseppe in Egitto, il figlio che credeva essere morto, ebbe un significativo incontro con il faraone:
Il faraone disse a Giacobbe: «Quanti sono gli anni della tua vita?» Giacobbe rispose al faraone: «Gli anni della mia vita nomade sono centotrenta. I miei anni sono stati pochi e travagliati e non hanno raggiunto il numero degli anni dei miei padri, al tempo della loro vita nomade». (Genesi 47:8-9)
L’aspetto interessante di questo incontro è la sincera risposta che Giacobbe diede al faraone, che ci perché ci permette di capire come lui stesso ha valutato la propria vita. Infatti, disse: “I miei anni sono stati pochi e travagliati”. La Diodati traduce addirittura: “pochi e cattivi”. E in parte ha certamente ragione. Giacobbe ha vissuto in fuga per la maggior parte della sua vita. Pur essendo chiaramente colpevole dei propri peccati, è stato imbrogliato, maltrattato e tradito dalla sua stessa famiglia. Una figlia è stata violentata, la sua amata moglie Rachele è morta, e ha vissuto decenni nella convinzione che il suo amato figlio Giuseppe fosse morto.
Aggiunse inoltre di non aver raggiunto il numero degli anni dei suoi padri, e non credo che si stesse riferendo solamente all’età, anche se suo padre Isacco e suo nonno Abraamo vissero rispettivamente 180 e 175 anni. Giacobbe si rendeva probabilmente anche conto di non aver raggiunto spiritualmente tanto quanto suo padre e suo nonno. Riesci a sentire il profondo rimpianto nella sua voce? La sua vita ha avuto più dolori che gioie. Eppure, sono convinto che Giacobbe stesse sbagliando nella sua valutazione. Era così miope da riuscire a vedere solo ciò che era andato storto, riusciva a vedere solo ciò che ha sbagliato. E il nocciolo della questione è che in quel momento non riusciva a vedere sé stesso come lo vedeva Dio!
Giacobbe è stato anche grandemente benedetto dal Signore. È sfuggito al fratello che voleva ucciderlo. È diventato enormemente ricco a spese di un suocero che ha cercato di imbrogliarlo. Gli sono stati dati 12 figli e decine di nipoti. Gli fu restituito il figlio perduto, Giuseppe, e la sua famiglia fu salvata dalla carestia. E, soprattutto, fu portatore delle potenti promesse del Dio dell’universo, come avevano fatto i suoi padri prima di lui.
Non è spesso così anche nella nostra vita? Come valuti tu la tua vita? Che metro di misura stai applicando per valutare la tua vita? Vedi solo ciò che è andato storto o riesci a vedere anche tutte le volte nelle quali il Signore ti ha benedetto e protetto? Ricorda però ciò che dice Salomone in Proverbi 24 riguardo alla differenza tra un giusto e un empio:
Perché il giusto cade sette volte e si rialza, ma gli empi sono travolti dalla sventura. (Proverbi 24:16)
Il giusto non è colui che cammina sempre con Dio nella perfezione, senza mai cadere. Ciò che lo differenzia dall’empio è piuttosto la sua volontà di rialzarsi ad ogni caduta per ricercare nuovamente Dio e per riprendere il suo cammino con Lui. Non sono le volte che cadi e fallisci a definire il tuo valore, bensì ciò che Dio pensa di te e soprattutto come Dio agisce in te!
Ritorna a Betel
E così, tornando a Genesi 35, vediamo un Giacobbe che si rialzò dopo l’ennesimo fallimento descritto in Genesi 34, con il rapimento di sua figlia Dina e con la violenta reazione dei suoi fratelli. Come rispose Giacobbe a quel fallimento? O meglio, come rispose Dio? Dio gli apparve per la quarta volta dopo la prima esperienza a Betel di 30 anni prima e, in sostanza, gli stava chiedendo di tornare alla sua presenza:
Dio disse a Giacobbe: «Alzati, va’ ad abitare a Betel; là farai un altare al Dio che ti apparve quando fuggivi davanti a tuo fratello Esaù». (Genesi 35:1)
Dio chiese a Giacobbe di fare tre cose: di lasciare la città di Sichem, di andare a Betel e di costruire un altare. Quando Giacobbe incontrò per la prima volta Dio durante la sua fuga da Esaù, giunse a un luogo chiamato Luz, che poi Giacobbe chiamò “Betel”, ovvero “casa di Dio”, perché fu in quel luogo che ebbe per la prima volta un incontro intimo e personale con Dio.
In quell’occasione, Giacobbe fece una promessa dicendo: “Se Dio è con me, se mi protegge durante questo viaggio che sto facendo, se mi dà pane da mangiare e vesti da coprirmi, e se ritorno sano e salvo alla casa di mio padre, il SIGNORE sarà il mio Dio” (Genesi 28:20-21). Dio ha certamente mantenuto le sue promesse, ma Giacobbe?
Riportandolo a Betel è come se Dio gli stesse dicendo: “Alzati e smetti di rimandare l’adempimento della tua promessa, cammina nel perdono che sto per offrirti”. Ma non solo, Dio desiderava anche offrire a Giacobbe un luogo nel quale dimorare alla sua presenza e nelle sue benedizioni. Conosci quel luogo nella tua vita? Sai come tornare alla presenza di Dio?
Una curiosità in questo testo sta nel fatto che Dio chiese a Giacobbe di costruire un altare “al Dio che ti apparve quando fuggivi davanti a tuo fratello Esaù”. È la prima volta nell’intero libro della Genesi che troviamo una simile richiesta da parte di Dio. E, in un certo senso, è come se Dio stesse dicendo a Giacobbe che Lui è sia il Dio dei giorni gloriosi, della benedizione, ma anche il Dio che lo ha guidato attraverso un lungo e sofferente percorso di crescita e guarigione. Che Lui non è solo il Dio dei giorni in cui tutto va bene, ma anche il Dio di quando tutto sembra andare storto nella vita. Ed è ciò che vuole dire anche a te oggi!
Nei versetti da due a sette vediamo poi Giacobbe fare esattamente ciò che Dio gli ha chiesto di fare. Il ritorno a Betel richiedeva una preparazione spirituale e perciò Giacobbe fece togliere tutti gli dèi stranieri dal loro mezzo e chiese a tutta la sua famiglia di purificarsi e di cambiare i vestiti in preparazione all’adorazione del Signore a Betel. C’è qualcosa che dovresti o potresti fare anche tu oggi, per prepararti a incontrare nuovamente Dio?
È degno di nota che Giacobbe si riferì a Dio come al “Dio che mi esaudì nel giorno della mia angoscia e che è stato con me nel viaggio che ho fatto” (Genesi 35:3). Quando infatti giunsero a Betel e Giacobbe vi costruì un altare a Dio per adempiere finalmente al voto che aveva fatto 30 anni prima, ribattezzò quel luogo “El-Betel”, letteralmente “Dio di Betel”. E lo fece per ricordare a sé stesso che il Dio che gli era apparso mentre fuggiva da suo fratello era lo stesso che era ancora lì ad aspettarlo.
Come vediamo dall’esempio di Giacobbe, Dio prende sul serio le nostre promesse di volerlo seguire con tutto il nostro cuore e di fare di Lui il nostro unico Dio, promesse che facciamo nelle più svariate situazioni della nostra vita. Avrai certamente avuto anche tu momenti nella tua vita nelle quali ti sarai rivolto a Dio in questi termini…
Ma anche a noi capita di scordare le nostre promesse o di rimandarne l’adempimento. Eppure, il Signore è lì ad aspettarti e troverà il modo di riportarti a Betel, nel luogo della sua presenza e della sua benedizione. Se in questo momento senti la voce di Dio che ti dice: “Alzati, torna alla mia presenza e adempi alle promesse che mi hai fatto”, non rimandare!
Riconosci il valore che hai agli occhi di Dio
Guardiamo ora a ciò che Dio fece in risposta a questo atto di obbedienza da parte di Giacobbe:
Dio apparve ancora a Giacobbe, quando questi veniva da Paddan-Aram, e lo benedisse. Dio gli disse: «Il tuo nome è Giacobbe. Tu non sarai più chiamato Giacobbe, ma il tuo nome sarà Israele». E lo chiamò Israele. (Genesi 35:9-10)
Ricordate? Dio aveva già cambiato il nome di Giacobbe in Israele. Perché lo rifece? Lo fece perché, come capita spesso anche a noi, Giacobbe aveva bisogno di risentirsi dire da Dio: “Giacobbe, tu non sei più Giacobbe l’ingannatore. Non è più il tuo peccato a definire il tuo valore. Tu ora sei Israele e il tuo valore sta nel fatto che Io ti ho scelto per essere il tuo Dio!”.
E per la prima volta dopo tanto tempo, Giacobbe cammina nella direzione giusta per comprendere l’amore di Dio per lui nella sua profondità. E Dio aggiunse:
Io sono il Dio onnipotente; sii fecondo e moltìplicati; una nazione, anzi una moltitudine di nazioni discenderà da te, dei re usciranno dai tuoi lombi; darò a te e alla tua discendenza dopo di te il paese che diedi ad Abraamo e ad Isacco. (Genesi 35:11-12)
Con queste parole Dio gli sta ricordando: “Giacobbe, le promesse che ho fatto prima ancora che tu uscissi dal grembo di tua madre non sono cambiate. Solo perché ti sembra che la tua vita nel suo insieme sia un fallimento. Ai miei occhi, non lo è. E continuerò a fare le cose che ho promesso di fare perché sono il Dio onnipotente!”.
Non è grandioso? El Shaddai, il Dio onnipotente, che può portare a compimento qualsiasi cosa nella tua vita è colui dichiara l’immenso valore che tu hai ai suoi occhi! Dio non ti è fedele perché ne sei degno o all’altezza, ma a motivo di chi Lui è, e del suo amore per te!
Abbiamo iniziato il messaggio di oggi guardando a come Giacobbe ha riassunto la sua vita non valutandola applicando il giusto metro di misura. E vorrei concludere il messaggio guardando a un’altra valutazione, a quella che Gesù Cristo diede di sé stesso in Matteo 11:
Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero. (Matteo 11:28)
Gesù descrive sé stesso come mansueto e umile di cuore, e sono queste due caratteristiche che fanno di Lui colui che dà speranza a dei vagabondi come Giacobbe. E credo che ognuno di noi possa in un qualche modo identificarsi con la vita di Giacobbe. Anche tu avrai forse dei rimpianti guardando indietro alla tua vita. Situazioni nelle quali avresti voluto agire diversamente e che forse hanno segnato la tua vita. Anche tu hai magari fatto delle promesse a Dio, che finora non sei stato in grado di adempiere.
Posso dunque invitarti, come fece Giacobbe, a tornare a Betel? A tornare al Dio che è sempre stato con te nel viaggio che hai fatto? Al Dio che in Cristo Gesù ti chiede di abbandonare ogni rimpianto, ogni decisione sbagliata, ogni senso di colpa, ogni vergogna e di abbracciare il perdono Che Dio ci offre nel Vangelo per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo?
Anch’io, come voi, mi porto dietro un bagaglio dal mio passato. Ma fortunatamente il mio valore non è definito da questi miei errori, e nemmeno il tuo, perché abbiamo un Dio misericordioso e pieno di amore che ha messo suo Figlio, il suo unico Figlio, su una croce per noi, e che ha pagato per noi la pena per il nostro peccato, per i nostri passi falsi, per le nostre decisioni sbagliate e per le volte in cui abbiamo camminato al di fuori della volontà di Dio.
È il Dio che oggi ti dice in Cristo: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” a definire il tuo valore. È Lui a spingerci a camminare in obbedienza. È Lui ad attirarci sempre di nuovo a sé. È ciò che Lui ha fatto e fa per noi a fare di me e di te un figlio, una figlia di Dio. È ciò che Lui ha fatto per noi in croce a dare riposo alla nostra anima.
Non importa che tu ti sia allontanato da Dio per cinque minuti o per cinquant’anni, Dio oggi ti invita a tornare a Betel, a tornare alla sua presenza e a godere delle sue benedizioni. Ti invita a rivalutare la tua vita guardandola con i suoi occhi e a non permettere che siano i tuoi fallimenti a definire il tuo valore, ma che sia l’amore di Dio per te a definirlo!
Amen