La bontà di Dio: un dono da non fraintendere

Daniele Scarabel
Pastore
Due settimane fa, uscendo da un tunnel autostradale, non ho prestato sufficiente attenzione al cartello che indicava il limite di 60 km/h a causa di un cantiere. Ho tolto il piede dall’acceleratore per rallentare, ma non abbastanza in fretta per evitare una multa di 120 franchi. Un errore del genere, se scoperto, ha di solito delle conseguenze.
Tuttavia, mi è capitato due volte di passare con il rosso all’incrocio delle Cinque Vie e, pur avendo fatto scattare il radar, non ho mai ricevuto alcuna multa. Sarebbe ora facile pensare che, se non c’è stata una conseguenza immediata, allora non ci sarà neppure la prossima volta. Ma è davvero così?
Eppure, quante volte ragioniamo in questo modo anche nel nostro rapporto con Dio? Se dopo un peccato non avvertiamo subito conseguenze, possiamo essere tentati di credere che Dio chiuda un occhio. In Romani 2, Paolo ci costringe però a confrontarci con una verità scomoda: Dio è buono, ma la sua pazienza non deve essere fraintesa come un’approvazione del peccato. E uno degli errori più comuni che facciamo è giudicare gli altri senza esaminare noi stessi. È proprio di questo che Paolo parla nei primi versetti di Romani 2.
Il giudizio di Dio che svela l’ipocrisia
Perciò, o uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile, perché nel giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi, fai le stesse cose. Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno tali cose è conforme a verità. Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio? (Romani 2:1-3)
Dopo aver descritto in Romani 1 il peccato evidente dei pagani, nel capitolo 2 Paolo si rivolge a tutti coloro che si considerano giusti o moralmente superiori agli altri, condannando molto direttamente la loro ipocrisia: chiunque giudichi gli altri è inescusabile, perché nell’accusare gli altri condanna sé stesso. La parola chiave è “inescusabile”, che indica l’assenza di una difesa valida. Coloro che giudicano gli altri si condannano da soli, perché non riescono a vivere all’altezza degli stessi standard che impongono.
Paolo si riferiva in particolare ai Giudei molto religiosi, che si sentivano moralmente superiori ai pagani, ma sta parlando anche a tutti noi. Quante volte siamo pronti a condannare i peccati degli altri, magari pensando: “Io non farei mai una cosa del genere”?
Ma Paolo ribatte: “Tu fai le stesse cose”. Questo non significa che commettiamo per forza esattamente gli stessi peccati esteriori di altre persone, ma che partecipiamo al peccato in altre forme, magari meno visibili agli occhi degli altri, ma non a quelli di Dio, come l’orgoglio, l’egoismo o il giudizio ingiusto.
Qui Paolo ci chiama a fare un esame di coscienza. Prima di giudicare qualcuno, dobbiamo chiederci: sto davvero vivendo con coerenza i valori che proclamo? Gesù ci invita a togliere prima la trave dal nostro occhio, prima di occuparci della pagliuzza nell’occhio di un altro (Matteo 7:3-5).
Paolo continua affermando che “il giudizio di Dio è conforme a verità”. A differenza del giudizio umano, spesso superficiale o parziale, Dio giudica secondo verità, cioè in base alla realtà oggettiva del cuore umano. Immagina un giudice che condanna un imputato per furto, ma che in segreto pratica l’evasione fiscale. Questo giudice non sarebbe credibile, né agli occhi umani né davanti a Dio. Allo stesso modo, quando giudichiamo gli altri senza esaminare noi stessi, riveliamo la nostra ipocrisia.
Quante volte critichiamo gli altri per i loro peccati, ignorando i nostri? Forse ci lamentiamo della mancanza di generosità degli altri, ma non siamo disposti a condividere il nostro tempo o le nostre risorse. Oppure condanniamo la durezza degli altri, senza accorgerci delle nostre risposte piene di cinismo che feriscono gli altri.
Paolo chiede: “Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio?”. Questa domanda non serve solo a mostrarci la nostra colpa, ma a portarci a Cristo. La realtà è che nessuno può sfuggire al giudizio di Dio, nemmeno chi si considera giusto. Ma la buona notizia è che Dio, nella sua grazia, non ci lascia senza speranza: in Cristo possiamo trovare perdono e una nuova vita.
Perciò, molto concretamente, prima di giudicare gli altri, prenditi del tempo per riflettere e chiederti: “Ci sono aree della mia vita in cui faccio esattamente ciò che sto criticando negli altri? Come posso dimostrare maggiore umiltà e meno ipocrisia nel modo in cui mi relaziono con gli altri?”
E quando ti senti spinto a giudicare, forse anche avendo ragione, prova a fare un passo indietro e a pregare per la persona che stai criticando. Chiedi a Dio di mostrarti come puoi essere un aiuto per lei, invece di un giudice. Prega per avere uno spirito di misericordia e umiltà, ricordando che anche tu dipendi dalla stessa grazia di Dio.
La bontà di Dio è un invito al ravvedimento
Oppure disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? Tu, invece, con la tua ostinazione e con l’impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio. (Romani 2:4-5)
Perché è così importante essere consapevoli della nostra ipocrisia? Perché, come ci ricorda Paolo in questi versetti, è altrimenti facile arrivare ad abusare della bontà di Dio. È facile pensare che l’assenza di punizioni immediate significhi che Dio non si preoccupi del nostro peccato. Ma Paolo ci avverte che la bontà di Dio non deve essere scambiata per indifferenza o approvazione, o addirittura come se fosse una licenza per continuare a peccare.
Al contrario, la pazienza di Dio ha uno scopo preciso: portarci al ravvedimento. La chiave è la parola “ravvedimento” (metanoia in greco) che implica un cambiamento radicale del nostro modo di pensare e della direzione che seguiamo nella nostra vita. Non è solo un’emozione di pentimento, ma una decisione concreta di abbandonare il peccato e tornare a Dio.
È come se Dio ci stesse dicendo: “Non scambiare la mia gentilezza per debolezza.” Dio non è indifferente al peccato, ma la sua pazienza è un’opportunità per tornare a Lui. Non ci tratta subito secondo i nostri peccati, perché desidera salvarci, non condannarci (Salmo 103:10). Se tutto nella tua vita sembra andare bene nonostante scelte sbagliate, non illuderti: forse Dio ti sta semplicemente dando tempo per ravvederti e sperimentare il Suo amore trasformante.
Paolo usa un’immagine potente al versetto cinque per descrivere cosa succede se fraintendiamo la bontà di Dio: “Tu, con la tua ostinazione e con l’impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d’ira”. Questo è un riferimento al giudizio finale da parte di Dio su tutte le persone che si sono rifiutate di ravvedersi e di accettare il suo perdono e la sua grazia. È come se ogni peccato non confessato fosse un deposito in un conto che sarà riscattato nel giorno del giudizio.
I credenti in Cristo non dovranno mai affrontare il grande giorno dell’ira di Dio, né presentarsi davanti al grande trono bianco del giudizio di Dio, perché Cristo ha preso la punizione per il nostro peccato al nostro posto, per grazia attraverso la fede. Se siamo in Cristo, non dobbiamo temere l’ira di Dio, ma possiamo comunque riflettere sulla nostra vita, perché Dio non è indifferente al peccato; la sua pazienza è un’opportunità, non un’approvazione.
Anche se Paolo qui si sta rivolgendo in particolare a coloro che si ritenevano moralmente migliori e giusti di fronte a Dio a motivo della loro religiosità, credo che possiamo comunque prendere spunto da questi versetti per chiederci: Sto abusando della pazienza di Dio, convincendomi che il mio peccato sia irrilevante e rimandando il cambiamento?
Ricorda che ogni giorno è un’opportunità per rispondere alla bontà di Dio con ravvedimento e di riconoscere che il suo amore e la sua pazienza sono un dono prezioso che richiede una risposta sincera da parte nostra. Ma c’è un’altra verità fondamentale che non possiamo ignorare: Dio è giusto e giudica ogni uomo con imparzialità. La sua pazienza è grande, ma il suo giudizio è certo.
Dio è imparziale: giusto verso tutti
Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere: vita eterna a quelli che con perseveranza nel fare il bene cercano gloria, onore e immortalità; ma ira e indignazione a quelli che, per spirito di contesa, invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all’ingiustizia. Tribolazione e angoscia sopra ogni uomo che fa il male, sul Giudeo prima e poi sul Greco; ma gloria, onore e pace a chiunque opera bene, al Giudeo prima e poi al Greco; perché davanti a Dio non c’è favoritismo. (Romani 2:6-11)
Qui Paolo introduce un principio universale, che troviamo già nell’Antico Testamento (Salmo 62:10 e Proverbi 24:12): Dio giudicherà ogni persona secondo le sue opere, come afferma anche Gesù in Matteo 16:27. Ma questo non significa che la salvezza dipenda dalle opere: Paolo stesso chiarisce più avanti che “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). Le opere non sono il mezzo della salvezza, ma il segno della fede genuina (Efesini 2:8-10). Allora cosa intende Paolo? Nei versetti 7-10, Paolo descrive due vie opposte:
- La via della perseveranza nel fare il bene: “Vita eterna a quelli che con perseveranza nel fare il bene cercano gloria, onore e immortalità” (v. 7). La salvezza è per grazia, ma le opere di una persona rivelano la sua fede: per chi è salvato, le opere mostrano il frutto della trasformazione operata da Dio (2 Corinzi 5:10).
- La via dell’egoismo e della disobbedienza: “Ira e indignazione a quelli che, per spirito di contesa, invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all’ingiustizia” (v. 8). Questi sono coloro che scelgono di seguire i propri desideri egoistici, rifiutando la verità di Dio.
Poi Paolo ripete con altre parole il concetto ai versetti 9 e 10 dicendo: “Tribolazione e angoscia sopra ogni uomo che fa il male… gloria, onore e pace a chiunque opera bene” (vv. 9-10). La ripetizione sottolinea l’universalità del giudizio di Dio: non importa se sei Giudeo o Gentile, ricco o povero. Davanti a Dio, tutti sono giudicati in modo equo, perché “davanti a Dio non c’è favoritismo” (v. 11).
Anche se questo pensiero del giusto giudizio di Dio potrebbe spaventarci, è in realtà un messaggio di speranza. Sebbene nessuno possa essere salvato per mezzo delle proprie opere, chiunque si affidi a Cristo può ricevere una nuova vita per grazia, per mezzo del suo sacrificio in croce per i nostri peccati. E a quel punto, le nostre opere diventano il frutto della nostra fede, una testimonianza della grazia di Dio che opera in noi.
La domanda da porci non è dunque: “Sono migliore degli altri?”, ma piuttosto: “Le mie azioni rivelano una fede autentica in Dio?”. Nessuno di noi può raggiungere gli standard perfetti di Dio. Le nostre opere, per quanto buone, non ci salveranno. Ma questo ci porta alla grazia: solo attraverso la fede in Cristo possiamo essere trasformati e vivere per piacere a Dio.
Dio è un giudice giusto e imparziale. Se ci giudicasse solo in base alle nostre opere, nessuno sarebbe salvato. Ma qui sta la grandezza del Vangelo: Dio stesso ha provveduto la soluzione in Cristo. Gesù ha preso su di Sé il nostro peccato e ci ha donato la Sua giustizia (2 Corinzi 5:21). In Lui possiamo ricevere la vita eterna per mezzo della fede (Romani 3:22-24). Questo significa che non dobbiamo vivere nella paura del giudizio, ma nella gratitudine per la grazia ricevuta. La nostra obbedienza non è la causa della nostra salvezza, ma il frutto della trasformazione che Dio opera in noi.
Paolo, in Romani 2:1-11, ci invita a riflettere: come stiamo rispondendo alla bontà e alla pazienza di Dio? Abbiamo visto che il suo giudizio è giusto e svela la verità del nostro cuore. Poi abbiamo detto che la sua bontà è un invito al ravvedimento, non un permesso per continuare nel peccato. E, infine, abbiamo visto che il suo giudizio è imparziale, ricordandoci che nessuno può salvarsi da solo.
Oggi Dio ti sta parlando. Come risponderai? Non rimandare il tuo ravvedimento, perché la Sua bontà non durerà per sempre. Ma sappi che la Sua grazia è disponibile per te oggi! Non importa quanto tu sia caduto, non c’è peccato troppo grande che Cristo non possa perdonare. “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori” (Ebrei 3:15). Apri il cuore a Lui e sperimenta la gioia della Sua misericordia.
Vivi ogni giorno sapendo che le tue azioni contano agli occhi di Dio. Non per guadagnare la salvezza, ma per glorificare Colui che ti ha salvato.
Amen