Perché Dio dovrebbe amare uno come me?

Daniele Scarabel
Pastore
Hai mai pensato questa frase: “Dio forse ama gli altri… ma non può amare uno come me”?
Io sì. Nel 2014 ho vissuto un burnout profondo. Non solo ero stanco: ero vuoto, perso, in crisi. Mi sentivo un fallimento: come marito, come padre, come credente, come servitore di Dio. E dentro mi ripetevo: “Dio non può più usare uno come me… forse nemmeno più amarmi”.
La domanda: “Perché Dio dovrebbe amare uno come me?” è diventata reale.
Ma è proprio in momenti come questi che passaggi come Romani 5 fanno la differenza. Se guardiamo alle nostre sensazioni, possiamo facilmente scoraggiarci. Ma è la verità della Parola di Dio che ci riporta sulla strada giusta.
Molti pensano che Dio ami solo i forti, chi vive in modo coerente, i “giusti”. Ma Romani 5 capovolge tutto: Dio ci ha amati non quando ci siamo rimessi in piedi, ma quando eravamo caduti a terra.
Oggi vogliamo rispondere insieme a questa domanda… e vedere tre verità che possono cambiare tutto:
- Dio ci ha amati nel nostro momento peggiore.
- Dio ci assicura una salvezza eterna.
- Dio ci invita a gioire nella riconciliazione.
Dio ci ha amati nel nostro momento peggiore
Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto, ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra il proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. (Romani 5:6-8)
Se dovessi riassumere in una sola frase la potenza di questi versetti, direi così: Cristo non ci ha amati quando avevamo tutto sotto controllo… ma quando eravamo distrutti.
Paolo qui non sta parlando di un momento difficile. Non dice che eravamo semplicemente in una “fase spirituale un po’ bassa”. No, usa parole forti: “Eravamo senza forza… empi… peccatori…”.
“Senza forza” significa essere incapaci di salvarci o cambiare da soli. Come un malato terminale che non può curarsi da solo. “Empi” vuol dire senza timore di Dio, senza alcuna intenzione di onorarlo. Il termine “peccatori”, infine, ci presenta come consapevolmente colpevoli. Non solo imperfetti, ma ribelli, lontani dal cuore di Dio.
In altre parole: non c’era nulla in noi che potesse attrarre l’amore di Dio. Eppure, è proprio lì che Cristo ha scelto di morire per noi. Questa verità la troviamo anche in Efesini 2, dove Paolo dice:
Eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati… Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati). (Efesini 2:1.4)
L’iniziativa è tutta di Dio. Non siamo stati noi a cercarlo: è Lui che ha cercato noi. E Paolo lo sa che questo amore sembra “troppo”. Per questo aggiunge una riflessione realistica: “Difficilmente uno morirebbe per un giusto, ma forse per una persona buona…”.
Sta dicendo che anche l’amore umano ha dei limiti. Magari saremmo disposti a sacrificare qualcosa per chi ci è caro. Qualche genitore direbbe: “Per i miei figli darei anche la vita.” Ma morire per chi ti ha voltato le spalle? Chi lo farebbe?
Eppure, è esattamente ciò che ha fatto Dio: “Dio invece mostra il proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”.
La croce non è solo una teoria, è un fatto storico. La dimostrazione definitiva dell’amore di Dio. Il luogo dove l’amore di Dio si è fatto visibile, tangibile, pubblico.
E sai una cosa? Questo amore non è nato quando tu hai cominciato a cercare Dio. Anzi, come dice l’apostolo Giovanni:
In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che Egli ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. (1 Giovanni 4:10)
Non siamo noi i protagonisti di questa storia d’amore. È Dio. È Lui che ha preso l’iniziativa.
È Lui che ha deciso di amarci quando eravamo ancora in rivolta contro di Lui.
E forse tu, oggi, ti senti come mi sentivo io nel 2014. Vuoto. Perso. Fallito. Come marito, come padre, come credente. Pensavo: “Dio non può più amare uno come me…”. Ma poi mi ha colpito la verità: “Se Dio mi ha amato quando ero nemico, quanto più oggi che sono Suo figlio?”.
Quindi, quando ti senti indegno, ricorda: non puoi rovinare un amore che non hai mai guadagnato. E non puoi perderlo, perché ti è stato dato quando non lo meritavi.
L’unica cosa che puoi fare è accoglierlo. Credi in ciò che Cristo ha fatto per te e lascia che questa verità ti liberi dal bisogno di dover dimostrare qualcosa a Dio.
Dio ci assicura una salvezza eterna
Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira. Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. (Romani 5:9-10)
Questi due versetti sono tra le parole più rassicuranti di tutto il Nuovo Testamento. Paolo costruisce un ragionamento semplice, ma logico e potentissimo: “Se Dio ha fatto questo quando eravamo nemici… quanto più ora che siamo amici?”
Se ti ha salvato quando eri contro di Lui, non ti abbandonerà certo ora che sei Suo figlio per mezzo della tua fede in Cristo. Il messaggio è chiaro: la salvezza non è solo qualcosa che è successa nel passato, è anche qualcosa che ci accompagna nel presente e ci custodisce fino alla fine.
Paolo usa, infatti, due verbi al futuro: “Saremo per mezzo di lui salvati dall’ira… saremo salvati mediante la sua vita”. E non sta parlando di un’ipotetica salvezza, ma di una certezza. Non dice: “Se ci comportiamo bene… forse Dio ci porterà fino in fondo”. Dice: puoi essere certo che lo farà!
E voglio che noti su cosa si basa questa certezza. Non sul fatto che ora tu preghi di più. Non perché adesso frequenti la chiesa. Ma sul fatto che sei stato giustificato per mezzo del Suo sangue. È quel sangue, che Cristo ha scelto di versare alla croce, che ha reso possibile la tua riconciliazione con Dio.
C’è una parola che emerge qui e che spesso ignoriamo: “l’ira” di Dio. Parlare in questo contesto dell’ira di Dio può sembrare fuori luogo. Ma Paolo non utilizza questa parola per spaventarci, bensì per esaltare la grazia.
Perché, se tu sei stato salvato dall’ira, vuol dire che non c’è più condanna per te. Dio non ha lasciato in sospeso il giudizio su di te. Lo ha già versato, tutto, su Gesù. E per questo, come scrive più avanti Paolo in Romani 8:1: “Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù”.
Ma Paolo aggiunge un secondo argomento: se siamo stati riconciliati con Dio mentre eravamo nemici, quanto più saremo salvati mediante la sua vita! Come abbiamo visto a Pasqua, non solo Cristo è morto per noi, è anche risorto. Vive e intercede. E finché Lui vive, e vivrà per sempre, tu sei custodito.
Questo pensiero ritorna con forza anche in Ebrei 7:25, dove leggiamo:
Perciò egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro.
Non sei solo. Non sei dimenticato. Cristo è vivo… e sta pregando per te.
Ecco perché puoi avere vera certezza: se Cristo è venuto a cercarti quando tu Lo respingevi, non smetterà di sostenerti ora che sei riconciliato.
Quindi, quando hai dei dubbi, quando ricadi negli stessi errori, quando ti sembra di non cambiare mai abbastanza in fretta… non guardare a te. Guarda a Lui. Alla croce, e alla tomba vuota. A quel sangue versato e a quella vita eterna che ti custodisce oggi.
Dio ci invita a gioire nella riconciliazione
Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione. (Romani 5:11)
Questo versetto è come il sigillo che chiude tutto il discorso. Paolo ha parlato della morte di Cristo, della giustificazione, della salvezza futura… e ora ci porta al risultato finale di tutto questo: la gioia.
Paolo dice: “ci gloriamo anche in Dio”. In questo contesto, “gloriarsi” non ha niente a che fare con l’orgoglio. Ma è letteralmente un esplodere di gioia, un cuore che non riesce a stare zitto,
perché ha capito quanto è stato amato.
È la gioia del figlio prodigo, che sente l’abbraccio del padre quando ancora puzza dei maiali che aveva accudito fino a poco prima. Il padre non solo perdona il figlio ribelle, ma gli apre di nuovo la porta di casa, gli prepara la cena e lo abbraccia. Questa è la riconciliazione in Cristo.
Paolo lo dice chiaramente: “Per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione”. La parola “riconciliazione” significa: ora non sei più un estraneo. Non sei semplicemente tollerato. Sei tornato a casa. Questa è la buona notizia del Vangelo: non solo sei stato giustificato legalmente… sei stato anche accolto in una relazione.
Vedo sempre di nuovo credenti che fanno dipendere la loro gioia dalle emozioni. Se la lode è coinvolgente, si sentono vicini a Dio. Se Dio risponde alle loro preghiere, allora si sentono amati. Se tutto va bene, allora si sentono benedetti.
Ma Paolo ci ricorda che la vera gioia non dipende dalle emozioni, bensì da una relazione con Dio che nulla potrà più spezzare. Le emozioni possono cambiare. Le circostanze possono farci sentire scoraggiati. Ma la gioia vera nasce dal sapere che Dio ti aspetta… con gioia.
Ma attenzione: questa gioia non è automatica. È una risposta consapevole che noi dobbiamo dare all’amore di Dio. È un invito. Infatti, la frase può essere tradotta con: “Lasciamo che il nostro cuore esulti in Dio…”, oppure: “Facciamo spazio alla gioia di chi è stato riconciliato”.
In altre parole, scegli di vivere come riconciliato. Non come uno che ha ancora qualcosa da dimostrare a Dio. Non come un servo timoroso. Ma come un figlio amato.
Ultimamente, riflettendo su me stesso, mi sono reso conto che anche come pastore, a volte faccio le cose con il desiderio di proteggere tutti, risolvere tutto, tenere tutto insieme. Ma sotto sotto… forse lo faccio anche per sentirmi “a posto” davanti a Dio. E allora la vera domanda che mi sfida è questa: “Come cambierebbe il mio rapporto con Dio se Lo vedessi davvero come Colui che mi ama anche quando non sto facendo nulla per nessuno?”
E tu? Cosa ti impedisce oggi di vivere come un figlio amato? Ti senti amato solo quando sei utile agli altri? Hai ancora l’idea che Dio si avvicina solo quando sei “in ordine”? Ti capita di vivere come se fossi ancora un servo che deve guadagnarsi la casa del Padre?
E se oggi senti di avere un cuore freddo, se la gioia sembra distante, allora torna qui: torna a Romani 5:11. Guarda nuovamente alla croce. Alla riconciliazione ottenuta per grazia. E lascia che lo Spirito Santo riaccenda in te l’esultanza di chi è stato accolto.
Ma cosa significa, nella vita concreta, vivere da riconciliati? Significa che il Vangelo non è solo da credere… è da vivere ogni giorno. Ecco alcuni modi pratici:
- Quando ti senti un fallimento, invece di dire “non valgo nulla” … ricordati che Cristo è morto per te proprio quando eri “nemico”. La croce ti dice chi sei, non il tuo rendimento.
- Quando preghi e ti sembra che Dio sia distante… non pensare che ti ascolta solo se sei “a posto”. Prega come un figlio che sa di essere già amato.
- Quando qualcuno ti ferisce o ti delude… non reagire con durezza, ma ricorda quanta grazia hai ricevuto tu. Vivi il perdono come riconciliato.
- Quando ti senti bloccato nel condividere la tua fede… non pensare “devo farlo perché è giusto”. Fallo perché il tuo cuore è pieno di un amore che non puoi tenere per te.
Vivere da riconciliati non è un traguardo da raggiungere, è una posizione di grazia in cui camminare ogni giorno. Non per essere accettati, ma perché già lo siamo.
Conclusione: se ci ha amati allora… quanto più ora?
Abbiamo ascoltato una verità potente: Dio ci ha amati nel nostro momento peggiore. Quando eravamo deboli, peccatori, nemici… Cristo è morto per noi. E se ci ha amati allora, quanto più ci amerà ora che siamo riconciliati con Lui?
Non c’è più condanna. Non c’è più distanza. C’è una salvezza sicura. Una gioia reale. Una pace possibile. Quando la tua mente ti dirà: “Dio non può amare uno come me…”, non guardare a te. Guarda a Cristo. Torna a Romani 5. E la croce ti ricorderà ogni volta: “Se ti ho amato allora, non ti lascerò ora.”
E se tu non hai mai aperto il cuore a questo amore, puoi farlo oggi. Puoi dire anche in silenzio: “Signore, mi arrendo. Non lo merito, ma lo ricevo. Grazie per Cristo. Da oggi voglio vivere come tuo figlio.”
Amen