Un discepolato che si moltiplica

1 Ottobre 2023

Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

L’essere discepoli avviene là dove Gesù, che è il nostro esempio, ci invita a seguirlo e ad andare dove va Lui. Gesù ci insegna che essere discepoli si svolge in tre dimensioni. Nella nostra relazione personale con il Padre (UP), nella condivisione della vita cristiana con altri credenti (IN) e non perdendo di vista il grande obiettivo del Padre: raggiungere un mondo morente e buio con l’amore e la potenza di Dio (OUT).

Sarebbe però un errore se ci limitassimo a pensare che l’essere discepoli riguardi solo la nostra crescita personale. Non siamo discepoli di Gesù solo per diventare cristiani migliori e più maturi. E non siamo nemmeno discepoli solo per imparare a conoscere meglio la Bibbia e per essere trasformati da essa. Sono tutti elementi essenziali, ma il discepolato va ben oltre lo sviluppo della nostra fede personale.

Un brano che ci fornisce una descrizione fondamentale del discepolato è Luca 10:1-6:

Dopo queste cose, il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dov’egli stesso stava per andare. E diceva loro: «La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse perché spinga degli operai nella sua mèsse. Andate; ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non portate né borsa, né sacca, né calzari, e non salutate nessuno per via. In qualunque casa entriate, dite prima: “Pace a questa casa!” Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui; se no, ritornerà a voi.

Gesù non voleva dei discepoli che fossero principalmente concentrati su sé stessi per migliorare la loro spiritualità, ma discepoli che fossero portatori della pace di Dio nella società. Il messaggio che i discepoli avrebbero dovuto diffondere era: “Il regno di Dio si è avvicinato a voi” (Luca 10:9). Era una realtà che loro stessi avevano sperimentato stando con Gesù. Sapevano che cosa significa conoscere il Messia. Sapevano che il regno di Dio opera potentemente e avevano sperimentato l’amore di Dio.

Gesù voleva diffondere questa nuova cultura tramite i suoi discepoli. Questa immagine si applica benissimo anche alla nostra situazione attuale: Cristo tornerà per giudicare questo mondo e per istaurare un regno di pace e giustizia sulla terra, ma già ora manda avanti noi per annunciare questa verità.

I discepoli: portatori di pace

Gesù inviò i discepoli come suoi precursori ad annunciare: “Pace a questa casa!” o in altre parole a portare la pace di Dio nelle case. Augurare a qualcuno la pace, ovvero lo “shalom” di Dio, significava augurare a quella persona: “Che Dio sia con te”. Trovo questa immagine molto bella e significativa anche per noi, per capire che la chiesa non è semplicemente il luogo nel quale veniamo serviti e intrattenuti per diventare discepoli migliori.

La chiesa è il luogo di crescita, di apprendimento e di guarigione per equipaggiare i discepoli affinché a loro volta possano servire altri e formare nuovi discepoli. Sei consapevole del grande privilegio che abbiamo come discepoli di Gesù Cristo?

Abbiamo l’opportunità di portare la pace di Dio a chi ancora non la conosce, nella consapevolezza che, se la persona sarà aperta ad accogliere Cristo, Dio stesso entrerà in tutta la sua potenza, tramite lo Spirito Santo, nella vita di quella persona.

Quando leggiamo questo brano è facile soffermarci sulla frase: “La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi”. Una frase che può farci sentire in colpa e creare in noi un senso di dovere. Oppure sulla frase: “Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi” che può metterci paura pensando ai rischi dell’evangelizzazione.

Ma ciò che Gesù si aspetta da noi non è principalmente che facciamo qualcosa, ma che entriamo nelle case, nella società, sul posto di lavoro… portando la pace che noi stessi abbiamo ricevuto da Dio e osservando ciò che poi accade. Essere discepolo è più una questione di ciò che siamo, della nostra identità in Cristo e della cultura che viviamo, piuttosto che di ciò che facciamo per Gesù.

Che effetto ti fa pensare a te stesso come a un “portatore di pace”? O pensare alla tua chiesa come a un gruppo di discepoli che portano la pace di Dio al di fuori delle mura della chiesa? Pensa a quanto potremmo essere di benedizione per altre persone se vivessimo ancora più consapevolmente il nostro essere discepoli come portatori della pace di Dio.

Il discepolato avviene cammin facendo

L’aspetto centrale di questo passaggio è che Gesù diede ai settanta la loro missione prima ancora che ebbero terminato la loro formazione. Non avevano nemmeno ancora ricevuto i centrali insegnamenti sulla morte e sulla risurrezione di Cristo, per non parlare del riempimento con lo Spirito Santo. Semplicemente Gesù “designò altri settanta discepoli e li mandò”.

I discepoli hanno avuto l’opportunità di osservare Gesù all’opera, di imitarlo nella sua connessione con il Padre (UP), nel curare la comunione con loro (IN) e nell’andare fuori verso chi ancora non lo conosceva (OUT)… per poi di imitarlo andando a fare le stesse cose da soli.

A volte pensiamo di dover prima raggiungere un determinato livello di maturità spirituale per poter trasmettere ad altri la nostra fede. Ma Luca 10 ci mostra che a qualsiasi punto del nostro cammino con Gesù possiamo già trasmettere ciò che lo Spirito Santo ci ha messo sul cuore.

Gesù ha mandato degli assoluti principianti a portare la pace di Dio nelle case della Giudea. L’unica caratteristica di questi settanta è che erano discepoli di Gesù. In altre parole, Gesù insegnò loro i fondamenti del fare discepoli mentre loro stessi erano in procinto di imparare ad essere discepoli.

Fecero degli errori? Certamente! Quando tornarono, i discepoli furono pieni di gioia perché avevano sperimentato che anche i demoni gli erano sottoposti nel nome di Gesù. A quel punto Gesù dovette ridimensionare il loro entusiasmo dicendo: “Non vi rallegrate perché gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Luca 10:20).

A volte siamo forse delusi di noi stessi e crediamo di non essere abbastanza, di essere troppo poco spirituali, troppo poco impegnati o troppo poco formati per poter trasmettere la pace di Dio. Ma non si tratta di noi, si tratta di Gesù, non dobbiamo portare un esempio perfetto della nostra vita, bensì condividere l’esempio di Gesù.

Si tratta del regno di Dio che è già qui. Non si tratta di me che spiego la mia fede in modo complicato e perfetto, ma si tratta del messaggio: Dio è qui! Il regno di Dio è qui. Si tratta di sviluppare una mentalità che trasmette benedizione e non una mentalità che cerca di creare conversioni.

I discepoli dovettero tenere gli occhi aperti portando lo shalom di Dio là dove lo Spirito Santo li guidava. La stessa cosa la possiamo fare anche noi, possiamo tenere gli occhi aperti e trasmettere la pace di Dio e benedire le persone. Lasciando che sia poi Dio a fare il resto.

Cosa vuol dire tenere gli occhi aperti? C’è forse un vicino di casa triste che sarebbe felice se tu pregassi per lui? C’è una persona che avrebbe bisogno di sentire che Dio è qui e che conosce la sua situazione? Una possibilità è di iniziare la giornata pregando: Signore, metti delle persone sul mio cammino che posso benedire e alle quali posso dire che sei qui per loro.

Il discepolato si svolge nella comunità ed è moltiplicativo

In Luca 9:1-6 leggiamo che Gesù mandò i dodici discepoli ad annunciare il regno di Dio e a guarire i malati. Nel capitolo successivo ne mandò altri settanta. Questi settanta, oltre ad essere dei discepoli di Gesù, avranno probabilmente anche già visto all’opera i dodici e poterono approfittare delle loro esperienze. È molto probabile che anche i dodici furono mandati con i settanta, diventando così una sorta di discepoli-maestri per una nuova generazione di discepoli. E questo molto prima di aver loro stessi concluso la formazione!

La parte centrale della nostra vita comunitaria è spesso il culto domenicale e in particolare la predicazione. Ascoltiamo tanto di domenica in domenica, ma spesso non abbiamo nemmeno l’opportunità di reagire su ciò che sentiamo e di applicarlo direttamente nella nostra vita. Oppure siamo abbandonati a noi stessi nel tentativo di mettere in pratica durante la settimana l’insegnamento ricevuto e così spesso falliamo.

Gesù mandò però i discepoli a due a due, perché quel viaggio insieme era parte decisiva del processo di apprendimento. Dobbiamo forse cambiare il nostro modo di pensare e di vedere la chiesa? Abbiamo bisogno gli uni degli altri per imparare, per riflettere su noi stessi, per essere incoraggiati, sfidati e corretti. È proprio per questo che abbiamo bisogno di vivere insieme la chiesa, per incoraggiarci e stimolarci a vicenda su questo cammino.

Molti di noi hanno probabilmente già dei gruppi di credenti con i quali si incontrano regolarmente: cellule, gruppi di preghiera o di studio. Come potreste rendere questi gruppi delle comunità di apprendimento per aiutarvi reciprocamente a crescere nel vostro essere discepoli?

Dio vuole che ognuno di noi sia attivamente coinvolto nel fare discepoli e che prepari altri a fare altrettanto. Discepolato significa accompagnarsi, incoraggiarsi a vicenda e formare insieme delle comunità di apprendimento per discepoli, per poter insieme comunicare al mondo che sta attorno a noi che il regno di Dio è qui, che Dio è vicino.

Discepolato significa vedere e percepire dove Dio è già all’opera

Gesù sapeva che non tutti avrebbero reagito con benevolenza al messaggio che il regno di Dio è vicino. Sapeva che i discepoli avrebbero trovato sia porte aperte che porte chiuse. I discepoli avrebbero però dovuto concentrarsi sulle porte aperte: “Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui; se no, ritornerà a voi”.

Gesù li ha istruiti a rivolgersi alle persone che erano aperte per ricevere la pace di Dio, qui chiamati “figli di pace”. Per noi questo significa che dobbiamo concentrarci sulle persone nelle quali Dio ha già preparato il cuore rendendole aperte a ricevere la pace di Dio.

È forse il caso di rivedere il nostro approccio all’evangelizzazione? Non credo che sia nostro compito sfondare porte chiuse, bensì osservare dove Dio già sta operando. Come discepoli dobbiamo concentrarci maggiormente sulle porte aperte, rivolgendoci a persone che desiderano ricevere la pace di Dio, che sono pronte ad ascoltarci o a ricevere una nostra benedizione.

Vediamo dunque che il discepolato non riguarda solo la mia crescita personale, la mia fede, la mia spiritualità. Si tratta invece di osservare dove Dio è già all’opera, tenendo aperti gli occhi spirituali e portando la benedizione, la pace e il regno di Dio la dove lo Spirito Santo ce lo indica. E siamo chiamati a farlo assieme.

Il modo migliore per vivere come discepoli di Gesù è insieme con altri discepoli, che sono connessi con il Padre e che hanno preso l’impegno reciproco di voler crescere nelle loro vite di fede e a ricercare la missione di Dio insieme. In altre parole, Dio vuole che il suo popolo viva e maturi in modo sano come discepoli di Gesù nel contesto di una comunità, e che cresca insieme nel vangelo e nella missione.

Amen

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