Libera il tuo cuore dal peso del peccato
Daniele Scarabel
Pastore
Nelle scorse settimane abbiamo visto come Dio ha agito nella vita di Giuseppe e della sua famiglia. Domenica scorsa ci siamo soffermati su Giacobbe, il padre, portato da Dio a fidarsi della Sua grazia e a lasciar partire l’amato figlio Beniamino per l’Egitto. Oggi, invece, ci concentreremo sui fratelli di Giuseppe, chiedendoci: “Come hanno affrontato la colpa di aver abbandonato il fratello e di averlo venduto come schiavo?”
Due settimane fa abbiamo visto come provassero già rimorso, dicendosi: “Sì, noi fummo colpevoli verso nostro fratello, giacché vedemmo la sua angoscia quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest’angoscia” (Genesi 42:21). Lo Spirito Santo stava chiaramente operando nei loro cuori, rivelando una colpa rimasta latente per oltre 20 anni e guidandoli verso un pentimento che avrebbe riconciliato la famiglia di Giacobbe e dato vita al popolo di Israele.
Oggi vorrei portarvi a comprendere che il processo del riconoscere il proprio peccato e di confessarlo è un processo necessario, perché serve a liberarci da un peso profondo.
È l’amore di Dio che ci spinge a confessare il peccato
Così, i fratelli di Giuseppe tornarono in Egitto, questa volta con Beniamino. Quando Giuseppe vide che Beniamino era con loro, ordinò al maggiordomo: “Conduci questi uomini in casa, macella e prepara tutto, perché mangeranno con me a mezzogiorno” (Genesi 43:16).
Non avevano ancora riconosciuto Giuseppe e, preoccupati, temevano di essere accusati di aver rubato il denaro usato per acquistare il grano nella visita precedente. Quando Giuseppe li fece condurre nella sua casa, temettero di essere resi schiavi ed espressero subito le loro paure al maggiordomo. Ma il maggiordomo li rassicurò dicendo:
Datevi pace, non temete; il vostro Dio e il Dio di vostro padre ha messo un tesoro nei vostri sacchi. Io ho avuto il vostro denaro. (Genesi 43:23)
Queste parole calmarono i loro timori e li spinsero a riflettere sulla sovranità di Dio. Il maggiordomo, con il suo “non temete”, li confortò e, allo stesso tempo, ricordò loro quanto Dio fosse presente nelle loro vite. Nominando “il vostro Dio e il Dio di vostro padre”, suggerì che Dio stava usando quel momento per richiamarli a una relazione più profonda con Lui.
Quando poi fece uscire Simeone dalla prigione e li accolse con cura in attesa del ritorno di Giuseppe, si capì chiaramente che Dio guidava ogni evento. Quella situazione, che i fratelli consideravano problematica, si rivelò in realtà essere una benedizione preparata da Dio. Dio, nel suo amore, stava dolcemente portandoli a riconoscere e ammettere le loro colpe.
Vediamo come il piano divino continuava a svilupparsi: al ritorno di Giuseppe, i suoi fratelli gli consegnarono i doni e “s’inchinarono fino a terra davanti a lui”, poi ancora “s’inchinarono e gli fecero riverenza” (Genesi 43:26.28). Si stava finalmente avverando il sogno che Giuseppe aveva avuto da giovane! Vedendo anche Beniamino, Giuseppe si commosse profondamente e dovette allontanarsi per piangere in segreto.
Eppure, i fratelli non avevano ancora compreso chi fosse. Giuseppe aveva cercato in ogni modo di indurli a domandarsi chi fosse quell’uomo potente, ma non sospettarono nulla, neppure quando il maggiordomo li dispose a tavola secondo l’ordine di nascita e diede a Beniamino una porzione cinque volte maggiore rispetto agli altri.
Giuseppe li stava mettendo alla prova, ma il fatto che non reagirono con invidia o risentimento dimostrava che erano maturati e che erano cambiati. L’amore di Dio è così evidente in questa scena: nonostante il peccato passato dei fratelli, Dio aveva orchestrato ogni dettaglio per farli riavvicinare e per portarli alla piena riconciliazione.
Questo capitolo ci mostra chiaramente come Dio desideri ristabilire ciò che è andato storto nella nostra vita, sia che siamo stati vittime di un torto, come Giuseppe, sia che siamo stati colpevoli, come i suoi fratelli. Dio stava conducendo i fratelli di Giuseppe a confrontarsi con il loro peccato, ma lo faceva con grazia e misericordia. Mentre loro si aspettavano durezza, ricevettero invece un’accoglienza inaspettata.
Questo è il cuore di Dio: giusto e pronto a punire il peccato, ma anche lento all’ira e pieno d’amore. Dio desidera che giungiamo al ravvedimento, perché è un Dio d’amore e non per il semplice desiderio di umiliarci o di punirci! Tenete a mente che la bellezza del Vangelo è che Gesù dice: “Il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto” (Matteo 18:11) e anche che: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Matteo 9:12).
Come faccio a saperlo? Perché lo sono anch’io! E la bellezza del Vangelo è che ci invita ad essere liberi dalla vergogna e dal senso di colpa. Perciò, se oggi lo Spirito Santo ti sta gentilmente spingendo a portare alla luce un tuo peccato, che sia vecchio o nuovo, sappi che lo sta facendo perché ha un profondo desiderio di essere in piena comunione con te!
Confessare il peccato alleggerisce il cuore
Giuseppe diede quest’ordine al suo maggiordomo: «Riempi i sacchi di questi uomini di tanti viveri quanti ne possono portare e metti il denaro di ciascuno di loro alla bocca del suo sacco. Metti la mia coppa, la coppa d’argento, alla bocca del sacco del più giovane, assieme al denaro del suo grano». Ed egli fece come Giuseppe aveva detto. (Genesi 44:1-2)
Nonostante i cambiamenti nei suoi fratelli, Giuseppe non era ancora convinto, così decise di metterli alla prova un’ultima volta. Dopo la loro partenza con i sacchi pieni di grano, mandò il maggiordomo a raggiungerli con l’accusa di aver rubato la sua coppa. I fratelli negarono con forza ogni coinvolgimento, dichiarando: “Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà la coppa sia messo a morte e noi pure saremo schiavi del tuo signore!” (Genesi 44:9).
Possiamo immaginare il loro shock quando la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino, ma il piano di Giuseppe funzionò alla perfezione: quei fratelli che vent’anni prima lo avevano venduto come schiavo “si stracciarono le vesti” (Genesi 44:13) e “si gettarono con la faccia a terra davanti a lui” (Genesi 44:14). Senza cercare scuse, Giuda disse:
Che diremo al mio signore? Quali parole useremo? O come ci giustificheremo? Dio ha trovato l’iniquità dei tuoi servi. Ecco, siamo schiavi del mio signore: tanto noi, quanto colui in mano del quale è stata trovata la coppa. (Genesi 44:16)
Questa è una vera confessione di peccato. Pur non essendo colpevoli del furto della coppa, i fratelli sapevano di essere colpevoli di aver venduto Giuseppe come schiavo. Nel profondo dei loro cuori riconoscevano che Dio stava rivelando una colpa rimasta nascosta troppo a lungo. Con le parole “Dio ha trovato l’iniquità dei tuoi servi”, Giuda stava riconoscendo che Dio li aveva spinti a prendere coscienza della loro profonda ingiustizia.
Nel Salmo 32, Davide descrive ciò che accade se proviamo a nascondere la nostra colpa:
Finché ho taciuto, le mie ossa si consumavano tra i lamenti che facevano tutto il giorno (Salmo 32:3).
È come cercare di mantenere una palla sott’acqua: ci si riesce per un po’, ma alla fine riemerge con forza, obbligandoci a sforzarci di nasconderla ancora.
E tu, come reagisci quando lo Spirito Santo porta alla luce una tua colpa, che sia per mezzo di circostanze esterne, di altre persone o semplicemente rendendoti consapevole del peso che ti porti dentro? Sei disposto a lasciare andare quel peso, fidandoti della misericordia di Dio? Se lo fai ecco cosa accade:
Beato l’uomo a cui la trasgressione è perdonata, e il cui peccato è coperto! Beato l’uomo a cui il SIGNORE non imputa l’iniquità e nel cui spirito non c’è inganno! (Salmo 32:1-2)
Talvolta attraversiamo periodi difficili, in cui nulla sembra andare per il verso giusto. Non significa necessariamente che Dio ci stia segnalando un peccato non confessato. Tuttavia, nei momenti di incertezza è saggio esaminare il nostro cuore per capire se ci sia qualcosa di non affrontato o mal risolto. Potrebbe essere utile pregare come fece Davide nel Salmo 139:
Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c’è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna. (Salmo 139:23-24)
Ti è mai capitato di chiedere a Dio di esaminare il tuo cuore? Quali verità nascoste potrebbero emergere dalla tua anima se tu lo facessi oggi? Ricorda che, è sempre la misericordia e il perdono di Dio che ci libera dal peso del peccato! Perché, come scritto in 1 Giovanni 1:9, “Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.
Dio non vuole che tu debba vivere col peso del tuo peccato sul cuore. C’è un peccato non confessato nella tua vita? Che cosa ti impedisce di portarlo al Signore? È forse anche il caso di confessarlo di fronte a qualcun altro? Porta queste domande in preghiera davanti al Signore e permetti allo Spirito Santo di guidarti nel fare la cosa giusta. Potrebbe essere un passo che ti porterà alla riconciliazione con chi hai ferito, come successe a Giuseppe e i suoi fratelli!
Un cuore leggero è pronto anche al ravvedimento
Ma Giuseppe disse: «Dio mi guardi dal far questo! L’uomo nella cui mano è stata trovata la coppa, lui sarà mio schiavo; quanto a voi, tornate in pace da vostro padre». (Genesi 44:17)
Nonostante la confessione di Giuda, Giuseppe sembrava intenzionato a scoprire se quei dieci fratelli, che vent’anni prima lo avevano venduto come schiavo senza rimorso, avrebbero permesso che lo stesso accadesse a Beniamino. O si erano davvero pentiti ed erano cambiati? Per questo respinse la proposta di Giuda e insistette che solo Beniamino restasse come schiavo.
Il discorso di Giuda nei versetti da 18 a 34 è il più lungo e appassionato della Genesi. Vent’anni prima i fratelli non avrebbero esitato ad abbandonare Beniamino, ma Dio aveva operato nel cuore di Giuda. Ora, piuttosto che tornare da suo padre senza Beniamino, Giuda era disposto a sacrificarsi. Alla fine, disse:
Ti prego, permetti ora che il tuo servo rimanga schiavo del mio signore invece del ragazzo e che il ragazzo se ne torni con i suoi fratelli. (Genesi 44:33)
Giuda, come portavoce dei fratelli, era pronto a fare qualcosa di inaspettato: sacrificarsi per salvare la vita di Beniamino. Sebbene tutti i fratelli mostrassero pentimento per come avevano trattato Giuseppe, fu Giuda a mostrare anche un sincero ravvedimento, ovvero un profondo desiderio di cambiare vita, di allontanarsi dal peccato e agire in armonia con la volontà di Dio.
Solo l’opera irresistibile dello Spirito Santo può spiegare una tale trasformazione nella vita di Giuda. Grazie a questo suo ravvedimento, Giuda avrebbe ricevuto da Giacobbe una benedizione unica: sarebbe stato lui, con la sua discendenza, a guidare la nazione di Israele (Genesi 49:8-12). Il suo amore e il sacrificio divennero un modello per l’intero popolo e per i futuri re di Israele.
Tuttavia, c’è Uno più grande di Giuda. Uno che, pur senza peccato, non meritava alcuna condanna: Cristo Gesù, il più grande figlio di Giuda, che ha rinunciato alla sua vita per noi, per poi risorgere a nuova vita e gloria.
Se è vero che Giuda ci mostra come un cuore alleggerito dal peccato e trasformato dal ravvedimento può spingerci ad agire in modo nuovo, è Gesù Cristo, che ora vive in noi, a darci la forza per seguire il Suo esempio. È Lui che ci trasforma, offrendoci il dono della Sua presenza e del Suo Spirito.
Quali aspetti della tua vita puoi affidare oggi a Cristo, sapendo che Lui vive in te e può darti la forza di cambiare? Sei pronto a lasciare che lo Spirito Santo operi nella tua vita, portandoti a fare scelte che onorano Dio?
Qualunque sia la natura della colpa che potresti sentire oggi nel tuo cuore, che si tratti di un peccato grande o di qualcosa che potrebbe sembrarti quasi insignificante, ti invito a non nasconderla, Se lo Spirito Santo l’ha portata alla luce, libera il tuo cuore dal peso del peccato portandolo davanti a Dio. Ma non per senso di colpa, bensì perché sai che Lui è il Dio che libera, che guarisce e che ci accoglie sempre.
Amen