Il tesoro nascosto nell’incertezza
Daniele Scarabel
Pastore
Negli ultimi mesi abbiamo studiato la storia di Giuseppe, con tutti i suoi alti e bassi. Abbiamo visto Giuseppe attraversare momenti di profonda desolazione spirituale, per poi essere nuovamente innalzato da Dio. Dio stava chiaramente preparando Giuseppe per un incontro molto speciale: quello con i fratelli che lo avevano venduto come schiavo in Egitto, e che non aveva più visto da oltre vent’anni.
La settimana scorsa ci siamo fermati in un momento di grande suspense. I fratelli di Giuseppe erano tornati a casa con sacchi pieni di grano, ma senza Simeone, trattenuto da Giuseppe come ostaggio, e con l’ordine di tornare in Egitto portando con sé Beniamino, il loro fratello più giovane, se volevano acquistare altro grano.
Come avrebbe reagito Giacobbe? Come avrebbero superato questa difficile situazione? Oggi scopriremo come possiamo aspettarci un tesoro inaspettato della grazia di Dio, anche nel mezzo dell’incertezza.
Non aggrapparti a ciò che dovresti lasciare andare
E giunsero da Giacobbe, loro padre, nel paese di Canaan e gli raccontarono tutto quello che era loro accaduto, dicendo: «L’uomo che è il signore del paese ci ha parlato aspramente e ci ha trattati come spie del paese.» (Genesi 42:29-30)
Un aspetto interessante è che qui vediamo Giacobbe chiamato con il suo vecchio nome. Ricorderete che, dopo aver lottato con Dio, il Signore stesso gli cambiò il nome in Israele. Eppure, nel racconto, continua a essere chiamato con entrambi i nomi. Questo è significativo anche per noi perché, anche se è vero che, come cantiamo, “Alleluia, tutto nuovo fa il Signore. La vecchia vita non c’è più!”, le vecchie abitudini sono difficili da abbandonare. Spesso, nella nostra vita cristiana, ci ritroviamo a lottare contro di esse. Ed è normale!
Quando vuotarono i sacchi con il grano e scoprirono che dentro c’erano anche tutti i soldi che avevano lasciato in Egitto in cambio del grano, furono presi dalla paura. Anche Giacobbe fu colto dalla disperazione, dicendo:
Voi mi avete privato dei miei figli! Giuseppe non è più, Simeone non è più, e mi volete togliere anche Beniamino! Tutte queste cose pesano su di me! (Genesi 42:36)
Giacobbe stava dando per scontato che anche Simeone fosse morto, ed era in preda al panico, temendo di perdere pure Beniamino. Povero Giacobbe, viene spontaneo provare compassione per lui… Vediamo anche quanto fosse caotica e disfunzionale quella famiglia. Ruben, il primogenito, offrì addirittura al padre di far morire i suoi figli se non avesse riportato Beniamino sano e salvo! Ma Giacobbe restò irremovibile, dicendo:
Mio figlio non scenderà con voi; perché suo fratello è morto, e questo solo è rimasto: se gli succedesse qualche disgrazia durante il vostro viaggio, fareste scendere con tristezza i miei capelli bianchi nel soggiorno dei morti. (Genesi 42:38)
Questo ci mostra quanto fossero radicate in Giacobbe le vecchie abitudini. Non pregò, non menzionò Dio; la sua unica preoccupazione era di non morire nella tristezza. Tutto ruotava attorno a lui, e non era pronto a fidarsi di Dio.
Avete mai sentito parlare della trappola indiana per scimmie? Consiste in una noce di cocco svuotata e legata a uno steccato con una catena. Dentro la noce c’è del riso, che la scimmia può prendere infilando la mano nel buco. Ma quando stringe il pugno attorno al riso, non riesce più a estrarre la mano e resta intrappolata. Così era Giacobbe: il suo aggrapparsi a Beniamino gli impediva di affidare la situazione a Dio.
Anche noi dobbiamo riflettere regolarmente se ci sono cose nella nostra vita a cui ci aggrappiamo e che non vogliamo lasciare andare. Il problema è che, quando la nostra vecchia natura prende il sopravvento, difficilmente riusciamo a lasciare andare ciò a cui teniamo. Ecco perché Paolo scrive ai Galati:
Io dico: camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne. Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. (Galati 5:16-17)
L’invito è chiaro: ascolta lo Spirito Santo e permettigli di guidarti! Perché, se non lo fai, come ci dimostra il resto della storia, Dio potrebbe costringerti a lasciare andare ciò a cui ti aggrappi, per la sua grazia! C’è qualcosa che ti impedisce di dire: “Signore, mi fido completamente di te e sono disposto a lasciarti il controllo, anche su ciò a cui tengo di più?”
L’unico modo per non lasciare che la tua vecchia natura prenda il sopravvento è camminare secondo lo Spirito. In Cristo abbiamo tutta la libertà di accedere alla potenza dello Spirito di Dio nei nostri cuori durante tutta la giornata. È una scelta che puoi fare ogni mattina!
Apri la mano e lascia andare ciò a cui tieni; ma con saggezza!
Or la carestia era grave nel paese. Quando ebbero finito di mangiare il grano che avevano portato dall’Egitto, il padre disse loro: «Tornate a comprare un po’ di viveri». (Genesi 43:1-2)
Giacobbe stava vivendo un conflitto interiore: senza grano sarebbero morti, ma l’idea di perdere anche Beniamino lo bloccava. Possiamo comprendere bene l’esitazione di Giacobbe. Ognuno di noi deve affrontare la sfida di affidare a Dio ciò che ci sta più a cuore, ma siamo davvero disposti a fidarci di Dio per ciò che amiamo, anche quando ci sentiamo vulnerabili o perdiamo il controllo?
Giacobbe cercò di ignorare il problema, ma Giuda fu categorico: senza Beniamino, non torniamo in Egitto! A quel punto, Giacobbe cambiò tattica, cercando di riversare la colpa sui figli, dicendo: “Perché mi avete fatto questo torto di dire a quell’uomo che avevate ancora un fratello?” (Genesi 43:6). Ma Giuda ribadì che non ebbero scelta e si fece avanti dicendo:
Lascia venire il ragazzo con me; ci leveremo e andremo, così vivremo e non moriremo: né noi, né tu, né i nostri piccini. Io mi rendo garante di lui. Ridomandane conto alla mia mano. Se non te lo riconduco e non te lo rimetto davanti, io sarò per sempre colpevole verso di te. (Genesi 43:8-9)
Qui vediamo un cambiamento rispetto al Giuda che aveva suggerito di vendere Giuseppe come schiavo. La sua disponibilità al sacrificio è un segno che Dio stava operando anche nel suo cuore, dopo le numerose scelte sbagliate fatte in passato. È bello pensare che proprio dalla tribù di Giuda nacque la famiglia reale: Davide, Salomone… fino ad arrivare a Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore! Così, alla fine, Giacobbe cedette:
Allora Israele, loro padre, disse loro: «Se così è, fate questo: prendete nei vostri sacchi le cose più squisite di questo paese e portate a quell’uomo un dono: un po’ di balsamo, un po’ di miele, degli aromi e della mirra, dei pistacchi e delle mandorle. Prendete con voi il doppio del denaro, e riportate il denaro che fu rimesso alla bocca dei vostri sacchi; forse fu un errore. Prendete anche vostro fratello e andate, tornate da quell’uomo.» (Genesi 43:11-13)
Questi versetti evidenziano quanto Giacobbe fosse riluttante a lasciar andare Beniamino, ma anche che agì con molta saggezza, inviando dei doni nella speranza di ottenere il favore di quell’uomo che aveva il pieno controllo della situazione. Giacobbe fece un passo di fede, pur agendo basandosi sulla propria saggezza ed esperienza. Una cosa non esclude l’altra! Giacomo 1:5 ci sfida dicendo:
Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. (Giacomo 1:5)
Confidare in Dio non significa che non possiamo agire usando la saggezza che Lui stesso ci dona. Come affronti le situazioni difficili nella tua vita? Ci sono due rischi. Il primo è agire d’impulso, senza coinvolgere Dio. Il secondo è spiritualizzare troppo, buttando tutta la responsabilità su Dio senza però fare ciò che rientra nella nostra responsabilità.
Perciò prova a porti le seguenti domande: come puoi trovare un equilibrio tra l’agire con saggezza e il confidare pienamente in Dio quando si tratta di prendere decisioni difficili? Sei pronto a fare tutto il possibile, chiedendo saggezza a Dio, pur lasciando l’esito dei tuoi sforzi nelle sue mani?
Confida nel Dio onnipotente
Giacobbe continua dicendo:
«Dio onnipotente vi faccia trovar grazia davanti a quell’uomo, così che egli vi rilasci l’altro vostro fratello e Beniamino. Se devo essere privato dei miei figli, che io lo sia!» (Genesi 43:14)
Per la prima volta in tutta questa storia, si parla di Dio. Dopo aver deciso di mandare i suoi figli, incluso Beniamino, in Egitto, Giacobbe innalza una preghiera al Dio onnipotente, El Shaddai, chiedendo che fosse Dio ad aiutare i suoi figli a trovare grazia davanti a quell’Egiziano.
La frase “Se devo essere privato dei miei figli, che io lo sia!” indica che Giacobbe era preparato al peggio, pur sperando nel meglio. Sapeva di aver fatto tutto il possibile dal punto di vista umano per proteggere i suoi figli, e ora doveva lasciare il resto nelle mani di Dio.
La preghiera di Giacobbe e la sua accettazione della volontà di Dio ci sfidano a considerare come gestiamo le nostre paure e incertezze. Essere consapevoli che, in ultima analisi, molte situazioni sfuggono al nostro controllo può aiutarci a fare quel passo di fede necessario per lasciare il controllo nelle mani di Dio. Siamo disposti ad affidare a Dio le nostre preoccupazioni più profonde, anche quando il risultato è incerto?
Il fatto che Giacobbe utilizzi il nome di Dio El Shaddai non è casuale. In Genesi 28, suo padre Isacco lo benedisse con le parole: “Il Dio onnipotente ti benedica” (Genesi 28:3), e in Genesi 35, quando Dio disse a Giacobbe di stabilirsi a Betel e riconfermò che il suo nuovo nome sarebbe stato Israele, Dio gli si presentò dicendo: “Io sono il Dio onnipotente” (Genesi 35:11). El Shaddai è un riferimento a Dio come potenza assoluta e suprema dell’universo.
Come credenti, siamo chiamati ad avvicinarci a Dio con le nostre richieste, confidando nel suo potere e nella sua misericordia, ma anche pronti ad accettare la sua volontà, qualunque essa sia, sapendo che dietro a tutto c’è un Dio d’amore. L’amore di Dio è evidente nel modo in cui si prende cura di Giacobbe e della sua famiglia durante le loro prove. Mentre Giacobbe temeva il peggio, l’amore di Dio era già all’opera, guidando e proteggendo la sua famiglia in modi che Giacobbe non avrebbe mai potuto prevedere. Proprio come afferma il Salmo 32:
Molti dolori subirà l’empio; ma chi confida nel SIGNORE sarà circondato dalla sua grazia. (Salmo 32:10)
Noi possiamo essere certi che la grazia di Dio è con noi se confidiamo in Lui, perché ce ne ha dato l’esempio più grande permettendo il sacrificio di suo Figlio Gesù Cristo in croce al posto nostro. Questo sacrificio è la massima espressione della misericordia e dell’amore di Dio. Attraverso Gesù, abbiamo accesso alla grazia e al perdono di Dio.
A volte, Dio, nella sua provvidenza, ordina le circostanze della nostra vita in modo da spingerci in situazioni in cui l’unica opzione che abbiamo è fidarci di Lui, di affidarci al Dio onnipotente. Se ci costringe ad affrontare le nostre paure, mettendoci in situazioni che non sceglieremmo mai da soli, lo fa perché sta lavorando affinché la nostra intera vita sia allineata con la sua volontà. È anche questo il senso delle parole di Paolo in Romani 8:
Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. (Romani 8:28)
Mandando Beniamino in Egitto, Giacobbe fu costretto a fare ciò che più temeva. E mentre i suoi figli erano in viaggio, Giacobbe restò a casa con una domanda nel cuore: “Cosa succederà loro?” Ed è proprio nel mezzo di questa profonda incertezza che Dio stava preparando per Giacobbe e la sua famiglia un tesoro inaspettato.
Voglio dunque concludere incoraggiandoti a ricercare il tesoro della grazia, che il Dio onnipotente ha preparato per te anche nel mezzo della più profonda incertezza! C’è qualcosa a cui ti stai aggrappando oggi? Qualcosa che non riesci a lasciare nelle mani di Dio? Forse Dio sta cercando di aiutarti a farlo, per condurti a una nuova fase della tua vita, a una benedizione che non puoi ancora vedere.
Amen