Speranza in tempi avversi

22 Ottobre 2023

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Nel testo che studieremo oggi insieme, cercheremo di capire il senso di avversità e persecuzione nella vita di un cristiano. Ricordiamoci che i Tessalonicesi non erano estranei alla sofferenza a motivo della loro fede. Anzi, all’inizio della lettera leggiamo che la loro fede e il loro amore erano cresciuti abbondantemente nel mezzo delle prove.

Per noi oggi parlare di persecuzione e soprattutto del fatto che può farci crescere nella fede è però qualcosa che ci è totalmente estraneo. La maggior parte di noi non vive in situazioni di palese persecuzione. Eppure, anche se oggi ancora la nostra vita non è in pericolo a causa della nostra fede, lo potrebbe essere in un prossimo futuro.

Per questo dobbiamo comprendere che la sofferenza fa parte della vita cristiana, per non essere sorpresi o accecati dai momenti di prova e di tribolazione che possono arrivare. Questo brano ci prepara a questo, indicandoci la speranza che abbiamo in mezzo a questa sofferenza.

Dio ci rende degni del suo regno

Questa è una prova del giusto giudizio di Dio, perché siate riconosciuti degni del regno di Dio, per il quale anche soffrite. Poiché è giusto da parte di Dio rendere a quelli che vi affliggono, afflizione; e a voi che siete afflitti, riposo con noi (2 Tessalonicesi 1:5-7a)

Qui Paolo ci parla di una “prova del giusto giudizio di Dio”. Con questo Paolo intende dire che la perseveranza della fede dei Tessalonicesi nel mezzo di afflizioni e persecuzione è la prova che Dio abbia giudicato in modo corretto la loro situazione e soprattutto la loro capacità di restare saldi nella fede nonostante l’afflizione. E Paolo afferma questo perché sa che non è possibile essere costanti nelle prove se non è Dio stesso a darci le forze necessarie.

Probabilmente è un concetto che ci è totalmente estraneo, perché non so chi di noi, nel mezzo di un’afflizione, penserebbe spontaneamente: “Che bello, Dio sta rendendo ancora più forte la mia fede!”. Pensiamo piuttosto che Dio è assente, oppure che Dio è ingiusto nei nostri confronti. O forse: perché tocca proprio a me?

Paolo ci insegna però che la sofferenza non è la prova dell’assenza di Dio, ma che con la sofferenza Dio desidera spingerci ancora di più fra le sue braccia e che Dio sa quanta pressione siamo in grado di sopportare per far crescere la nostra fede e il nostro amore.

Paolo afferma addirittura che Dio si serve delle persecuzioni e delle afflizioni nella nostra vita per renderci degni del suo regno. L’idea non è però che noi ci dobbiamo in un qualche modo meritare il regno di Dio tramite le nostre sofferenze, come se dovessimo fare penitenza per i nostri peccati. No, ciò che Dio vuole è che, attraverso la sofferenza, possiamo imparare ad essere sempre più simili a Cristo, a rispondere alle afflizioni proprio come ha fatto Gesù: confidando unicamente in Dio Padre.

Il Vangelo è chiaro: noi siamo accettati, perdonati e adottati da Dio unicamente sulla base della nostra fede in Cristo soltanto. Ma è la volontà di Dio di renderci anche effettivamente ed esteriormente degni del suo regno mentre siamo in cammino verso il cielo.

È come il duro addestramento che devono affrontare i soldati che desiderano entrare a far parte delle forze speciali dell’esercito. L’addestramento porta quei soldati al limite delle loro forze fisiche e mentali con l’unico scopo di renderli idonei ad affrontare qualsiasi situazione. Al termine dell’addestramento saranno riconosciuti degni di far parte dell’élite dell’esercito.

Come reagirebbe Gesù di fronte a persecuzioni o afflizioni? Confidando in ciò che Paolo afferma di seguito, ovvero che Dio ci renderà giustizia. Dio è sovrano sulla sofferenza e un giorno vendicherà gli afflitti e giudicherà i vivi e i morti. Dio non si limiterà però a vendicarci, ma trasformerà la nostra afflizione in riposo.

Non dobbiamo pensare a questo “riposo” come a una semplice assenza di fatica e di dolore. In questo riposo leggo le parole di Gesù rivolte al servo fedele: “entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:21). O le parole di Gesù per coloro che sono perseguitati a motivo del suo nome: “Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli” (Matteo 5:12).

Quale di questi tre aspetti della giusta afflizione che Dio permette nella tua vita ti è maggiormente di conforto in questo momento? Che le afflizioni che stai affrontando servono a renderti idoneo al regno di Dio? Che coloro che ti affliggono saranno puniti? O che le tue afflizioni saranno trasformate in un riposo e in una gioia eterni?

Tenendo presente questo, possiamo chiederci: quand’è che Dio ci darà riposo?

La nostra speranza è nella sua gloria eterna

…quando il Signore Gesù apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza, in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Dio, e di coloro che non ubbidiscono al vangelo del nostro Signore Gesù. Essi saranno puniti di eterna rovina, respinti dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando verrà per essere in quel giorno glorificato nei suoi santi e ammirato in tutti quelli che hanno creduto, perché è stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi. (2 Tessalonicesi 1:7b-10)

Dio ci darà riposo e ci vendicherà nel giorno in cui “il Signore Gesù apparirà dal cielo. In quel giorno gli eventi si susseguiranno in rapida successione. In questi versetti Paolo ci mostra una terrificante immagine del giudizio di Dio contro coloro che gli disubbidiscono. Gesù scenderà sulla terra con un esercito al suo seguito, “con gli angeli della sua potenza”. Il loro compito sarà di “riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli” (Matteo 24:31).

Gesù verrà “in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Dio”. Ed è esattamente ciò che predisse Gesù quando affermò che dirà a quelli della sua sinistra: “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli!” (Matteo 25:41). La seconda venuta di Cristo sarà un atto di giudizio e giustizia.

Paolo specifica che ci saranno due gruppi di persone che saranno oggetto della sua vendetta. Uno è quello di coloro che non conoscono Dio. E l’altro è composto da coloro che non obbediscono al Vangelo del nostro Signore Gesù. Per noi è difficile immaginare come Dio potrà giudicare chi non lo ha mai conosciuto o non ha mai avuto l’opportunità di conoscerlo, ma possiamo stare certi che non giudicherà nessuno in modo sbagliato.

La nostra idea di vendetta è influenzata dall’immagine che ci mostra la nostra società e che è caratterizzata da un atto di rabbia vendicativa. Ma il termine utilizzato in questo passaggio si riferisce più a un fare giustizia in maniera imparziale. Dio si è rivelato al mondo in più modi nella sua sovranità e il rifiuto del mondo di sottomettersi a Dio è un chiaro atto di ribellione che non può essere lasciato impunito.

L’accento di Paolo sta però chiaramente sul secondo gruppo di persone, su coloro “che non ubbidiscono al vangelo del nostro Signore Gesù”. Queste parole ci fanno chiaramente capire che il messaggio del Vangelo contiene anche una chiamata all’obbedienza. Se qualcuno ha ascoltato e compreso il Vangelo ma ha scelto di rifiutarlo e di disobbedire a Dio, non potrà che subire un giusto giudizio. La conseguenza del rifiuto di Dio e del Vangelo è l’eterna rovina.

La punizione includerà la separazione “dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza”. Magari c’è chi pensa scherzosamente: “A me non dispiace l’idea di andare all’inferno perché lì saranno anche tutti i miei amici”. Ma chi ha questa idea dell’inferno non ne ha compreso l’essenza. L’inferno sarà un luogo nel quale le persone saranno eternamente separate da tutto ciò che è buono e benedetto dalla presenza di Dio.

Paolo ci mostra però anche quanto totalmente diverso sarà invece il destino di coloro che conoscono Dio. Quando Cristo tornerà “glorificato nei suoi santi e ammirato in tutti quelli che hanno creduto”. E cosa differenzia questo gruppo da coloro che subiranno rovina eterna? Non sarà la loro superiorità morale, bensì la loro fede nella testimonianza di Cristo. La nostra speranza è riposta nella gloriosa vittoria di Cristo sul peccato.

Questa nostra speranza giungerà al culmine il giorno in cui Cristo tornerà, quando giudicherà in giustizia i vivi e i morti. E questo ci spingerà a glorificarlo ancora di più di quanto non facciamo già ora.

Paolo conclude il capitolo introduttivo della lettera riassumendo tutto ciò che ha spiegato finora in una preghiera.

Preghiamo affinché l’opera di Dio si compia

Ed è anche a quel fine che preghiamo continuamente per voi, affinché il nostro Dio vi ritenga degni della vocazione e compia con potenza ogni vostro buon desiderio e l’opera della vostra fede, in modo che il nome del nostro Signore Gesù sia glorificato in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. (2 Tessalonicesi 1:10-12)

Paolo prega affinché Dio renda i Tessalonicesi degni del suo regno e della sua gloria. Ciò che colpisce particolarmente in questa preghiera è il modo in cui Paolo prega affinché Dio “compia con potenza ogni vostro buon desiderio e l’opera della vostra fede”.

Non so voi, ma io credo che spesso nella nostra vita cristiana ci accorgiamo di quanto la nostra forza di volontà sia debole e di come i nostri buoni propositi facilmente falliscono. Ma la preghiera di Paolo ci incoraggia, in tutta la nostra debolezza, a confidare nel fatto che sarà Dio stesso a sostenere con la sua potenza ogni nostro buon proposito di compiere la sua volontà!

Dalla preghiera di Paolo impariamo che siamo noi a doverci decidere di compiere la volontà di Dio e di portare avanti l’opera della nostra fede. Ma anche che non siamo soli a farlo con le nostre forze! È la potenza stessa di Dio, attraverso lo Spirito Santo, a darci le forze per realizzare le cose buone e gradite a Dio che decidiamo di fare.

Ciò che noi possiamo e dobbiamo fare è pregare come fece Paolo, affinché la potenza di Dio ci sostenga in ciò che facciamo, invece di cercare da soli di dimostrare al mondo e a Dio di essere degni della nostra vocazione. L’obiettivo finale non è di glorificare noi stessi per quanto siamo bravi a vivere in modo degno del Vangelo, ma che Cristo sia glorificato in noi.

Da questo brano di Paolo impariamo dunque varie cose riguardo la sofferenza, la vita cristiana e la seconda venuta di Gesù:

  1. Ogni sofferenza nella vita cristiana ha lo scopo di renderci degni del Regno di Dio. Questo non significa che Dio trovi piacere nel farci soffrire, ma che ciò che Lui decide e permette nella nostra vita è buono e giusto. Dio può usare la sofferenza e la prova per santificarci e farci crescere in santità.
  2. Il male e l’ingiustizia non trionferanno. Dio vendicherà le nostre afflizioni e ogni persona affronterà un giusto giudizio. E possiamo trarre conforto dal fatto che Dio trasformerà la nostra sofferenza in riposo e in una pace eterna.
  3. Tutto ciò che facciamo nella vita, ogni sforzo che facciamo per glorificare Cristo è importante e significativo agli occhi di Dio. La preghiera finale di Paolo ci incoraggia a deciderci di voler compiere la volontà di Dio, pregando che Cristo possa completare la sua opera in noi.

La consapevolezza che un giorno Dio giudicherà ogni cosa dovrebbe cambiare il nostro modo di vivere nel presente. In un mondo piegato dalla sofferenza e dal peccato, siamo chiamati a vivere con coraggio sulla base della nostra chiamata e ad agire sulla base della nostra fede.

Che cosa significa questo concretamente per la tua vita cristiana? Dove o in che ambito desideri vivere ancora di più alla gloria di Cristo? In che situazione hai bisogno di richiedere la potenza dello Spirito Santo per far sì che la tua vita sia sempre più degna del regno di Dio? In quale prova hai bisogno di agire come farebbe Cristo, ovvero confidando unicamente in Dio Padre e nel suo giusto giudizio?

Che il nome del nostro Signore Gesù sia glorificato in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo!

Amen

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