Vivere per Dio in un mondo che non lo riconosce

1 Dicembre 2024

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Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Viviamo in un mondo che sembra conoscere sempre meno Dio e dove i valori del Vangelo sembrano sempre più lontani dalla cultura che ci circonda. E credo che sarai d’accordo con me: diventa sempre più inevitabile chiederci come possiamo vivere per Dio in un mondo che non lo conosce? Come possiamo essere fedeli a Cristo senza conformarci a una cultura che spesso ci spinge nella direzione opposta?

La storia che tratteremo questa mattina in Genesi 46 e 47, ci offre alcune risposte. Giuseppe e la sua famiglia si ritrovarono a vivere in Egitto, immersi in una cultura completamente opposta a quella che avevano imparato seguendo Dio. Eppure, rimasero fedeli a Dio e, attraverso questa fedeltà, influenzarono il mondo che li circondava.

Anche noi, come Giuseppe, possiamo vivere per Dio in un mondo che non lo conosce, sapendo che Dio è con noi e ci chiama a essere luce nelle tenebre. Lasciamo ora che la Parola di Dio ci parli e, soprattutto, lasciamo che lo Spirito Santo ci trasformi, affinché possiamo vivere come testimoni fedeli di Cristo, portando luce in mezzo alle tenebre.

Mantieni la tua identità

Giuseppe disse ai suoi fratelli e alla famiglia di suo padre: «Io andrò a informare il faraone e gli dirò: “I miei fratelli e la famiglia di mio padre, che erano nel paese di Canaan, sono venuti da me. Questi uomini sono pastori, perché sono sempre stati allevatori di bestiame e hanno condotto con sé le loro greggi, i loro armenti e tutto quello che posseggono”». (Genesi 46:31-32)

La prima lezione che Giuseppe ci insegna oggi è come mantenere la nostra identità di figli di Dio, senza cedere alla pressione di conformarci al mondo. Consigliando ai suoi fratelli di dichiarare apertamente di essere pastori, Giuseppe fece una scelta strategica e spirituale. Essere pastori non era solo una dichiarazione professionale, ma significava preservare una distanza culturale e spirituale dagli Egiziani, che disprezzavano quel tipo di lavoro.

Questo avrebbe garantito alla famiglia di Israele uno spazio separato, nella terra di Goscen, dove poter crescere senza essere assimilati dalla cultura egiziana. Giuseppe non cercò scorciatoie, non cercò di adattarsi al sistema egiziano per ottenere vantaggi. Si fidò della guida di Dio e agì con sincerità.

Questa scelta di Giuseppe sottolinea un principio importante: Dio ci chiama a vivere autenticamente la nostra fede, senza compromessi, anche in contesti che possono essere ostili o contrari ai nostri valori. Gesù stesso pregò per i suoi discepoli:

Io ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. (Giovanni 17:14-15)

Anche noi siamo spesso chiamati a vivere in un mondo che non condivide i nostri valori. Sei mai stato tentato di nascondere la tua fede per paura di essere giudicato o escluso? Forse sul posto di lavoro, tra colleghi che mostrano disinteresse o disprezzo per l’etica cristiana, o in famiglia, se sei l’unico credente. Eppure, dichiarare con rispetto e coraggio chi siamo e in cosa crediamo può aprire opportunità per testimoniare di Dio.

Essere fedeli alla nostra identità in Cristo non solo glorifica Dio, ma dimostra fiducia nel Suo piano per noi. Quali sono le aree della tua vita dove senti più pressione a conformarti al mondo? Come puoi invece scegliere di vivere per Dio in quelle situazioni?

Goscen non fu solo un luogo geografico dove Israele andò a vivere, ma un rifugio scelto da Dio. Oggi, Dio desidera offrirti un “Goscen” spirituale: un luogo di protezione e crescita, dove puoi ritirarti per essere rinnovato e ricordare chi sei in Lui. Qual è il tuo Goscen? Qual è quel momento che dedichi solo a Dio, lontano dalle distrazioni del mondo?

È lì che Dio ti chiama a fermarti, a riflettere sulla tua identità in Cristo, e a essere incoraggiato dallo Spirito Santo a rimanere fedele. In quel luogo, Dio ti ricorda che sei Suo figlio, che sei stato scelto e che, anche se vivi in un mondo che non lo conosce, Lui ti ha posto qui per uno scopo. Trova il tuo Goscen, proteggilo, e non lasciare che il mondo soffochi la tua relazione con Dio.

Riconosci la provvidenza di Dio

La seconda lezione che impariamo dalla storia di oggi è di riconoscere la provvidenza di Dio anche nelle difficoltà.

Quando Giuseppe presentò i suoi fratelli e suo padre al faraone, loro seguirono le sue indicazioni e dichiararono: “I tuoi servi sono pastori, come lo furono i nostri padri” (Genesi 47:3). La risposta del faraone fu straordinaria. Disse a Giuseppe:

Il paese d’Egitto sta davanti a te; fa’ abitare tuo padre e i tuoi fratelli nella parte migliore del paese; risiedano pure nella terra di Goscen. (Genesi 47:5)

Nonostante il percorso difficile che lo portò in Egitto, Giuseppe capì che Dio stava orchestrando ogni cosa per salvare il Suo popolo. Spesso Dio lavora dietro le quinte per realizzare i Suoi piani attraverso le nostre difficoltà.

Ti è mai capitato di vivere un momento in cui una porta si è chiusa, ma un’altra si è aperta in modo inatteso? Hai riconosciuto la mano di Dio in quel momento? O hai mai visto Dio operare per riconciliarti con qualcuno o trasformare una situazione difficile in un’opportunità di crescita spirituale?

Quando Giacobbe si trovò di fronte al faraone, ebbero un’interessante, seppure breve dialogo. Alla domanda del faraone riguardo la sua età, Giacobbe rispose:

Gli anni della mia vita nomade sono centotrenta. I miei anni sono stati pochi e travagliati e non hanno raggiunto il numero degli anni dei miei padri, al tempo della loro vita nomade. (Genesi 47:9)

Anche se la sua risposta ci può sembrare strana, Giacobbe non era amareggiato, bensì consapevole della sua fragilità umana e soprattutto della fedeltà di Dio. Nonostante una vita segnata da conflitti, perdite e difficoltà, Giacobbe aveva compreso che tutto faceva parte del viaggio verso il compimento delle promesse che Dio aveva già fatto a suo nonno Abraamo:

Io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. (Genesi 12:2)

E fu così che Giacobbe benedisse il faraone all’inizio e alla fine del loro incontro. Questo fatto è davvero straordinario, anche tenendo conto della grande disparità sociale tra i due. Giacobbe sapeva però che era stato Dio a provvedere per lui e la sua famiglia, non il faraone. Giacobbe sapeva di essere stato grandemente benedetto da Dio per poter essere a sua volta fonte di benedizione anche per un faraone pagano che non conosceva Dio.

Questo gesto di Giacobbe ci insegna che riconoscere la benedizione di Dio nella nostra vita ci rende capaci di essere a nostra volta una benedizione per gli altri, e questo indipendentemente dal loro status o dalla loro fede. Anche quando ci troviamo in un “Egitto” personale – un luogo sconosciuto o difficile – possiamo fidarci che Dio sta lavorando per il nostro bene. Riesci a riconoscere la provvidenza di Dio nella tua vita e ad essere così fonte di benedizione per altri, testimoniando della sua fedeltà?

Influenza il mondo con integrità e servizio

L’ultima lezione che impariamo da Giuseppe è l’importanza di influenzare il mondo attraverso l’integrità e il servizio, vivendo ogni giorno come se servissimo Dio, anche nei compiti più ordinari.

Giuseppe, nel suo ruolo di governatore d’Egitto, affrontò una crisi senza precedenti: sette anni di carestia. Durante quel periodo, fu responsabile della distribuzione delle riserve di grano che aveva accumulato con saggezza e lungimiranza. La sua gestione fu così efficace che riuscì a garantire la sopravvivenza non solo degli Egiziani, ma anche delle nazioni vicine. Tuttavia, con il progredire della carestia, il popolo finì tutte le risorse: diedero prima il denaro, poi il bestiame, e infine le loro terre e se stessi in cambio di cibo.

Mosè descrive così il risultato di questa strategia:

Così il paese diventò proprietà del faraone. Quanto al popolo, lo trasferì nelle città, da un capo all’altro dell’Egitto. (Genesi 47:20-21)

Leggendo questo episodio con occhi moderni, potremmo chiederci come abbia potuto Giuseppe permettere una tale concentrazione di potere nelle mani del faraone. E, soprattutto, permettere che il popolo fosse reso schiavo. Tuttavia, il popolo stesso riconobbe il suo operato con gratitudine, dicendo:

Tu ci hai salvato la vita! Ci sia dato di trovar grazia agli occhi del nostro signore e saremo schiavi del faraone! (Genesi 47:25)

Questo episodio ci insegna una lezione fondamentale: Giuseppe non cercò mai il proprio interesse, ma si impegnò a fare il meglio per gli altri, agendo con fedeltà e integrità. Il suo lavoro non fu solo un esercizio di leadership, ma un atto di servizio che onorava Dio. E chi conosce il resto della storia, potrà riconoscere come tutto ciò preparò il terreno per la futura schiavitù degli Israeliti in Egitto, che finì 430 anni dopo con la liberazione del popolo di Dio per mezzo di Mosè. Eppure, anche questo rientrava nel piano sovrano di Dio per il Suo popolo.

Giuseppe ci insegna che vivere per Dio in un mondo che non lo conosce significa anche portare cambiamento positivo, influenzare il contesto in cui ci troviamo e mostrare il carattere di Dio attraverso la nostra integrità e il nostro servizio in qualunque cosa noi facciamo. Anche se Giuseppe stava servendo un re pagano, lo fece con fedeltà, onorando Dio nel suo lavoro quotidiano.

L’apostolo Paolo ci ricorda questo principio:

Qualunque cosa facciate, fatela di cuore, come per il Signore e non per gli uomini. (Colossesi 3:23)

Paolo ci invita a considerare ogni nostro lavoro, ogni nostra responsabilità, come un’opportunità per servire Dio. L’integrità cristiana non è solo fare ciò che è giusto quando qualcuno ci osserva, ma vivere con rettitudine, anche quando nessuno guarda. È proprio questa integrità che ci permette di influenzare positivamente il mondo intorno a noi, facendo risplendere la luce di Cristo.

Ma come possiamo vivere con questa integrità? Se siamo sinceri, spesso ci sentiamo deboli, tentati di scendere a compromessi, o sopraffatti dalle pressioni della vita. È qui che dobbiamo ricordare una verità essenziale: Gesù non ci ha lasciati soli nel nostro cammino. Lo stesso Signore che ci ha insegnato a servire con umiltà e amore, ora vive in noi attraverso lo Spirito Santo, dandoci la forza di vivere con fedeltà.

Per questo Paolo, consapevole della propria debolezza umana, scrive:

Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica. (Filippesi 4:13)

Non dobbiamo affrontare il mondo con le nostre sole forze. Quando affronti decisioni difficili, ricordati che non sei solo. Cristo ti dà la forza per scegliere ciò che è giusto, anche se costa. Quando l’integrità sembra difficile da mantenere, chiedi a Dio di darti il coraggio di rimanere fedele ai Suoi principi. Quando ti senti stanco di servire gli altri, ricorda che Cristo stesso serve attraverso di te, dandoti la forza necessaria per essere una benedizione per chi ti circonda.

Giuseppe ci ricorda ancora una volta Cristo, che è venuto nel mondo “non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Matteo 20:28). Ma Cristo non è solo un modello da seguire, è anche Colui che ci dà la forza per vivere in modo da piacere a Dio.

Dio ti ha messo in questo mondo per uno scopo preciso. Come Giuseppe, anche tu puoi essere una luce nelle tenebre, un rifugio per chi è in difficoltà, un esempio di servizio fedele.

Chi potrai influenzare oggi, con il tuo esempio e il tuo impegno? A chi potrai testimoniare l’amore e la fedeltà di Dio, semplicemente vivendo per Lui e affidandoti alla Sua forza?

Amen

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