Sperimentare un Dio misericordioso

19 Dicembre 2021

Video
Audio
Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. (Luca 6:36)

Questo è il versetto che ci ha accompagnato durante tutto il 2021 e che ci ha mostrato come la misericordia è una qualità centrale di Dio e che di conseguenza dovrebbe anche caratterizzare la nostra vita cristiana. Non vorrei però che tutto si riducesse a un: “devi essere misericordioso perché Dio è misericordioso”!

Concluderemo oggi insieme il tema dell’anno, analizzando la famosa parabola del buon Samaritano, che riassume perfettamente il concetto che vorrei trasmettervi. Questa parabola è talmente conosciuta, al punto che l’espressione “fare il buon Samaritano” è diventata l’espressione standard per descrivere una persona che si comporta in modo compassionevole, che è disposta ad aiutare il prossimo.

Ma è davvero solo questo che Gesù voleva insegnarci con questa parabola? Si riduce tutto a una storiella per insegnare quale sia la corretta etica cristiana? Il comportamento del buon Samaritano è semplicemente un esempio da seguire per essere dei buoni cristiani? Questa è certamente parte dell’applicazione pratica della parabola, ma è secondaria. Oggi vorrei darvi una lettura diversa di questa storia, che forse non avete mai sentito in questo modo o mai considerato finora.

Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?

Che cosa sai della parabola del buon Samaritano? Che cosa stava insegnando Gesù? Qual è il punto principale della parabola? Iniziamo dal contesto.

Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, e gli disse: «Maestro, che devo fare per ereditar la vita eterna?» Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» (Luca 10:25-26)

La parabola raccontata da Gesù è inserita in un chiaro contesto: un esperto della legge di Mosè che si rivolge a Gesù per metterlo alla prova. Gesù era solito rispondere a questo tipo di domande con un’altra domanda e così, alla domanda “che devo fare per ereditar la vita eterna?”, Gesù risponde riportandolo alla legge. È un approccio tipico di Gesù, se qualcuno lo confrontava con la legge, lui gli rispondeva con la legge, ma se qualcuno gli chiedeva grazia, lui rispondeva con grazia.

Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai». (Luca 10:27-28) 

Il dottore della legge aveva riassunto in modo perfetto la legge, infatti “l’amore è l’adempimento della legge” come dice anche Paolo in Romani 13:10. C’è però un problema, e Gesù lo mostrò chiaramente dicendo al dottore della legge “fa’ questo, e vivrai”. La risposta di Gesù avrebbe dovuto bastare per far riflettere il dottore della legge e chiunque altro stesse ascoltando.

Se questo è lo standard per poter ottenere la vita eterna, chi di noi potrebbe riuscirci? Chi di noi può affermare di aver amato perfettamente Dio e il suo prossimo? Se il dottore della legge avesse guardato al suo cuore, si sarebbe reso conto di essere mancante. Invece, come spesso accade con i legalisti, cercò una scappatoia!

Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» (Luca 10:29)

Questa è la tipica reazione di una persona religiosa. La legge di Dio dice che dobbiamo amare Dio e il nostro prossimo in modo perfetto e le persone religiose dicono: “Va bene, parliamone. Parliamo di chi è il nostro prossimo, perché la verità è che posso amare la mia famiglia, posso amare i miei amici, ma c’è un limite a tutto… Vero?”.

La reazione del dottore della legge ci mostra esattamente il pericolo che corriamo anche noi. Leggiamo che dobbiamo essere misericordiosi e iniziamo a contrattare con Dio e a giustificarci: “Signore, non sono poi così male, l’altro giorno sono stato misericordioso col mio vicino di casa che mi ha chiesto un favore. Non è forse sufficiente? Non vorrai mica pretendere di più!”.

Oppure arriviamo al punto dove la richiesta di essere misericordiosi non diventa che un peso, un ulteriore punto sulla nostra lista di cose da fare, proprio come il dottore della legge che chiese “che devo fare per ereditar la vita eterna”? Teniamo dunque in mente che è proprio a questo punto che Gesù raccontò la parabola del buon Samaritano.

La parabola del buon Samaritano

Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Ma un Samaritano che era in viaggio, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe pietà; Avvicinatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”. (Luca 10:30-35)

La storia narra di quest’uomo che stava scendendo da Gerusalemme a Gerico. Gerusalemme si trova relativamente in alto, a 754 m su una collina, mentre Gerico si trova molto in basso, a 253 m sotto il livello del mare, nella valle tra il mare di Galilea a nord e il mar morto a sud. Era dunque una bella discesa con un dislivello di 1000 m, su una strada pericolosa e infestata dai briganti, della quale c’è chi pensa che si tratti proprio della valle dell’ombra della morte della quale parla Davide nel Salmo 23.

Sono sicuro che il dottore della legge poteva immaginarsi benissimo la scena. Era una strada che lui stesso avrà percorso più volte ed era ben consapevole del pericolo. Ma che cosa voleva insegnargli Gesù con questa storia? Vi ricordo che il dottore della legge stava cercando di giustificarsi e di dimostrare che in fin dei conti lui non era poi così lontano dall’adempiere i requisiti per ottenere la vita eterna. Stava cercando di dare una definizione di “chi è il mio prossimo” che fosse più o meno accettabile.

Con questa storia Gesù mostrò chiaramente al dottore della legge che ciò che lui pensava di poter fare era in realtà impossibile. Gesù concluse la parabola con una nuova domanda.

«Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa». (Luca 10:36-37)

Il dottore della legge aveva chiesto “che devo fare per ereditar la vita eterna” e con questa storia Gesù gli ha dimostrato che sarebbe stato impossibile riuscirci. Gli dimostrò che l’amore che dovrebbe avere per il suo prossimo avrebbe dovuto essere molto più grande ed esteso di quanto lui era disposto ad immaginare. Se siamo sinceri, chi potrebbe essere all’altezza del Samaritano in questa storia?

Vedete qual è il problema? Solitamente questa parabola viene usata per mostrare che non dovremmo essere gentili solo con chi ci sta simpatico, ma che dovremmo essere misericordiosi con tutti, pure con i nostri nemici. Ed è esattamente anche ciò che ci insegna chiaramente Gesù proprio nei versetti che precedono il nostro versetto dell’anno:

Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. (Luca 6:32-36)

Ci rendiamo conto che ciò che ci sta chiedendo Gesù è impossibile? Possiamo provarci, certo, e magari ci riusciremo pure fino ad una certa misura. Ma è davvero questo l’insegnamento primario di questi versetti e della parabola del buon Samaritano? Sono convinto che ci sia molto di più in questa storia!

Pertanto, la chiave per interpretare correttamente questa parabola è: con quale dei personaggi della storia Gesù ci chiede di identificarci? Con il sacerdote? Il levita? Il Samaritano? Con nessuno di questi! Sono convinto che Gesù ci chieda innanzitutto di identificarci con l’uomo che fu lasciato spogliato, ferito, sanguinante e mezzo morto sul lato della strada.

L’applicazione della parabola

Quell’uomo “s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto”. Già i primi padri della chiesa erano convinti che quest’uomo rappresentasse ognuno di noi. Gesù vuole che riconosciamo noi stessi come sanguinanti, mezzi morti, abbandonati lungo la strada e senza speranza.

Il cammino da Gerusalemme a Gerico è il cammino della nostra vita, che spesso attraversa momenti oscuri, la “valle dell’ombra della morte”, un cammino infestato dai briganti che cercano di derubarci. I briganti rappresentano Satana e il peccato, che ci derubano, ci picchiano e ci lasciano feriti e insanguinati, stesi in un fosso.

Il peccato ci deruba del nostro destino, della nostra dignità e della nostra identità. Satana cerca letteralmente di distruggere chi siamo, di distruggere le nostre relazioni, di lasciarci soli e apparentemente senza speranza. Che speranza aveva quel povero uomo?

Il sacerdote?  No, nessuna speranza! Il levita?  Nessuna chance! Il sacerdote e il levita rappresentano ogni tentativo di uscire dalla nostra miseria con l’aiuto della religione. Nella nostra miseria arriva la religione e ci dice: “Guarda in che casino ti sei cacciato. Sei piuttosto malridotto. Dai, tirati su, esci dal fosso, riprenditi e continua a camminare!”.

Tutto questo non è di grande aiuto, vero? Il peccato e Satana ci derubano. La religione ci condanna. Che speranza abbiamo? Un momento, c’è ancora il smaritano! Ecco arrivare l’aiuto inaspettato per quell’uomo vicino alla morte! Un uomo tutt’altro che religioso, appartenente a un popolo disprezzato e odiato dai giudei. Un uomo dal quale anche il levita e il sacerdote sarebbero stati alla larga. Fu il Samaritano che “lo vide e ne ebbe pietà”.

Dove la religione guarda con condanna, il Samaritano ha compassione. Si prende cura di lui. Lo raccoglie dal fosso. Poi gli fascia le ferite. Gli dà dell’olio e del vino per pulire le ferite e lo aiuta a guarire. Poi lo porta a una locanda e paga il debito dell’uomo.

Se il Samaritano non avesse pagato il debito per la stanza, quell’uomo avrebbe finito per diventare uno schiavo per riparare il debito. Quindi non solo lo ha salvato dalla morte, ma anche dal potenziale di diventare schiavo di qualcun altro.

Chi è dunque il buon Samaritano? È Gesù stesso! C’è solo una persona che ha vissuto perfettamente e che è in grado di amare perfettamente e che ha dato la sua vita per amare perfettamente il suo prossimo. C’è solo uno che è sempre pronto a servire, a salvare, a liberare e il suo nome è Gesù Cristo. Gesù è il buon Samaritano!

Il verbo qui tradotto con “avere pietà” è usato nel Nuovo Testamento solo in riferimento a Gesù o in altre due parabole dove il soggetto è chiaramente Gesù: nella parabola del re misericordioso in Matteo 18 e nella parabola del figlio prodigo in Luca 15. Vedete ora perché non è possibile che dovremmo in primo luogo immedesimarci con il buon Samaritano?

Dobbiamo invece immedesimarci con quell’uomo mezzo morto. Dobbiamo capire che la religione non ci può aiutare. Che non possiamo pensare di uscire da soli dalla nostra miseria, e questo non solo la prima volta che incontriamo Gesù, bensì anche durante tutta la nostra vita cristiana. Gesù ci vede nel nostro bisogno e ha compassione di noi. Gesù ci vede derubati e sanguinanti e ci guarisce. È Gesù che ci raccoglie e ci porta. È Gesù che cammina con noi. È Gesù che ci dà riposo. È Gesù che paga il nostro debito. È Gesù che ci libera dalla schiavitù. È Gesù che ci salva e ci rende liberi.

Permetti a Gesù di prendersi cura di te

Abbiamo iniziato chiedendoci come possiamo imparare da un Dio misericordioso. Ora le parole di Gesù al dottore della legge “Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa” hanno senso. Anche quando ci sentiamo in grado di seguire l’esempio del buon Samaritano e desideriamo aiutare il nostro prossimo, non dobbiamo dimenticare che siamo innanzitutto noi ad avere bisogno dell’amore e delle cure di Gesù Cristo, il nostro personale buon Samaritano.

Ultimamente c’è stato un momento dove mi sono sentito scoraggiato, senza forze e in difficoltà. È stato proprio riflettendo sulla parabola del buon Samaritano che Dio mi ha parlato. Per la prima volta mi sono identificato con l’uomo mezzo morto che giaceva sulla strada. A quel punto anche i dettagli della parabola hanno iniziato ad avere un senso profondo per me personalmente. Il Samaritano “fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino”. Olio è il simbolo dello Spirito Santo e il vino rappresenta il sangue che Gesù ha versato per il perdono dei nostri peccati. Tutto questo Gesù lo ha fatto per me e continua a farlo.

Ciò che però più mi ha toccato è il fatto che l’uomo mezzo morto non poteva fare nulla se non permettere al Samaritano di prendersi cura di lui. Ed è stato un processo molto lento. La guarigione non arriva da un giorno all’altro, ma quando Gesù Cristo tocca il nostro cuore, è l’unico in grado di portare guarigione attraverso il suo Spirito e attraverso il suo sangue.

Riesci tutt’oggi a vedere Gesù come il tuo personale buon Samaritano che si prende cura di te? Quali ferite dovresti ancora permettergli di fasciare? Riconosci che davanti a Gesù non hai bisogno di dimostrare nulla? Riesci a lasciarti semplicemente andare tra le sue braccia senza paura che possa poi pretendere qualcosa da te?

Non passare subito all’applicazione secondaria della parabola, a ciò che Gesù ci chiede di fare per gli altri, ricordati dapprima di ciò che lui ha fatto e vuole ancora fare per te. Non volerti subito immedesimare con il buon Samaritano, immedesimati dapprima con l’uomo ferito e mezzo morto. Sperimenta prima la compassione amorevole di Gesù. Poi vai e fai lo stesso.

Il centro della nostra vita non dovrebbe essere l’impegno ad essere misericordiosi, a seguire l’esempio del buon Samaritano, dovrebbe Cristo stesso. Se manca Cristo in qualsiasi parte della Scrittura, trasformiamo il Vangelo in legge e le benedizioni in maledizioni.

Amen

Altri sermoni

Una fede fragile in un grande Dio

Una fede fragile in un grande Dio

Dopo aver trattato i primi undici capitoli della Genesi, nei quali Dio si è principalmente concentrato a interagire con l’intera umanità, a partire dal capitolo 12 la storia si concentra su un’unica famiglia, la famiglia di Abraamo. Tutto il resto della Genesi ci...

La torre di Babele: un tentativo di unità mal riuscito

La torre di Babele: un tentativo di unità mal riuscito

Domenica scorsa abbiamo studiato il meraviglioso patto che Dio strinse con Noè dopo il diluvio. L’arcobaleno è il simbolo che ci ricorda la promessa di Dio che “nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere...

Il patto con l’arcobaleno

Il patto con l’arcobaleno

Continuando nella serie di prediche di quest’anno che tratta le “Vivere nelle promesse di Dio” siamo arrivati al capitolo 8 e 9 della Genesi. L’ultima volta abbiamo visto come Noè è scampato al giudizio di Dio su un mondo dove imperava il male e che addolorava Dio in...