Il Leone di Giuda

22 Dicembre 2024

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Siamo quasi giunti alla fine del nostro viaggio attraverso il libro della Genesi e anche Giacobbe, l’ultimo dei grandi patriarchi, è arrivato alla fine della sua vita. In Genesi 49 lo ritroviamo, all’età di 147 anni, pronto a compiere il suo ultimo e più solenne compito: benedire i suoi figli. Giacobbe raduna i suoi figli per pronunciare delle benedizioni profetiche:

Vi annunzierò ciò che vi avverrà nei giorni a venire. (Genesi 49:1)

Con gli anni Giacobbe, che non è sempre stato un buon padre, ha acquisito saggezza ed è stato in grado di vedere oltre l’apparenza. Le sue non sono, infatti, semplici parole di addio ai suoi figli prima di morire, bensì profezie ispirate da Dio che preannunciano il futuro delle dodici tribù di Israele e che puntano verso il piano di Dio per la salvezza del mondo.

Giacobbe conosce profondamente i suoi figli. Le sue parole sono allo stesso tempo una rivelazione del carattere dei suoi figli, un’anticipazione delle conseguenze delle loro scelte e una proclamazione del piano di Dio, che culmina nella venuta del Messia, Gesù Cristo, il Leone della tribù di Giuda.

Benedizioni e verità profetiche per ciascun figlio

Il primo fu Ruben (vv. 3-4): “Impetuoso come l’acqua”, il primogenito che però perse la “preminenza” a causa del suo peccato. Una dura lezione alla quale anche noi dobbiamo prestare attenzione: il peccato e l’instabilità caratteriale possono farci perdere opportunità che Dio aveva preparato per noi.

Fu poi il turno di Simeone e Levi (vv. 5-7): “Le loro spade sono strumenti di violenza”. La loro ira e vendetta sanguinaria a Sichem (Genesi 34) portarono alla dispersione delle loro tribù. Simeone divenne la tribù più piccola, mentre i discendenti di Levi ottennero una nuova opportunità diventando i sacerdoti d’Israele, pur non avendo una terra propria. Questo ci mostra come Dio può trasformare anche una storia di violenza in uno strumento di servizio.

Zabulon (v. 13): “Abiterà sulla costa dei mari”. Questa tribù prospererà attraverso il commercio marittimo e sarà collocata strategicamente tra il Mediterraneo e il Mar di Galilea.

Issacar (vv. 14-15): “Un asino robusto”. Forte ma pigro, incline a preferire la comodità piuttosto che la libertà. Una profezia che ci invita a riflettere sul rischio di essere capaci ma non volenterosi di servire Dio con impegno.

Dan (vv. 16-18): “Giudicherà il suo popolo”. Sebbene la tribù di Dan produrrà giudici come Sansone, sarà anche causa di idolatria in Israele.

Fu poi il turno di tre fratelli, ai quali Giacobbe riserva solo brevi parole (vv. 19-21). Gad sarà combattente e vittorioso contro i nemici. Ascer sarà una tribù che riceverà abbondanza e ricchezza. Neftali sarà una tribù libera come una cerva, nota per le sue “belle parole” come il cantico di Debora e Barac in Giudici 5.

Più spazio viene dato a Giuseppe (vv. 22-26): “Un albero fruttifero vicino una sorgente”, che ricevette la doppia parte di eredità e fu benedetto con abbondanza e prosperità. Le tribù guidate dai suoi figli, Efraim e Manasse, diventeranno potenti e numerose.

Ancora una volta, la benedizione ricevuta da Giuseppe ci ricorda che anche attraverso le difficoltà, Dio compie i Suoi piani. Nessun momento difficile della nostra vita è sprecato agli occhi di Dio, ma può essere un tassello fondamentale per la sua opera. Allo stesso modo, anche la tua attuale sofferenza non è un segno di abbandono da parte di Dio, ma potrebbe essere un trampolino verso qualcosa di più grande.

Infine, abbiamo Beniamino (v. 27): “Un lupo rapace”. Una tribù guerriera che genererà sia figure problematiche (re Saul) che eroi della fede come l’apostolo Paolo.

Le benedizioni di Giacobbe rivelano alcune verità centrali anche per noi. Così come Giacobbe non pronuncia parole generiche, ma parole specifiche per ciascun figlio, Dio conosce anche il tuo carattere, le tue fragilità, i tuoi doni e le tue potenzialità. Cosa rivelerebbero di te le parole di Dio se dovesse descrivere il tuo carattere e le tue scelte?

Un altro aspetto è che le nostre scelte portano conseguenze: Ruben, Simeone e Levi persero benedizioni a causa del peccato e della loro mancanza di autocontrollo. Il loro peccato ebbe un impatto non solo sulla loro persona, ma anche sulla loro eredità e sul loro futuro. Stai vivendo in modo da onorare Dio con ciò che ti è stato affidato? Sei fedele nei piccoli e grandi aspetti della tua vita?

In generale possiamo vedere come il piano di Dio è più grande di noi: ogni tribù ha un ruolo nel piano eterno di Dio. Anche se alcune sembrano avere ruoli minori, tutte sono parte della Sua promessa. Sei disposto a fidarti del ruolo che Dio ha assegnato alla tua vita, anche se sembra piccolo o nascosto?

Giuda: il leader scelto per guidare il popolo

Tra tutte le benedizioni, quella data a Giuda non solo supera le altre per significato, ma punta direttamente alla venuta del Messia, il Re eterno. In Genesi 49:8 Giacobbe dichiara:

Giuda, te loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sul collo dei tuoi nemici; i figli di tuo padre si inchineranno davanti a te. (Genesi 49:8)

Giuda è identificato come il futuro leader tra i fratelli. Storicamente, infatti, la tribù di Giuda divenne una delle tribù più importanti di Israele. Re Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio, proveniva dalla tribù di Giuda, così come anche Gesù Cristo!

Da un punto di vista teologico, questo passaggio evidenzia la sovranità di Dio nello scegliere e benedire chi Lui vuole per i suoi scopi. E questo ci mostra che le benedizioni di Dio sono spesso legate al suo più grande piano di redenzione, poiché la discendenza di Giuda porta alla nascita di Gesù Cristo, il Messia promesso, il Salvatore del mondo.

Giacobbe dice: “Giuda è un giovane leone… chi oserà farlo alzare?” (v. 9). L’immagine del leone rappresenta il coraggio, la forza e la regalità della tribù di Giuda. Da una parte questa metafora profetica anticipa le vittorie militari di Davide e la stabilità della sua dinastia, ma queste parole sono anche un chiaro riferimento alla forza e alla sovranità del Messia, conosciuto come “Il Leone della tribù di Giuda” (Apocalisse 5:5).

Giuda non era perfetto, ma il suo pentimento e la sua trasformazione lo resero il candidato scelto da Dio. Questo fatto sottolinea come spesso “il SIGNORE non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo” perché, come Egli stesso ribadì al profeta Samuele quando gli ordinò di scegliere Davide come re di Israele: “L’uomo guarda all’apparenza, ma il SIGNORE guarda al cuore” (1 Samuele 16:7). Cosa ti insegna questo sulla grazia di Dio nella tua vita?

Questo passaggio serve a ricordarci del potenziale che Dio vede in ciascuno di noi. Giuda non era il primogenito e non era nemmeno senza macchia, ma Dio lo scelse per essere un leader e per essere l’antenato dei più grandi re d’Israele, incluso il Messia. Giuda non ricevette la guida di Israele per merito personale, ma perché questo faceva parte del piano di Dio.

Come reagisci quando Dio ti chiama a un ruolo importante, nonostante i tuoi limiti? Per esperienza personale so quanto può essere difficile accettare un ruolo che Dio ha previsto per noi, se guardiamo solo ai nostri limiti. Ciò che mi aiuta è ricordare che, se sono dove sono ora è solo per la grazia di Dio, e cerco di fare mie le parole che Paolo scrisse a Timoteo:

Io ringrazio colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù, nostro Signore, per avermi stimato degno della sua fiducia, ponendo al suo servizio me. (1 Timoteo 1:12)

L’invito che possiamo trarre da questa benedizione profetica di Giuda è di confidare nella chiamata che Dio ha per te sulla tua vita e di impegnarti a crescere nel ruolo che Dio ha previsto per te, anche se al momento non ti senti ancora qualificato per ricoprirlo. La nostra qualifica non viene da come il mondo ci vede, bensì dalla nostra identità in Cristo.

La prospettiva eterna del regno messianico

La profezia di Giacobbe non si limita al destino terreno delle tribù di Israele. Le sue parole guardano oltre, verso un futuro glorioso, in cui Giuda diventerà la tribù da cui sorgerà il Messia, il Re eterno che porterà pace, giustizia e salvezza. In Genesi 49:10 leggiamo:

Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né sarà allontanato il bastone del comando dai suoi piedi, finché venga colui al quale esso appartiene e a cui ubbidiranno i popoli. (Genesi 49:10)

Il senso di queste parole è che Giuda terrà saldamente in mano lo “scettro”, ovvero il simbolo di autorità e potere regale sulle altre tribù di Israele, fino a quando non verrà colui al quale appartiene un’autorità e un potere che si estenderanno oltre Israele.

Questo ci rimanda alla visione del profeta Daniele:

Ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo… gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto. (Daniele 7:13-14)

Entrambe queste profezie sono una chiara anticipazione di Gesù Cristo, il Re supremo, il Messia, al quale “ogni potere è stato dato in cielo e sulla terra” (Matteo 28:18). Ma come arrivò questo Re? Non come un leone, bensì con l’umiltà di un bambino nato in una mangiatoia.

A Natale celebriamo proprio questa realtà: il Leone di Giuda è venuto nel mondo come un Agnello, umile e mansueto, per portare pace tra Dio e l’uomo (Luca 2:14). La nascita di Gesù a Betlemme è la realizzazione di questa promessa, il segno che Dio mantiene le sue promesse.

La sua venuta non riguarda solo Israele, perché “a Lui ubbidiranno i popoli” e questo ci ricorda che Cristo è il Salvatore di tutte le nazioni, che è venuto “per essere luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Luca 2:32).

In Genesi 49:11-12, troviamo altre immagini che descrivono il futuro regno messianico:

Egli lega il suo asinello alla vite e il puledro della sua asina alla vite migliore; lava la sua veste col vino e il suo mantello col sangue dell’uva. Egli ha gli occhi rossi dal vino e i denti bianchi dal latte. (Genesi 49:11-12)

Queste parole poetiche e profetiche parlano di un regno futuro che sarà caratterizzato da abbondanza e pace. La vite sarà così rigogliosa che un asinello potrà essere legato ad essa senza rischio di rovinarla. Il vino, simbolo di gioia e prosperità, sarà tanto abbondante da essere usato persino per lavare i vestiti. Il riferimento agli “occhi rossi dal vino” e ai “denti bianchi dal latte” è un ulteriore immagine della potenza e del potere del futuro re.

Tutto ciò non è però solo un riferimento alla gloria futura. La gioia che celebriamo a Natale per la nascita del Figlio di Dio è un’anticipazione della gioia eterna che troveremo in Cristo. Eppure, non possiamo ignorare che queste immagini puntano anche alla croce. Il vino richiama il sangue di Cristo, versato per la nostra salvezza (Matteo 26:27-28). Il futuro regno messianico di abbondanza e gioia è stato acquistato a caro prezzo, con il sacrificio del nostro Re.

La gioia del Natale e la vittoria del Leone di Giuda

Giacobbe, alla fine della sua vita, guardava oltre il presente. Con gli occhi della fede, vedeva un futuro glorioso, un futuro in cui dalla tribù di Giuda sarebbe sorto un Re eterno, il Messia. Questo Re, Gesù Cristo, è venuto con l’umiltà di un bambino nella mangiatoia, ma è anche “il Leone della tribù di Giuda ha vinto” (Apocalisse 5:5).

Ricordiamo che Cristo è il Leone che ha trionfato, il Re che tornerà in gloria per stabilire il Suo regno eterno. La sua venuta è il cuore del Natale: un Dio che si è fatto uomo per portare luce nelle tenebre, speranza nei cuori feriti, salvezza a chiunque crede in Lui.

In quale aspetto della tua vita senti di aver bisogno della vittoria del Leone di Giuda? Ci sono aree in cui ti senti sopraffatto, prigioniero del peccato o senza speranza? Ricorda: Gesù è venuto per liberarti.

Il Natale non è solo un ricordo di un evento storico, ma un invito a vivere nella luce della vittoria di Cristo, lasciando che la sua pace e regalità trasformino il nostro cuore. In questo Natale, cosa significa per te accettare Cristo come Re della tua vita?

Amen

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