Il Vangelo che ci tiene insieme

28 Dicembre 2025

Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Vi è mai capitato di aprire un vecchio album di famiglia? Pagine piene di foto un po’ ingiallite, con volti di persone che magari non conoscete nemmeno. Forse non ricordiamo tutto di loro, forse non sappiamo più che lavoro facessero o dove abitassero, ma una cosa è certa: fanno parte della nostra storia.

Quando arriviamo a Romani capitolo 16 succede qualcosa di molto simile. Dopo quindici capitoli di Vangelo profondo, intenso, a volte anche un po’ impegnativo, Paolo chiude la sua lettera con… un elenco di nomi. Non proprio il finale che ci aspetteremmo… Eppure, è come se Paolo ci mostrasse il suo album di famiglia. Non teorie, ma volti. Non concetti, ma persone reali.

Questi nomi non sono messi lì per caso. Sono la prova che la grazia di Dio non è rimasta un’idea astratta o un bel discorso, ma è diventata visibile in una chiesa vera, fatta di persone vere.

La lettera non termina però solo con dei saluti finali. Paolo sa che ciò che la grazia costruisce è prezioso, e proprio per questo va custodito nella verità. L’unità non è automatica, non è scontata. È un dono che va protetto. E infatti Paolo termina parlando non tanto della chiesa, ma di Dio. È come se dicesse: “Tutto questo non sta in piedi da solo, ma per la fedeltà di Dio.”

Romani 16 diventa così il sigillo di tutta la lettera: è il Vangelo che ci tiene insieme. Non le nostre forze, non le nostre somiglianze, ma la grazia che ci ha raggiunti e che continua a tenerci uniti in Cristo.

La grazia crea una nuova famiglia in Cristo (Romani 16:1–16)

Paolo apre questo capitolo con una lunga lista di nomi. Dapprima raccomanda alla chiesa di accogliere Febe, poi saluta persone concrete della chiesa di Roma: Prisca e Aquila, Epeneto, Maria, Andronico e Giunia, e molti altri ancora.

A noi questi nomi possono sembrare lontani, ma per Paolo non sono anonimi. Dietro ogni nome c’è una storia, una relazione, una testimonianza della grazia di Dio all’opera.

Paolo non sta semplicemente salutando. Dopo quindici capitoli in cui ha spiegato cosa significa essere giustificati per grazia, uniti a Cristo e inseriti in un unico corpo, ora ci mostra il risultato concreto di tutto questo: il Vangelo ha creato una famiglia.

Dalla lista di nomi emerge che la chiesa di Roma è una comunità variegata: uomini e donne, persone visibili e altre che hanno servito in silenzio, ebrei e gentili, famiglie che aprono la loro casa per accogliere. Paolo li guarda e li definisce tutti nello stesso modo: persone che sono “in Cristo.

Questa è la loro identità più profonda. Non sono definiti dal loro passato, dal loro ruolo sociale o dalla loro importanza, ma dalla grazia che li ha uniti a Gesù. Ed è una parola liberante anche per noi: per chi si sente ancora segnato dagli errori del passato, ma anche per chi rischia di definirsi da ciò che fa o dal ruolo che ricopre nella chiesa.

Ci riconosciamo davvero in questa identità? Stiamo imparando a guardarci — e a guardarci gli uni gli altri — come persone definite prima di tutto dalla grazia che abbiamo ricevuto in Cristo?

Quando questa identità è accolta, cambia il modo in cui viviamo insieme come chiesa. Perché la chiesa non è il risultato di persone compatibili che si sono scelte, ma è il frutto del Vangelo che ha messo insieme persone che, umanamente, non avrebbero avuto motivo di stare insieme.

A questo punto, la domanda non è solo: che tipo di chiesa era quella di Roma? La domanda diventa inevitabilmente: che tipo di chiesa stiamo diventando noi?

Anche la nostra chiesa è fatta di persone: alcune molto visibili, altre quasi invisibili. Eppure, davanti a Dio, nessuno è secondario. Nel Vangelo non esistono comparse.

Guardando all’anno che si conclude, possiamo ringraziare Dio per ciò che è stato costruito tra di noi: relazioni, perseveranza, piccoli atti di amore che forse nessuno ha notato, ma che Dio ha visto. Questa è la vera opera del Vangelo: formare un popolo.

Romani 16 ci invita a riconoscerci come parte di questa storia. Non spettatori, ma membri. Non consumatori, ma famiglia, tenuta insieme dalla grazia di Dio.  

Ti senti parte di ciò che Dio sta costruendo tra di noi?

La grazia custodisce la chiesa nella verità (Romani 16:17–24)

Ora vi esorto, fratelli, a tenere d’occhio quelli che provocano le divisioni e gli scandali in contrasto con l’insegnamento che avete ricevuto. Allontanatevi da loro. Costoro, infatti, non servono il nostro Signore Gesù Cristo, ma il proprio ventre; e con dolce e lusinghiero parlare seducono il cuore dei semplici. Quanto a voi, la vostra ubbidienza è nota a tutti. Io mi rallegro dunque per voi, ma desidero che siate saggi nel bene e incontaminati dal male. Il Dio della pace stritolerà presto Satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi. (Romani 16:17-20)

Qui il tono di Paolo cambia improvvisamente. In mezzo a un capitolo pieno di affetto e riconoscenza, inserisce un avvertimento molto chiaro: “Vi esorto, fratelli, a tenere d’occhio quelli che provocano le divisioni e gli scandali in contrasto con l’insegnamento che avete ricevuto”.

Paolo sa che ciò che la grazia costruisce è prezioso, e proprio per questo va custodito. L’unità della chiesa non è fragile, ma è preziosa. E tutto ciò che è prezioso va protetto.

Qui Paolo non parla più di differenze di carattere o di gusti personali. Parla di qualcosa di più profondo: di insegnamenti e atteggiamenti che allontanano dal cuore del Vangelo. Persone che, magari con parole persuasive, finiscono per servire sé stesse invece di servire Cristo.

Ricorda: non tutto ciò che suona spirituale conduce davvero a Gesù.

A volte, senza accorgercene, il centro si sposta. Non perché vogliamo allontanarci dal Vangelo, ma perché qualcosa prende lentamente il suo posto.

Può succedere che il centro diventi la nostra esperienza: ciò che sentiamo, ciò che viviamo, ciò che riusciamo a fare. Si parla molto di crescita, di vittoria, di risultati, ma sempre meno della croce, della grazia, del bisogno quotidiano di Cristo. È quello che accadde ai Galati: Paolo dovette scrivere loro perché, pur essendo partiti bene, stavano scivolando verso un cristianesimo basato sulle proprie prestazioni invece che sulla grazia. Gesù non era più il fondamento, ma lo sfondo.

Altre volte il centro diventa il giudizio. Ci si concentra su chi è dentro e chi è fuori, su chi fa le cose “nel modo giusto” e chi no. Pensiamo ai farisei: conoscevano le Scritture, erano zelanti per la verità, ma avevano perso il cuore di Dio. Si parla di verità, ma senza l’umiltà del Vangelo. E la verità, senza grazia, smette di essere una buona notizia e diventa una barriera.

Altre volte ancora il centro diventa ciò che funziona: quello che cresce, quello che si vede, quello che produce risultati. È la tentazione che attraversa tutta la storia della chiesa: misurare la fedeltà con i numeri, confondere il successo visibile con la benedizione di Dio. Tutto sembra buono, tutto sembra spirituale, ma se non ci conduce a una dipendenza più profonda da Gesù, rischia di portarci altrove.

Paolo direbbe semplicemente questo: state attenti. Non per vivere nella diffidenza, ma per restare centrati. Perché, quando il Vangelo smette di essere il centro, anche le cose buone possono diventare motivo di divisione.

La vera unità non nasce dal mettere da parte la verità, ma dal rimanere centrati su di essa. La grazia non elimina il discernimento; lo rende possibile. Una chiesa fondata sulla grazia non è ingenua, ma vigile. Non sospettosa, ma attenta. Non divisiva, ma profondamente radicata nel Vangelo.

E proprio qui Paolo inserisce una promessa che cambia tutto: “Il Dio della pace stritolerà presto Satana sotto i vostri piedi”. Non dice che la chiesa deve vincere da sola. Dice che Dio ha già vinto. Il male, la divisione e la menzogna non hanno l’ultima parola.

La chiesa non combatte per conquistare una vittoria, ma resiste partendo da una vittoria già ottenuta in Cristo.

Custodire la comunione non significa vivere nella paura o nel controllo, ma nella fiducia. Non siamo chiamati a difendere la chiesa con le nostre forze, ma a rimanere fedeli al Vangelo che ci ha generati. È Cristo che protegge il suo corpo. È Cristo che protegge il suo corpo. È Dio che custodisce ciò che la grazia ha creato.

Dopo questo avvertimento, Paolo lascia che anche altri mandino i loro saluti: Timoteo, Lucio, Giasone e Sosìpatro; Tèrzio, che ha scritto la lettera; Gaio, che ospita la chiesa nella sua casa; Erasto, il tesoriere della città; e Quarto, “il fratello”. Tutti insieme mostrano una comunione più grande: persone diverse, in luoghi diversi, con ruoli diversi, ma unite dallo stesso Vangelo.

Paolo potrebbe concludere qui, con la benedizione semplice e decisiva del versetto 24: “La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con voi”. Ma non si ferma. Perché sa che la chiesa non vive solo di buoni desideri, ma della potenza di Dio che agisce nella sua grazia.

La grazia che ci rende saldi fino alla fine (Romani 16:25-27)

A colui che può fortificarvi secondo il mio vangelo e il messaggio di Gesù Cristo, conformemente alla rivelazione del mistero che fu tenuto nascosto fin dai tempi più remoti, ma che ora è rivelato e reso noto mediante le Scritture profetiche, per ordine dell’eterno Dio, a tutte le nazioni perché ubbidiscano alla fede, a Dio, unico in saggezza, per mezzo di Gesù Cristo sia la gloria in eterno. Amen. (Romani 16:25-27)

Queste parole sono il punto di arrivo di tutto ciò che Paolo ha detto fin qui. Dopo aver parlato della grazia che crea una famiglia e della grazia che custodisce la chiesa nella verità, ora Paolo fa l’unica cosa possibile: sposta completamente lo sguardo su Dio.

La prima cosa che afferma è questa: Dio può fortificarvi.

Paolo non dice che la chiesa deve fortificare sé stessa. Non dice: “Adesso tocca a voi dimostrare di aver capito tutto.” Dice che è Dio a renderci saldi. La sicurezza della chiesa non dipende dalla sua maturità, ma dalla fedeltà di Dio.

La stessa grazia che ci ha giustificati quando eravamo senza forza è la grazia che ci sostiene nel tempo. Dall’inizio alla fine, il Vangelo non sposta mai il peso su di noi, ma lo mantiene su Dio.

E Paolo aggiunge come Dio ci fortifica: “secondo il mio vangelo e il messaggio di Gesù Cristo.

Quindi: non secondo le nostre risorse, non secondo la nostra costanza, ma secondo Cristo. È Gesù il centro, il contenuto e il fondamento della fede cristiana. Non siamo tenuti insieme da un’idea, ma da una persona. Non da un sistema, ma da una croce e da una risurrezione.

Poi Paolo parla di un mistero che ora è stato rivelato. Il piano di Dio, nascosto per secoli, è diventato visibile in Cristo: un Vangelo che raggiunge tutte le nazioni, che crea un solo popolo, che porta a quella che Paolo chiama “l’ubbidienza della fede” — una vita che nasce dalla fiducia, non dalla paura; dalla grazia, non dalla prestazione.

E tutto culmina nella gloria di Dio: “A Dio, unico in saggezza, per mezzo di Gesù Cristo sia la gloria in eterno.”

La teologia conduce alla lode. Il Vangelo conduce all’adorazione.

Quando la grazia è compresa davvero, la risposta non è lo sforzo, ma la gratitudine.

Amen

Altri sermoni

Quando Dio scrive la nostra storia

Quando Dio scrive la nostra storia

Hai mai avuto la sensazione che la tua vita non stia andando come avevi immaginato? Che qualcosa ti sia sfuggito di mano, o forse che qualcun altro stia scrivendo la tua storia… ma non nel modo che speravi? C’è chi guarda alla propria vita e vede solo una serie di...

Dio ci prepara una casa per sempre

Dio ci prepara una casa per sempre

La santificazione non è un progetto fai-da-te. Scopri perché non basta conoscere la legge per cambiare davvero… e come lo Spirito Santo rende possibile una vita nuova.

Nessuna condanna in Cristo

Nessuna condanna in Cristo

Ricordiamoci dell'ultima predica da un Paolo quasi disperato, che rifletteva sulla sua vita e doveva dire: «Non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Me infelice! Come posso stare davanti a Dio?». Dopo, nell'ultimo versetto del capitolo precedente,...