L’unità nel corpo di Cristo

10 Settembre 2023

Video
Audio
Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Il motto di Chiesa Viva Svizzera è “Viviamo la chiesa” nel senso più ampio del termine. Vogliamo essere una chiesa “viva” perché laddove le persone entrano in contatto con Gesù Cristo nasce nuova vita. Cristo è colui che dona vita in abbondanza, vita eterna. Noi desideriamo essere una chiesa nella quale le persone possono vivere e condividere questa nuova vita.

Per questo, vogliamo diventare una chiesa che aiuta a connettere le persone tra di loro in Cristo. Connettere significa “mettere in contatto, congiungere, unire” e in senso figurativo “mettere in stretta relazione”. Connettere non significa altro che fare qualcosa insieme e in questo contesto significa che non siamo più soli nel vivere la vita cristiana, ma che siamo chiamati a condividere i pesi e le gioie della vita. Vogliamo vivere la vita e la fede insieme!

Parlare di unità come chiesa non vuol però dire che non ci sia nulla che ci separi. Unità non significa uguaglianza o uniformità. Unità significa essere diversi ma comunque connessi. Ma che cosa significa concretamente? Che cosa è che ci unisce? E come cresciamo in questa unità? L’Apostolo Paolo ce lo insegna nella lettera agli Efesini.

La nostra identità in Cristo

Io dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta… (Efesini 4:1)

Prima di arrivare alle esortazioni del capitolo 4, nei primi tre capitoli della lettera agli Efesini Paolo insiste su chi noi siamo in Cristo. Ciò che Cristo ha fatto con noi è il punto di partenza. Gesù ci ha portati in una nuova posizione davanti a Dio e agli altri. Ciò che era prima non conta più. Ecco alcuni esempi di ciò che siamo in Cristo secondo Paolo:

Santi e irreprensibili (1:4), figli di Dio (1:5), eredi di Dio (1:11), prima morti ora vivificati (2:1), salvati per grazia (2:5), opera di Dio (2:10), prima lontani ora avvicinati (2:13), concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio (2:19).

Tutto questo già lo siamo in Cristo a prescindere dalla chiesa. Questo è ciò che diventa chiunque riconosce il proprio peccato e il proprio bisogno di ricevere il perdono di Dio in Cristo. Cristo ha sacrificato sé stesso e ha dato la sua vita per noi, affinché potessimo godere di tutti questi privilegi.

A prescindere da chi siamo, o meglio: da chi eravamo, in Cristo abbiamo una nuova identità. Questa è la nostra “vocazione” di cui parla Paolo all’inizio del capitolo 4 dicendo: “vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta”. È come se Paolo ci dicesse: ricorda chi sei ora in Cristo e vivi di conseguenza!

Se però non partiamo da chi siamo in Cristo, tutto ciò che Paolo ci chiede di fare in seguito diventa un peso. È impensabile poter pretendere qualsiasi cosa da noi, senza aver prima sperimentato la potenza della risurrezione di Cristo in noi tramite lo Spirito Santo che ci vivifica.

Se ora riflettiamo insieme su come possiamo e dobbiamo vivere la comunione fraterna in chiesa, con tutte le sfide e le difficoltà che ciò comporta, lo facciamo partendo dal presupposto che in Cristo già siamo santi e irreprensibili, figli di Dio, eredi del suo regno, vivificati, salvati per grazia, opera di Dio, avvicinati, concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio.

Se ancora non hai sperimentato questo nella tua vita o se senti che questa nuova vita fatica a svilupparsi in te, allora prenditi del tempo per parlarne con Dio. Chiedigli di rinnovare la tua vita sulla base di ciò che Cristo ha fatto per te alla croce. Chiedigli di infondere, forse nuovamente, la forza e l’amore di Dio nel tuo cuore tramite lo Spirito Santo.

A volte abbiamo anche semplicemente bisogno di renderci nuovamente consapevoli della nostra identità in Cristo. Il fare, l’azione etica, deriva dall’essere. Ho però l’impressione che spesso come cristiani ci preoccupiamo più delle domande: cosa mi è permesso fare? Cosa non mi è permesso fare? Cosa è ancora lecito fare? Fino a che punto posso spingermi? E cosa è proibito?

La giusta domanda da porci non è però cosa mi è permesso fare o cosa è proibito, ma CHI SONO? Chi sono in Cristo? Solo su questa base posso vivere e comportarmi in modo degno della mia vocazione. Sei consapevole di chi sei in Cristo? Sei consapevole della posizione alla quale sei stato elevato in Cristo?

Cristo non è venuto semplicemente per renderci delle persone migliori, ma per vivificare delle persone morte! Partiamo dunque sempre dal chi siamo, dalla nostra nuova identità. Siamo stati resi santi e irreprensibili, dunque ora vogliamo vivere in modo giusto. Abbiamo sperimentato la grazia di Dio, dunque ora vogliamo vivere in questa grazia. Vogliamo vivere in modo degno di questa vocazione.

E questo ci riporta alla chiesa, al come dobbiamo vivere questa vocazione…

L’unità dello Spirito

…con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace. (Efesini 4:2-3)

Paolo ci presenta la chiesa come qualcosa di soprannaturale che solo Dio poteva creare per mezzo dello Spirito Santo. È lo Spirito Santo ad unire persone così diverse e di origini così diverse. È lui a creare questo legame soprannaturale che unisce la famiglia di Dio. E ora Paolo ci esorta ad esprimere e vivere in modo pratico ciò che lo Spirito Santo ha creato.

Dapprima con umiltà. L’umiltà è il coraggio di non elevarsi al di sopra degli altri. È il coraggio di farsi da parte e di non fare paragoni. Noi siamo figli del Re e come tali non abbiamo bisogno di vantarci, di paragonarci, di metterci in mostra. È al di sotto della nostra dignità.

Se ti risulta difficile essere umile, allora guarda alla croce! Se guardo alla croce riconosco di essere qualcuno che ha avuto bisogno che qualcuno morisse per me. E poi mi rendo conto che Cristo mi ha incoronato con grazia e misericordia. Posso allontanarmi dalla croce con nuova dignità, ma senza orgoglio.

Poi con mansuetudine. La mansuetudine è il coraggio di essere cortesi, gentili e di trattare gli altri con rispetto. Vogliamo apprezzarci gli uni gli altri, consapevoli della grazia che Cristo ci ha mostrato. Cristo ti dice: “Ti amo incondizionatamente”. Ci ha amati anche quando eravamo ancora lontani da Lui.

Se ti risulta difficile torna alla croce e chiediti con quale tipo di grazia Dio ti viene incontro. È perciò al di sotto della nostra dignità trattare altri con disprezzo o umiliarli. Se hai sperimentato la grazia di Dio sai di potere e dovere trattare gli altri con la stessa gentilezza con la quale Dio ha trattato te.

Con pazienza. La pazienza è il coraggio di dare tempo alle persone e ai loro processi. Noi siamo amati da un Dio dall’enorme pazienza, che si prende il tempo necessario per trasformarci a sua immagine. È un Dio lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà che ha dato suo Figlio per te, che si prende sempre di nuovo il tempo per attirarti a sé quando ti allontani.

Chi è connesso a questo Dio non ha bisogno di essere impaziente con gli altri. Se Dio si prende così tanto tempo per te, per accompagnarti attraverso tutti i necessari processi di apprendimento… perché non dovrebbe fare lo stesso con gli altri?

Sopportandovi gli uni gli altri con amore. Paolo è realista, non sta idealizzando la comunione cristiana. Ci esorta a sopportarci a vicenda! Non è né facile né piacevole. È un sopportare attivamente con l’amore che riceviamo da Dio. Non è semplice armonia, bensì una scelta. Sopportarsi nell’amore significa: scelgo sempre di nuovo di fare un passo verso l’altro!

Sforzandovi di conservare l’unità. Ciò che Paolo intende qui non è semplice uniformità, bensì la determinazione a restare connessi nonostante le diversità. Cristo ci ha inseriti in questa famiglia non l’abbiamo scelta noi. Ed è lo Spirito di Dio che ci unisce con un vincolo soprannaturale. Tutto ciò è tutt’altro che semplice e scontato. Per questo dobbiamo impegnarci attivamente affinché questa unità possa essere realtà.

Viviamo in una cultura caratterizzata dall’individualismo. Siamo abituati a non affrontare le sfide e ad andarcene quando le cose si fanno difficili. Ma Paolo ci esorta a non mollare, a prendere l’iniziativa per ricercare la pace. A maggior ragione all’interno della chiesa dovrebbe esserci il desiderio di essere connessi in pace, chiedendo perdono e perdonando.

Essere connessi non significa che non possono esserci conflitti, ma che là dove sorgono i conflitti li affrontiamo! Senza lasciar passare troppo tempo e affrontandoli con la persona direttamente interessata. Non lasciarti coinvolgere in conflitti che non ti riguardano, ma incoraggia la persona ad affrontarli direttamente.

Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci separa

A volte è buono ricordare perché dovremmo impegnarci così tanto a mantenere questa unità e sottolineare ciò che ci unisce, piuttosto che ciò che ci separa…

Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione. V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti. (Efesini 4:4-6)

Esaminiamo brevemente questi sette punti che secondo Paolo uniscono la chiesa.

Un corpo. Il corpo è la chiesa. Siamo diversi, ma apparteniamo a un’unica chiesa. Siamo membri diversi con talenti diversi che appartengono a un unico corpo. Non tutti uguali, ma connessi in un’unica unità. Ogni singolo membro ha il proprio posto.

Uno Spirito. Siamo tutti un unico corpo grazie allo Spirito Santo che ci unisce. Abbiamo lo stesso Spirito che vive in noi, la stessa potenza che opera o almeno vuole operare in noi.

Una speranza. Crediamo in un futuro luminoso e splendente. Crediamo che passeremo l’eternità con Gesù. Crediamo che un giorno Gesù regnerà visibilmente su questa terra. Questa fiducia ci dà speranza al di là di ogni sofferenza e difficoltà.

Un solo Signore. Il Signore è Gesù Cristo, il capo del corpo. Noi apparteniamo al suo Regno. Serviamo lo stesso Re e Signore. Questo è ciò che ci unisce.

Una sola fede. Con fede non è intesa solo la consapevolezza che tutti crediamo nell’esistenza di Dio, bensì anche una confessione, una professione di fede. Siamo chiamati a confessare insieme “che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Fil 2:19).

Un solo battesimo. Il battesimo è come un sigillo per la nostra fede. Il battesimo è un segno esteriore e visibile dell’unità che ci lega. Siamo “battezzati mediante un unico Spirito per formare un unico corpo” (1 Cor 12:13). Siamo tutti diversi, ma portiamo questo stesso sigillo.

Un solo Dio e Padre. Siamo tutti figli della stessa famiglia. Abbiamo lo stesso Padre, apparteniamo a un’unica famiglia, portiamo lo stesso sigillo, serviamo lo stesso Re, viviamo con lo stesso futuro luminoso, lo stesso Spirito opera in noi, apparteniamo allo stesso corpo.

Ma non è tutto. Il nostro testo si conclude con le parole: “che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti”. Questa frase sottintende il significato seguente: Dio regna al di sopra di tutti noi, Dio agisce per mezzo di tutti noi e Dio abita in tutti noi. Che Dio regni sopra tutti noi e che abiti in noi credo che lo condividiamo tutti. Ma Dio vuole anche agire per mezzo di noi tutti.

Noi siamo già connessi nel solo Dio e Padre che ci unisce, ma se non preserviamo questa unità, se non ce ne prendiamo cura si romperà. Nella consulenza matrimoniale parliamo molto dell’importanza che entrambi i partner restino connessi a Dio per ricevere da Lui amore, pazienza e perdono, da poter trasmettere all’altro. Lo stesso vale all’interno della chiesa.

Se ogni singolo membro non si impegna a curare la propria relazione personale con Dio, non potrà esserci unità e connessione tra noi. Ecco perché come Chiesa Viva Svizzera diciamo: viviamo la chiesa! Vogliamo vivere e preservare questa unità, vogliamo connettere le persone.

La connessione non avverrà però per caso, bensì sarà la conseguenza di una decisione. La mia, la tua decisione. Che cosa mi separa dalle persone di questa chiesa? Cosa mi unisce ad esse?  A quale delle due liste voglio dare più peso? Ricorda che ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci separa.

Amen

Altri sermoni

I benefici del battesimo

I benefici del battesimo

In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato da Giovanni nel Giordano. A un tratto, come egli usciva dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito scendere su di lui come una colomba. Una voce venne dai cieli: «Tu sei il mio diletto Figlio; in te mi...

Come essere messaggeri di buone notizie

Come essere messaggeri di buone notizie

Oggi parleremo del messaggio più bello, della Buona Notizia del Regno di Dio che Gesù è venuto ad annunciare sulla terra e che noi siamo chiamati a diffondere nel mondo. È il messaggio dell’amore di Dio, del fatto che Lui ama gli uomini di un amore illimitato e...