Il mistero della misericordia

12 Ottobre 2025

Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

Questa settimana, il 7 ottobre, è ricorso il secondo anniversario degli attacchi terroristici di Hamas contro Israele. Quel giorno del 2023 più di 1’200 persone furono uccise e oltre 250 prese in ostaggio. Da allora la guerra in Gaza ha continuato a portare distruzione e dolore su entrambi i lati, con decine di migliaia di vittime anche tra i palestinesi.

In questi giorni, il governo israeliano ha approvato un accordo per mettere fine alla guerra a Gaza. L’intesa prevede il rilascio di tutti gli ostaggi e un graduale ritiro delle truppe. È una notizia che porta sollievo e speranza, anche se la pace resta fragile e molte ferite restano aperte.

Tutto questo ci porta dritti a Romani 11, dove Paolo affronta due domande che restano attuali: Dov’è Dio nella storia di Israele? Ha forse smesso di occuparsene?

Paolo risponde con decisione: “Dio non ha rigettato il suo popolo”. Ricorda che Dio ha sempre conservato un residuo fedele, scelto per grazia, e che l’indurimento d’Israele è solo parziale e temporaneo. In questo modo, attraverso un piano che solo Dio comprende, la salvezza è arrivata anche ai popoli.

E nella parte finale, che leggiamo oggi, Paolo arriva al culmine del suo ragionamento: il mistero di una grazia che, alla fine, abbraccerà Israele e le nazioni.

Con questa domanda nel cuore, ascoltiamo come risponde l’apostolo Paolo.

Il mistero rivelato 

Fratelli, non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi: un indurimento parziale si è prodotto in Israele, finché sia entrata la totalità dei gentili; e così tutto Israele sarà salvato, come sta scritto:

Il liberatore verrà da Sion, egli allontanerà da Giacobbe l’empietà;

e questo sarà il mio patto con loro, quando toglierò via i loro peccati. (Romani 11:25-27)

Paolo arriva qui al cuore del capitolo. Vuole che capiamo una cosa: Dio non ha dimenticato Israele. Per farlo, ci parla di un “mistero”. Mistero, nella Bibbia, indica una verità che prima era nascosta e che ora Dio ha deciso di rendere visibile. E questo è il mistero: anche l’indurimento d’Israele fa parte del piano di Dio.

I cristiani di Roma, in gran parte provenienti dal mondo pagano, avevano bisogno di ricordarlo. La loro fede non li rendeva superiori a Israele. Paolo usa l’immagine dell’albero dell’olivo: i rami delle nazioni sono stati innestati nell’albero di Israele. In altre parole, noi non siamo la radice, ma siamo stati accolti per grazia in un popolo che esisteva prima di noi.

E lo stesso vale per noi oggi. Quando dimentichiamo che siamo stati accolti per misericordia, rischiamo di giudicare proprio chi Dio vuole ancora raggiungere.

Lo vediamo anche nel modo in cui reagiamo alle notizie di questi giorni: c’è chi difende Israele a ogni costo, come se ogni scelta del suo governo fosse da approvare, e chi, al contrario, parla con rabbia contro di loro, rischiando di cadere nell’antisemitismo. Dio invece ci chiama a uno sguardo diverso: non di parte, ma di misericordia.

Mentre noi facciamo fatica a vedere il quadro intero, Paolo ci ricorda che Dio non ha perso di vista il suo popolo. Spiega che un “indurimento parziale” è avvenuto in Israele. Parziale, quindi non totale e non definitivo. Questo tempo di cecità spirituale ha permesso che la grazia arrivasse anche ai gentili, cioè a noi. Ma la storia non si ferma qui.

Quando sarà entrata la “pienezza dei gentili”, cioè quando il Vangelo avrà raggiunto tutte le nazioni e tutti coloro che Dio ha chiamato avranno risposto alla grazia, anche Israele riconoscerà il suo Messia.

Allora “tutto Israele sarà salvato”.

Questo non significa che ogni ebreo di ogni tempo, o che ogni israelita oggi in vita, sarà automaticamente salvato, ma che il popolo, nel suo insieme, troverà la via del ritorno a Dio accogliendo Gesù Cristo come suo Messia.

Per spiegarsi, Paolo richiama le promesse dei profeti: cita Isaia 59, Geremia 31 e Isaia 27. Mettendo insieme questi testi, ci mostra che Dio è fedele al suo patto con Israele e, attraverso di lui, apre la via della salvezza anche alle nazioni.

Tutte queste promesse trovano il loro compimento in Cristo: è Lui il Liberatore che viene da Sion, il Mediatore del nuovo patto, colui che toglie il peccato e apre la via della salvezza.

Questo “mistero” ci ricorda che la storia non sfugge di mano a Dio. Anche quando tutto sembra confuso, nel mezzo di conflitti, ingiustizie e divisioni, Dio continua a scrivere la sua storia. E quando sembra silenzioso, non è assente: sta preparando qualcosa che ancora non si vede. Lo stesso vale per le nostre vite, per la Chiesa, per il mondo.

Se Dio è capace di trasformare l’indurimento d’Israele in un’opera di grazia, non può forse fare lo stesso con noi? Non può usare anche le nostre resistenze o le nostre chiusure, per aprirci a qualcosa di nuovo?

Come Israele ha vissuto un tempo di “indurimento parziale”, anche noi attraversiamo a volte stagioni simili, quando il cuore si chiude, la fede si raffredda, o le risposte non arrivano.

Eppure, proprio lì, Dio continua a lavorare dietro le quinte.

Il Dio che ha promesso di portare a compimento la sua opera in Israele è lo stesso che porta avanti la sua opera in te. Puoi fidarti di Lui, anche quando non capisci.

La logica della misericordia universale

Per quanto concerne il vangelo, essi sono nemici a causa vostra; ma per quanto concerne l’elezione, sono amati a motivo dei padri; perché i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili. Come in passato voi eravate disubbidienti a Dio, ma ora avete ottenuto misericordia per la loro disubbidienza, così anch’essi sono stati disubbidienti, affinché anch’essi ottengano misericordia a motivo della misericordia usata verso di voi. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti. (Romani 11:28–32)

Paolo affronta un punto difficile: per ora molti ebrei non riconoscono Gesù come il Messia, e per questo sono in contrasto con il Vangelo. Ma questo non cambia il cuore di Dio: quanto alla sua scelta e alle sue promesse, Israele resta amato.

La fedeltà di Dio verso Israele è la garanzia della sua fedeltà verso di noi: se non ha abbandonato loro, non abbandonerà neppure la sua Chiesa. Per questo Paolo scrive che “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”. La sua grazia non scade, e la sua fedeltà non dipende dalla nostra.

Paolo spiega che Dio ha usato la disobbedienza di Israele per portare il Vangelo alle nazioni, e che ora userà la misericordia che noi abbiamo ricevuto per richiamare a sé Israele. Ma ci ricorda anche che, prima, eravamo noi a vivere nella disobbedienza.

Per questo scrive che Dio “ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti”. Questa è la grazia di Dio: ci lascia toccare i nostri limiti per salvarci. E vale anche per noi come chiesa: Dio usa persino i nostri sbagli per raggiungere chi è rimasto fuori. Le nostre imperfezioni possono diventare spazio per la sua grazia.

Perciò prova a chiederti: come guardo chi è “fuori” o diverso da me nella fede? E come possiamo, come chiesa, evitare di sentirci migliori: né verso Israele, né verso chi non condivide la nostra fede?

Questa è la logica della misericordia: noi ragioniamo per meriti e punizioni, Dio per grazia. Dove l’uomo costruisce muri, Dio apre spiragli. Dove l’uomo esclude, Dio accoglie.

Proprio qui a Locarno, cent’anni fa, le nazioni firmarono un patto per la pace dopo la Prima guerra mondiale. Fu un segno importante, ma ci ricorda che la pace scritta dagli uomini resta fragile se i cuori non cambiano.

Le alleanze e i negoziati possono fermare le armi per un po’, ma solo la grazia di Dio può riconciliare davvero. Solo la sua misericordia può costruire una pace che parte dai cuori e arriva fino ai confini del mondo.

Alla fine, Paolo non mette Israele contro gli altri: li unisce sotto la stessa misericordia. Tutti hanno peccato, tutti sono amati. Questo cambia il modo di vedere le persone: non più “noi” e “loro”, ma un’unica umanità che Dio vuole riconciliare in Cristo. Quando lo capiamo, l’orgoglio cade e resta solo la grazia.

E tu? Cosa ti impedisce oggi di fidarti della misericordia di Dio? La paura, la stanchezza, l’orgoglio…? Forse proprio qui sta il passo che possiamo fare anche noi: smettere di voler capire tutto e lasciare che la misericordia ci tocchi.

Ed è quello che fa anche Paolo. Dopo tante spiegazioni, si ferma: riconosce che non tutto si può comprendere, ma che tutto può diventare motivo di lode.

Perché alla fine, l’ultima parola non è la nostra disubbidienza, ma la misericordia di Dio.

La risposta dell’adorazione

Oh profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen. (Romani 11:33–36)

Ti è mai capitato di fare una lunga salita in montagna e, arrivato in cima, restare senza parole davanti al panorama? È quello che Paolo ha fatto con noi: ci ha portati in alto, fino al mistero di Dio. Fino al punto dove non resta che fermarsi e adorare.

Le sue parole ricordano molti Salmi, come questo:

“Grande è il Signore e degno di ogni lode; la sua grandezza non si può misurare.” (Salmo 145:3)

È come se Paolo ci dicesse: dopo tanti ragionamenti, va bene non capire tutto. Dopo aver parlato di Israele, dei popoli e della misericordia, Paolo ci mostra che tutto rientra in un disegno più grande. A un certo punto la mente si ferma e il cuore ringrazia.

Quando Paolo esclama: “Oh profondità…”, è come un sospiro. Riconosce che le vie di Dio sono troppo grandi per lui, ma anche che sono buone.

Ed è lo stesso per noi. Ci sono cose della vita e della storia che non capiremo mai del tutto: guerre, ingiustizie, dolori che sembrano senza senso. Ma la fede ci invita a un’altra risposta: non cercare di controllare tutto, ma fidarsi. Adorare anche quando non comprendiamo.

Forse è proprio questo il segno della maturità spirituale: saper dire “Amen” anche quando non capiamo, credendo che dietro ogni mistero c’è un Dio che resta fedele e buono.

Quando parla di giudizi “inscrutabili” e di vie “ininvestigabili”, Paolo non dice che sono illogici, ma che superano la nostra comprensione. Cita Isaia e Giobbe per ricordare che Dio non prende consigli e non deve niente a nessuno.

Da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose.” Tutto parte, passa e ritorna a Dio.

Chi ha pensato un piano che salva Giudei e Gentili? Dio! Chi l’ha consigliato? Nessuno!

A chi va la gloria? Solo a Lui!  Paolo qui ha in mente Cristo! Come scrive ai Colossesi:

“Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.” (Col 1:16)

Se tutto è in Cristo, come cambia questo il modo in cui vivi, o il modo in cui preghi?

Chiedi allo Spirito Santo di fartelo sentire nel cuore, non solo di capirlo con la mente.

Quando lo capiamo davvero, qualcosa cambia: invece di lamentarci, cominciamo a ringraziare; invece di avere paura, impariamo a fidarci; invece di voler controllare tutto, ci affidiamo a Dio.
Perché non siamo noi a tenere in piedi Dio: è Lui che tiene in piedi noi.

È da questa fiducia che nasce una vita rinnovata. Ed è proprio dove Paolo ci porterà nel capitolo successivo: a vivere la misericordia che abbiamo ricevuto, ogni giorno, in modo concreto.

Perciò, come Paolo, anche noi possiamo concludere dicendo:

A lui sia la gloria in eterno. Amen.

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