Piacere a Dio più che agli uomini

22 Gennaio 2023

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Dopo aver introdotto la sua lettera ringraziando Dio per l’esempio dei Tessalonicesi e per tutto ciò che lo Spirito Santo aveva fatto in loro e attraverso di loro, con il capitolo 2 Paolo desidera dimostrare che la sua venuta a Tessalonica non era stata vana.

I suoi critici cercavano purtroppo di distruggere il lavoro fatto da Paolo e gli altri, cercando di rovinare la sua reputazione. Lo fecero in un modo molto subdolo: non attaccando la sua dottrina, bensì la sua persona. Ti è mai capitato che qualcuno ha cercato di screditare il tuo lavoro attaccando la tua persona? È qualcosa che può destabilizzarci e bloccarci per molto tempo.

Paolo aveva però un asso nella manica: ogni cosa che lui e gli altri avevano fatto, era stata fatta alla luce e davanti a Dio come testimone. E se ora ascolti come Paolo descrive il suo comportamento, cerca di prenderlo come incoraggiamento a seguire il suo esempio per essere ciò che anche tu sei in Cristo: una persona chiamata a condividere ciò che tu stesso hai ricevuto da Dio, con gioia e con amore.

Il coraggio che viene unicamente da Dio

Voi stessi, fratelli, sapete che la nostra venuta tra voi non è stata vana; anzi, dopo aver prima sofferto e subìto oltraggi, come sapete, a Filippi, trovammo il coraggio nel nostro Dio, per annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. (1 Tessalonicesi 2:1-2)

Prima di arrivare a Tessalonica Paolo e Sila erano stati a Filippi e ciò che hanno sperimentato in quella città sarebbe bastato a scoraggiare la maggior parte di noi ad andare avanti: gli furono strappati i vestiti, furono presi a vergate e gettati in prigione (Atti 16). Eppure, quando giunsero a Tessalonica, trovarono nuovamente il coraggio di condividere il Vangelo.

Ma dove trovarono quel coraggio? “Nel nostro Dio”, scrive Paolo. Il coraggio di Paolo era unicamente legato alla sua piena fiducia in Dio. Paolo era profondamente convinto di ciò che credeva, perché Dio aveva trasformato la sua vita. Era l’amore che di Dio aveva messo nel suo cuore tramite lo Spirito Santo a dargli quell’incredibile forza di volontà per andare avanti.

Ciò che spesso ci blocca nel vivere la nostra fede è la paura di essere ridicolizzati o rifiutati. Ciò che può aiutarci a superare questa paura è la consapevolezza di chi siamo in Cristo e che Cristo è tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Se abbiamo fiducia in Dio sarà Lui stesso a darci un coraggio che ci permette di uscire dalla nostra zona di comfort e di rischiare più di quanto siamo stati disposti a rischiare finora.

Quando è stata l’ultima volta che ti sei scoraggiato dopo una sconfitta personale? Se pensi a quella situazione, quali sono stati i pensieri negativi riguardo a te stesso ai quali hai iniziato a dare ascolto? Come potrebbe aiutarti l’esempio di Paolo a confidare in Dio, invece che lasciarti sopraffare da quei pensieri negativi?

Può capitare che ci basiamo per troppo tempo sulle nostre capacità, finendo con l’esaurire tutte le energie. O che ci lasciamo sopraffare dai pensieri negativi. A quel punto può essere utile seguire il consiglio del Salmo 37:

Riponi la tua sorte nel SIGNORE; confida in lui, ed egli agirà. (Salmo 37:5)

Se Paolo avesse dato ascolto ai pensieri negativi e di fallimento dopo essere fuggito da Filippi, si sarebbe arreso. Ma, invece di arrendersi, Paolo proseguì fino a Tessalonica facendo progredire ulteriormente il Vangelo, perché aveva fiducia in Dio. Paolo era convinto che quella sconfitta non lo avrebbe frenato perché sapeva che “Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?(Romani 8:31). Ne sei convinto anche tu?

Paolo sapeva che avrebbe annunciato il Vangelo “in mezzo a molte lotte”. Queste lotte le ha dovute affrontare già mentre si trovava a Tessalonica, ma anche mentre scriveva la lettera ai Tessalonicesi. Paolo dovette infatti difendere il proprio operato.

Sesso, soldi e potere

Perché la nostra predicazione non proviene da finzione, né da motivi impuri, né è fatta con inganno; […] Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità. (1 Tessalonicesi 2:3.5-6)

Paolo, durante il suo soggiorno a Tessalonica aveva annunciato il Vangelo con passione e invitando con insistenza i Tessalonicesi a credere in Gesù Cristo. Questo è quanto sembra indicare l’inconsueto termine “predicazione” qui utilizzato da Paolo. È probabile che è proprio a motivo della sua insistenza che Paolo fu accusato di aver agito in malafede.

L’accusa, ripresa nel versetto tre, era di aver approfittato di loro raccontando il falso, desiderando soddisfare le proprie esigenze e utilizzando l’inganno. La frase “motivi impuri” indica la comune pratica di alcuni leader religiosi o filosofici di quei tempi, con la quale si garantivano favori sessuali dai loro discepoli.

Nei versetti cinque e sei troviamo poi altre tre accuse. La prima è di aver utilizzato la tipica retorica dei filosofi antichi per abbindolare la gente, la seconda è di aver voluto solo riempire il proprio portafogli e la terza è di aver ricercato gloria e potere.

Paolo rifiuta però categoricamente queste accuse, appellandosi alla loro esperienza personale (“come ben sapete”) e alla sua integrità di fronte a Dio (“Dio ne è testimone”). Paolo sottolinea inoltre che avrebbe benissimo potuto approfittare dell’autorità che la sua posizione come apostolo di Cristo gli concedeva, ma non lo fece.

Se proviamo a riassumere le accuse, Paolo era, in sostanza, accusato di ricercare tre cose: sesso, soldi e potere. Ed è proprio per questo che questi versetti sono così rilevanti anche per noi oggi. Sin da Adamo ed Eva l’essere umano è spinto dall’insaziabile desiderio di voler soddisfare i propri bisogni, e sesso, soldi e potere descrivono bene i mezzi usati dall’uomo per saziare questo desiderio.

Sesso, denaro e potere non sono di per sé malvagi, anzi, sono tutti e tre doni che Dio ci fa. Dio ci ha dato il sesso per poterne trarre soddisfazione all’interno del matrimonio. Dio ci affida le ricchezze per prosperare e poterle gestire con saggezza. Dio ci affida potere in determinate situazioni, aspettandosi che non ne abusiamo e che ricerchiamo il bene delle persone che ci sono state affidate (ad es. come genitori, responsabili di un gruppo, datori di lavoro…).

Noi possiamo usare il denaro, il sesso e il potere sia per dare gloria a Dio, sia per usarli come mezzi per soddisfare egoisticamente i nostri bisogni. Quale è stato il tuo rapporto con il denaro, il sesso e il potere nelle ultime settimane o negli ultimi mesi? Quale di questi tre doni rappresenta per te la maggiore tentazione o un pericolo al quale devi stare attento?

Osserva il valore che hai dato negli ultimi tempi a questi tre doni di Dio e il modo in cui hanno influenzato la tua vita, in positivo o in negativo. Il modo in cui avrai pensato, ragionato e agito riguardo al denaro, al sesso e al potere mette in mostra ciò che realmente desidera il tuo cuore: essere in primo luogo semplicemente soddisfatto oppure dare gloria a Dio.

Qui Paolo ci è di grande esempio, perché avrebbe tranquillamente potuto abusare di tutti e tre questi doni di Dio, ma non lo fece. La sua predicazione non mirava ad ottenere un rendiconto personale, perché tutto ciò che faceva mirava a Dio, come ci spiega al versetto 4.

Piacere a Dio, pur amando le persone

Ma come siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. (1 Tessalonicesi 2:4)

Come detto prima, Paolo avrebbe benissimo potuto sfruttare tutta la sua autorità come apostolo di Cristo per ottenere ciò che voleva, ma aveva fatto una chiara scelta: voleva piacere a Dio più che agli uomini. E credo che questo sia un ottimo principio anche per tutti noi.

Ma come giunse Paolo a sostenere questo principio? Era la consapevolezza di avere l’enorme privilegio di servire Dio come missionario. Paolo non si riteneva affatto migliore di altri o più degno rispetto ad altri per questo incarico. Sapeva però che Dio aveva esaminato il suo cuore e lo aveva ritenuto degno di questo incarico.

Forse ritieni che Dio non ti abbia affidato un incarico così grande come a Paolo, ma in realtà se tu credi che Gesù Cristo è morto per te in croce e che ha sconfitto la morte per offrirti la vita eterna, allora anche tu sei “approvato da Dio” e degno di essere luce nel mondo e un ambasciatore di Cristo.

Ma cosa significa concretamente piacere a Dio piuttosto che agli uomini? Significa che in primo luogo dobbiamo rendere conto a Dio della nostra vita e non ad altre persone. Dio non ti ha creato per essere ciò che i tuoi genitori, la tua ragazza o il tuo ragazzo, il tuo partner, il tuo capo o i tuoi amici vogliono che tu sia. Dio ti ha creato per essere colui che Lui voleva che tu fossi quando ti ha creato, con tutte le caratteristiche e i doni che Lui stesso ha messo in te.

Eppure, quante volte cerchiamo di essere persone che non siamo pur di piacere agli altri o di avere successo? Forse capita anche a te a volte, perché questo resta purtroppo un nostro punto debole quando la nostra identità non è profondamente radicata in Dio. Come possiamo dunque smascherare il nostro desiderio di compiacere le persone e metterlo a tacere?

L’esempio di Paolo ci dà chiare indicazioni. Ecco quattro punti che ho trovato basandomi su ciò che lui stesso ha scritto ai Tessalonicesi:

  1. Fare sempre ciò che Dio ci dice di fare: cerca di capire quale sia la sua volontà in ogni situazione, anche quando le risposte non sono solo bianco o nero;
  2. Evitare la trappola della superficialità: osserva le situazioni nelle quali tendi a mascherarti per piacere agli altri e prova ad essere te stesso a prescindere da chi hai di fronte;
  3. Obbedire a Dio in pubblico e in segreto: evita di costruirti una doppia vita, cercando di piacere a Dio anche quando nessun altro ti vede o ti osserva;
  4. Cercare la propria ricompensa da Dio: ricorda che la gloria dagli uomini è temporanea, mentre la gloria da Dio è eterna.

Quale di questi quattro punti potrebbe aiutarti maggiormente a piacere a Dio piuttosto che agli uomini? Pensa a una situazione concreta nella quale hai ceduto alla tentazione di piacere più agli uomini che a Dio e chiediti come avresti potuto affrontare in modo diverso quella situazione.

Ora non cadere però nell’opposto. Piacere a Dio non significa dover disprezzare le persone. Lo scopo è di piacere “a Dio che prova i nostri cuori” e il nostro desiderio dovrebbe sempre essere di seguire l’esempio di Gesù che “non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Marco 10:45).

Voler piacere a Dio non ci esonera dall’amare le altre persone, ma ci libera dalla tirannia di dover a tutti i costi ricercare la gloria degli uomini o di temere il loro rifiuto. Paolo desiderava piacere a Dio, pur continuando però ad amare le persone che Dio metteva sul suo cammino. Ed era Dio stesso, tramite lo Spirito Santo a mettere nel cuore di Paolo tutto l’amore che aveva bisogno per quelle persone.

Se anche tu oggi decidi di voler piacere a Dio più che agli uomini, pur continuando ad amare le persone, allora esprimilo a parole tue in preghiera a Dio. Chiedigli la forza per riuscire a resistere alla tentazione di usare sesso, denaro o potere per soddisfare egoisticamente i tuoi desideri. E ricorda che se confidi unicamente in Dio, sarà Lui stesso a darti il coraggio per non arrenderti di fronte ai pensieri negativi e ai tuoi fallimenti.

Amen

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