L’impegno cristiano per il bene comune

14 Febbraio 2021

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Il capitano gli si avvicinò e gli disse: «Che fai qui? Dormi? Alzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo». (Giona 1:6)

Una delle principali tematiche del libro di Giona è che i credenti dovrebbero rispettare e amare il loro prossimo, comprese le persone di razza e religione diversa. Nel bel mezzo della tempesta che imperversava sul mare, Giona era letteralmente nella stessa barca dei marinai e degli altri passeggeri. Giona scelse però di tenere privata la sua fede e di non mettere a disposizione le sue risorse spirituali e personali per il bene comune.

Il capitano della nave rimproverò a Giona di non fare nulla per il bene comune. Con il suo comportamento durante la tempesta, Giona contraddice in ogni punto l’insegnamento della famosa parabola di Gesù del buon samaritano.

Il buon samaritano

Quando un dottore della legge cercò di mettere alla prova Gesù, volle sapere da lui cosa significasse esattamente il comandamento “Ama il tuo prossimo come te stesso” e così gli chiese “Chi è il mio prossimo?”. Gesù gli rispose con una parabola.

In quella storia un samaritano, in viaggio attraverso un luogo desolato e pericoloso infestato da briganti, si imbatte in un ebreo che è stato attaccato, derubato e lasciato ferito e morente sulla strada. Ebrei e samaritani erano nemici, ma il samaritano decide comunque di soccorrere l’uomo ferito. Poi lo porta in un luogo dove può essere curato e guarito, il tutto a spese del samaritano. A quel punto Gesù chiese al dottore della legge:

Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa». (Luca 10:36-37)

Giona e il samaritano rappresentano due opposti. Entrambi si ritrovano nella situazione di poter aiutare persone appartenenti a una razza e una religione diversa dalla loro. Giona è l’esempio negativo, mentre il samaritano è quello positivo. Con questi due esempi la Bibbia risponde a diverse domande sul come un credente dovrebbe gestire le sue relazioni sociali.

Chi è il mio prossimo? Prendendo l’esempio di un uomo che aiuta il suo nemico e dicendo: “Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa”, Gesù ci sta dicendo nel modo più chiaro possibile che chiunque si trovi nel bisogno è il nostro prossimo.

Come dovrei considerare il mio prossimo? Come una persona che Dio vorrebbe benedire. Rendendo il samaritano l’eroe della storia, Gesù vuole mostrarci che Dio può dare e dà doni di bontà morale, saggezza e amore a tutte le persone. È il concetto della “grazia comune”, la grazia che spinge Dio a donare innumerevoli benedizioni a tutte le persone, anche a coloro che non credono e che non saranno mai salvati.

Cosa significa amare il mio prossimo? Rispondendo a questa domanda, Gesù descrive una persona – il samaritano – che si prende cura dei bisogni fisici, materiali ed economici molto concreti di una persona a lui estranea. Sono bisogni che ogni essere umano ha, indipendentemente dalla sua fede e dalla sua razza.

Gesù racconta una storia quasi inverosimile per sottolineare che per chi afferma di amare Dio la misericordia non è solo un’opzione, bensì un elemento decisivo. Il modo in cui il samaritano aiutò quel povero uomo fu senza dubbio fuori dall’ordinario, eppure Gesù ci dice: “Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa”.

Gesù sa che essere misericordiosi non fa parte della nostra natura umana, ma vuole anche mostrarci che ogni persona è degna di misericordia. Dietro la parabola di Gesù c’è una delle verità fondamentali della Bibbia, cioè l’insegnamento che ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio.

Imago Dei – l’uomo fatto a immagine di Dio

Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza…». (Genesi 1:26)

Nei secoli ci sono stati molti dibattiti su quali siano effettivamente i tratti specifici di Dio che rendono l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ma le parole di Dio hanno un significato di base molto semplice: Dio fece l’uomo simile a lui e gli diede l’incarico di rappresentarlo qui sulla terra. E questo non è cambiato nemmeno dopo che il peccato entrò nel mondo.

Anche se gli uomini sono peccatori, in loro rimane una misura di somiglianza con Dio sufficiente perché uccidere un’altra persona sia come attaccare la parte della creazione che maggiormente rappresenta Dio. Le implicazioni ovvie sono che non dobbiamo aggredire, sfruttare o fare violenza a nessuna persona (cfr. Genesi 9:6), ma la Bibbia dice che non dobbiamo nemmeno maledire o trattare nessuno in modo irrispettoso, perché siamo fatti a immagine di Dio (Giacomo 3:9).

Sarebbe bene riflettere più spesso sulla nostra somiglianza con Dio. Anche se il peccato ha enormemente contaminato la nostra somiglianza a Dio, dobbiamo renderci conto che più noi ci lasciamo trasformare dallo Spirito Santo a immagine di Cristo (cfr. 2 Corinzi 3:18), tanto più possiamo e dobbiamo riflettere anche praticamente questa immagine.

Dobbiamo inoltre ricordare che ogni singolo essere umano mantiene sempre lo status di essere a immagine e somiglianza di Dio. Non importa quanto l’immagine di Dio sia stata rovinata dal peccato, dalla malattia, dalla debolezza, dall’età o da qualsiasi altra disabilità. Di conseguenza deve essere trattato con dignità e rispetto.

Questo fatto ha dei profondi risvolti pratici per quanto riguarda il nostro rapporto con gli altri. Significa che persone di ogni razza sono degne di uguale dignità e di pari diritti. Significa che persone anziane, malati gravi, persone affette da ritardi mentali e i bambini che ancora non sono nati sono pienamente degni di tutta la nostra protezione e di tutto il nostro rispetto.

In che modo questa riflessione sull’uomo come portatore dell’immagine di Dio potrebbe cambiare il tuo modo di pensare e di agire rispetto a persone di etnie diverse o agli anziani, ai deboli e agli emarginati della nostra società? Come ti fa sentire questo aspetto quando ti relazioni con i non cristiani?

Come scrive Paolo ai Colossesi, dal momento che Cristo è entrato nella nostra vita, siamo stati “rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato” (Colossesi 3:10). A volte forse non ce ne rendiamo conto, ma di fatto, l’obiettivo per cui Dio ci ha redenti è che possiamo essere “conformi all’immagine del Figlio suo” (Romani 8:29).

Questo ha delle importanti ripercussioni sul nostro compito come rappresentanti di Dio sulla terra.

Rappresentanti di Dio – il sale della terra

Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta. (Matteo 5:13)

Come cristiani non possiamo pensare che il nostro ruolo nella vita sia strettamente quello di edificare la chiesa, per quanto questo sia cruciale. Se essere la luce del mondo significa annunciare Gesù Cristo come nostro unico Salvatore e nostra unica speranza eterna, essere il sale della terra significa cercare, insieme ad altri di buona volontà, il bene della società civile.

Le due immagini “luce e sale” non si possono separare: essere testimoni del regno di Dio e lottare per una società più giusta non si escludono a vicenda. Il pensiero che la fede sia una faccenda privata e non comporti nessun impegno nella società non è biblico. Il nostro compito come cristiani è duplice. Da una parte dobbiamo invitare le persone a Cristo, a riconoscere il loro peccato e ad accettarlo come Signore e Salvatore. Dall’altra parte dobbiamo però anche far conoscere l’etica biblica a tutte le persone.

È importante che la società sappia cosa dice la Bibbia su temi come il matrimonio, la famiglia, l’etica del lavoro, l’aborto, l’omosessualità, il razzismo, l’eutanasia, l’ecologia o altri temi attualmente in discussione. Pensiamo a quanto Gesù stesso ha trasformato la società dei suoi tempi con i suoi insegnamenti.

È quello che Dio desiderava per Ninive e anche per la nostra società. Qual è la giusta reazione di fronte al male o a un’ingiustizia? Dobbiamo stare attenti a non cedere a due tentazioni, opposte, da respingere fermamente:

  1. La tentazione del conformismo sociale: ovvero restare indifferenti alla violazione dei diritti, se non della dignità altrui, fintato che non mette in pericolo i miei diritti.
  2. La tentazione della ribellione: ovvero l’opposizione a tutto ciò che ha a che fare con il potere, il rifiuto di riconoscere allo stato la legittimità di arginare il male e di impedire che l’uomo si trasformi in lupo.

Talvolta lo stato abusa del proprio potere. Quando lo stato contrasta e offende le convinzioni cristiane “bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini” (Atti 5:29). Ma la questione è delicata e dobbiamo chiedere saggezza a Dio per sapere quando disubbidire e in che modo farlo.

Ad esempio per quanto riguarda l’attuale gestione della pandemia, c’è chi esorta il popolo a una rivolta e alla disubbidienza alle regole imposte. È la via giusta? Dall’altra parte dobbiamo anche porci la domanda se l’accettazione ubbidiente delle misure imposte attualmente potrebbe un giorno avere effetti negativi sulla nostra libertà di espressione come chiesa. Ci vuole veramente tanta saggezza e preghiera per capire come muoverci.

Cosa significa tutto questo praticamente per noi?

Alzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo. (Giona 1:6)

Il capitano della nave esortò Giona a pregare, ma Giona sapeva benissimo che per calmare la tempesta avrebbe dovuto fare di più che solo pregare. Similmente anche oggi alcuni potrebbero ora obiettare: “non basta se prego per le autorità?”.

La preghiera è certamente l’attività e l’arma principale della chiesa. Ci aiuta a ricercare la volontà di Dio e a non cadere in un inutile attivismo. Ma se prendiamo sul serio la preghiera d’intercessione per la politica e lo stato, non possiamo rimanere indifferenti e inattivi quando Dio ci chiama a cambiare qualcosa nel nostro paese. Pregare non può diventare una scusa per non fare niente.

La preghiera porta all’attività. Dio dà dei compiti, chiama, dà progetti concreti. Se un cristiano ha l’opportunità per ricoprire una carica pubblica e trasmettere i valori biblici dovrebbe farlo. Ma anche altrimenti abbiamo l’opportunità di alzare la nostra voce: partecipando alle votazioni, firmando petizioni, referendum e iniziative che promuovono l’etica biblica.

In che modo potresti tu stesso contribuire a diffondere e promuovere i valori cristiani? Cosa saresti disposto a fare? Non tutti siamo chiamati a fare politica attiva, ma possiamo ad esempio condividere i nostri valori parlando con amici, colleghi di lavoro o famigliari. Chiedi al Signore di guidarti e non temere il rifiuto o l’esclusione.

Se come cristiano cerchi di evitare tutte le discussioni e l’impegno politico stai essenzialmente dicendo che accetti lo status quo sociale. Poiché nessuna società umana riflette perfettamente la giustizia di Dio, i cristiani che si dicono apolitici stanno in realtà sostenendo molte cose che dispiacciono a Dio.

Dall’altra parte come cristiani non dovremmo nemmeno lasciarci strumentalizzare dalla politica. La chiesa non dovrebbe identificarsi con un partito politico come se fosse quello il partito cristiano. Cristiani coscienziosi, che cercano di obbedire alla chiamata di Dio, possono ragionevolmente apparire in posizioni diverse sullo spettro politico.

Se vogliamo seguire l’etica biblica e l’esempio della Chiesa primitiva, dovremmo ad esempio impegnarci in favore della giustizia sociale, dei poveri e degli stranieri, ma difenderemo anche la posizione che i rapporti omosessuali e l’aborto sono peccato.

Una di queste posizioni è tipicamente di sinistra, mentre l’altra è parte dell’agenda politica della destra conservatrice. Il punto è che molte posizioni bibliche sulle questioni sociali non si lasciano definire come tipicamente di destra o tipicamente di sinistra e non rientrano spesso negli allineamenti politici contemporanei.

Gesù ci proibisce di rifiutare l’aiuto al nostro prossimo e lui stesso ha avuto un forte impatto sulla politica e sulla società dei suoi tempi. D’altra parte, come successe a Gesù, a volte le nostre opinioni e il nostro aiuto non saranno accettati e verremo contrastati.

Ma anche se sperimentiamo un po’ di esclusione o persino di persecuzione, ci viene assicurato che se facciamo il nostro dovere, il mondo osserverà le nostre opere buone e darà gloria a Dio (1 Pietro 2:12). In effetti, se siamo solo offensivi o solo attraenti per la società e non entrambi, possiamo essere sicuri che non stiamo vivendo come dovremmo.

Il vangelo ci dà le capacità e le risorse per sostenere le nostre convinzioni etiche e morali e allo stesso tempo amare le persone che rifiutano sia il nostro credo che noi stessi. Pensa a come Dio ti ha conquistato. Non assumendo il potere, ma venendo nel mondo e rinunciando al potere per servirti. Come ti ha salvato Dio? Non è venuto con una spada in mano, ma con dei chiodi nelle mani. Non è venuto a portare il giudizio, ma a caricarsi del giudizio.

Laddove la storia di Giona ci ricorda il nostro fallimento nel mostrare la misericordia, la parabola del buon samaritano ci indica Gesù, il “grande samaritano”.  Non avremmo meritato nulla se non il suo rifiuto, eppure ha scelto di sacrificare la sua vita per noi.

L’esempio negativo di Giona e la parabola del buon samaritano ci fanno capire che la misericordia di Dio per noi e la nostra misericordia verso il prossimo sono strettamente legate. Finché non vediamo Gesù come il nostro personale buon samaritano, non saremo mai disposti a sacrificarci nel nostro amore per il prossimo.

Amen

 

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