La fede che conta davvero

6 Aprile 2025

Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

 Nelle scorse settimane abbiamo visto che il messaggio centrale della lettera ai Romani è che siamo giustificati per fede. Paolo ci ha mostrato con chiarezza che la giustizia di Dio non si ottiene con le opere della legge, ma si riceve gratuitamente, per grazia, mediante la fede in Gesù Cristo (Romani 3:21-26).

All’inizio del capitolo 4, Paolo ha introdotto Abraamo come esempio di questa verità. Abraamo non fu giustificato per le sue opere, ma perché credette a Dio. La sua fede è presentata come modello per tutti noi.

Ora immagina una persona che si avvicina alla fede e chiede: “Come posso sapere se sono davvero giustificato davanti a Dio? Devo prima essere battezzato? Devo entrare in una chiesa? Devo fare qualcosa di visibile, tangibile?”.

Domande come queste non sono nuove. Anche i credenti di Roma se le ponevano. Se siamo giustificati per fede… che tipo di fede è quella che salva?

Ecco perché il brano che esaminiamo oggi, Romani 4:9-17, è così importante. Paolo vuole chiarire in modo ancora più profondo cosa significa credere davvero. E lo fa riprendendo ancora una volta l’esempio di Abraamo.

Perciò oggi ci chiederemo: che tipo di fede aveva Abraamo? E che tipo di fede è richiesta anche a noi?

La fede non si basa su segni religiosi

Questa beatitudine è soltanto per i circoncisi o anche per gli incirconcisi? Infatti diciamo che la fede fu messa in conto ad Abraamo come giustizia. In quale circostanza dunque gli fu messa in conto? Quando era circonciso, o quando era incirconciso? Non quando era circonciso, ma quando era incirconciso; poi ricevette il segno della circoncisione, quale sigillo della giustizia ottenuta per la fede che aveva quando era incirconciso, affinché fosse padre di tutti gli incirconcisi che credono, in modo che {anche} a loro fosse messa in conto la giustizia, e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo sono circoncisi, ma seguono anche le orme della fede del nostro padre Abraamo quando era ancora incirconciso. (Romani 4:9-12)

Nei versetti precedenti, Paolo ha appena citato il Salmo 32 per mostrare quanto sia grande la benedizione del perdono che Dio ci offre per i nostri peccati. Domenica scorsa abbiamo sentito che Dio, per mezzo di Gesù Cristo, ha abbassato la soglia a zero per poterci accogliere. È un dono enorme, disponibile solo a chi crede in ciò che Cristo ha fatto per noi.

Ma ora Paolo affronta una domanda concreta: questa benedizione è solo per chi è circonciso? Ovvero, solo per chi fa parte del popolo d’Israele? E oggi potremmo chiederci: “Devo essere battezzato per essere salvato? Devo iscrivermi a una chiesa, seguire certe regole, fare qualcosa di visibile per essere accettato da Dio?”.

Paolo risponde con una domanda chiave: quando è stato che Dio ha dichiarato giusto Abraamo? E qui entra in gioco la cronologia. In Genesi 15:6 leggiamo:

Egli credette al Signore, che gli contò questo come giustizia.

Ma la circoncisione? Quella arriva in Genesi 17, quando Abraamo ha 99 anni. Quindi tra la giustificazione e la circoncisione passano almeno 13 anni (Genesi 16:16).

Perché è importante? Perché mostra che Dio ha giustificato Abraamo prima ancora che ricevesse il segno della circoncisione. Dunque: la fede viene prima. I segni religiosi arrivano dopo.

Ma Paolo aggiunge qualcosa di più: la circoncisione fu per Abraamo il “sigillo della giustizia ottenuta per la fede”. Cioè, una conferma visibile della giustizia già ricevuta. La circoncisione non ha reso giusto Abraamo, ha solo attestato che già lo fosse. È come quando, alcune settimane dopo aver ricevuto la cittadinanza ti arriva finalmente anche il passaporto. Il passaporto non ti rende cittadino, ma certifica ciò che è già stato stabilito alla fine della procedura di naturalizzazione.

Lo stesso vale per il battesimo cristiano: non salva, ma è segno e testimonianza della salvezza già ricevuta per fede. Questo ci aiuta a fare pace con due verità: i segni religiosi non sono inutili, ma non devono nemmeno essere confusi con ciò che salva.

Dunque, cosa significa tutto questo per noi oggi?

  1. La tua salvezza non dipende da un rito. Il battesimo, l’iscrizione a una chiesa, la frequenza ai culti… sono tutte cose buone, ma che non ti rendono giusto davanti a Dio.
  2. Se hai creduto nel Signore Gesù, sei già giustificato. Non devi guadagnarti l’amore di Dio. Lo ricevi per grazia.

Su cosa si fonda oggi la tua sicurezza spirituale? Su emozioni? Sull’approvazione degli altri?
Oppure sulla promessa di Dio, anche quando non “senti” nulla?

Dio non ti chiede una performance spirituale. Ti chiede fiducia.

Ecco perché Paolo chiama Abraamo padre di quelli che seguono anche le orme della sua fede.
“Seguire le orme” significa camminare nello stesso sentiero. Non si tratta solo di credere, ma anche di vivere nello stesso modo: fidarsi, obbedire, perseverare.

Allora chiediti: in quale area della mia vita ho bisogno di fidarmi di Dio questa settimana, anche se non vedo ancora nulla? Potrebbe essere una decisione, una relazione, un bisogno concreto. Prendi un impegno specifico: parla con Dio, affidagli il tuo bisogno e poi cammina per fede… anche solo un passo.

E se sei un credente da tanto tempo, chiediti: sto ancora camminando per fede o mi sto solo appoggiando su buone abitudini religiose? La vera fede non si ferma mai: cresce, si muove, si affida a Dio ogni giorno.

La fede non si appoggia sulla legge

Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abraamo o alla sua discendenza in base alla legge, ma in base alla giustizia che viene dalla fede. Perché, se diventano eredi quelli che si fondano sulla legge, la fede è resa vana e la promessa è annullata, poiché la legge produce ira; ma dove non c’è legge, non c’è neppure trasgressione. (Romani 4:13-15)

Quando Paolo dice che Dio ha promesso ad Abraamo di essere “erede del mondo”, si sta riferendo a qualcosa di più grande della sola terra promessa di Canaan. Non si tratta semplicemente di un’eredità geografica, ma di una benedizione eterna e universale, che si compie pienamente in Cristo (Galati 3:29).

E cosa significa per noi oggi? Significa che per fede in Cristo, diventiamo partecipi di un’eredità viva: riceviamo il perdono dei peccati, lo Spirito Santo viene ad abitare in noi, entriamo a far parte del popolo di Dio e abbiamo la certezza della vita eterna.

Questa è l’eredità che ci è stata donata per grazia, e che riceviamo per fede. E per capire quanto sia sicura, Paolo ci riporta alle origini: quando quella promessa fu fatta ad Abraamo, non era basata sulla legge. La legge nemmeno esisteva ancora… Mosè arriverà 500 anni dopo. Dio non disse: “Se ti comporti bene, ti benedirò”. Disse: “Io ti benedirò” e Abraamo ci credette.

Ecco il punto: Dio non ha basato la sua promessa sulla nostra obbedienza, ma sulla sua fedeltà. E questo rende la nostra eredità sicura.

Eppure, quante volte, anche noi, viviamo come se il favore di Dio dipendesse da quanto siamo bravi? “Se prego abbastanza… Se leggo di più la Bibbia… Se ho una settimana spiritualmente buona… Allora Dio sarà con me”. Ma se cado? Se ho una crisi? Se mi sento spento?

Questa è la mentalità della legge. Pensare che Dio sia con me solo se sono all’altezza. Ma Paolo dice che così rendi vana la fede e annulli la promessa, perché un dono ricevuto per merito non è più un dono. È una paga.

Tante persone vivono senza sicurezza, anche se sono credenti. Appena sbagliano, si sentono lontane da Dio. Ma la promessa non si basa sul tuo stato d’animo. Si basa sulla fedeltà di Dio.

La legge non fa altro che evidenziare il problema. Paolo aggiunge: “La legge produce ira” (v.15). Come mai? Perché non può giustificarti, ma solo mostrarti dove sbagli.

È come quei cartelli radar che ci sono nelle nuove “zona 30” e che ti mostrano la velocità: non ti fermano, ma ti mostrano che stai andando oltre il limite. Infatti, Paolo distingue tra:

  • Peccato: tutto ciò che è contrario a Dio, anche se non lo riconosci.
  • Trasgressione: violazione consapevole di un comandamento.

La legge non crea il peccato, ma lo rende chiaro e lo espone come colpa. E per questo non può essere la base della salvezza. Ecco il cuore del Vangelo: Cristo ha compiuto la legge in modo perfetto (1 Corinzi 1:30). E non solo questo. Lo Spirito Santo oggi ci unisce a lui, e ci conferma come figli ed eredi (Romani 8:15).

Perciò non viviamo più cercando di “essere abbastanza bravi per Dio”. Viviamo come figli che si fidano del Padre. Forse questa settimana potresti fare un piccolo esperimento spirituale: smetti di tentare di “guadagnarti” la vicinanza di Dio, e inizia ogni giornata ricordandoti: “Sono suo figlio. La sua grazia è già su di me”. Vivi da erede, non da impiegato spirituale.

La fede guarda all’impossibile con fiducia

Perciò l’eredità è per fede, affinché sia per grazia, in modo che la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che è sotto la legge, ma anche per quella che discende dalla fede di Abraamo. Egli è padre di noi tutti (com’è scritto: «Io ti ho costituito padre di molte nazioni») davanti a colui nel quale credette, Dio, che fa rivivere i morti e chiama all’esistenza le cose che non sono.  (Romani 4:16-17)

Paolo ci ricorda ancora una volta che, se la fede dipendesse da noi, sarebbe fragile come noi. Ogni caduta, ogni dubbio, ogni errore metterebbe tutto in discussione. Ma siccome dipende da Dio, è stabile. Non perché noi siamo costanti, ma perché lui è fedele.

Paolo descrive Dio come:

  1. Colui che fa rivivere i morti”: come quando ha reso feconda Sara che era sterile e quando ha fatto risorgere Cristo dai morti.
  2. Colui che chiama all’esistenza le cose che non sono”: quando Dio parla, nasce la vita. Lo vediamo nella creazione e nella nuova nascita.

Eppure, quante volte ci scoraggiamo perché non vediamo risultati immediati? O perché ci sentiamo spiritualmente “morti”, sterili, spenti? Dio non ci chiede di avere una fede cieca, ma una fede radicata nel carattere e nella potenza del Dio vivente. Una fede che dice: “Signore, io non vedo ancora il risultato, ma mi fido della tua Parola.”

Il massimo esempio di questa fede la troviamo nella risurrezione di Gesù, come dirà più avanti Paolo in Romani 4:24-25. La nostra fede non è teorica. È risposta a un evento storico e trionfante. E oggi, lo Spirito che ha risuscitato Cristo dai morti abita in noi (Romani 8:11). È lui che ci dà la forza di credere anche quando tutto intorno a noi sembra morto.

Forse oggi ti trovi in una situazione senza speranza. Una relazione rotta. Una crisi spirituale. Una delusione. Un senso di aridità. Non guardare solo alle circostanze. Guarda a colui che fa rivivere i morti.

Che passo di fiducia potresti fare davanti a quella situazione impossibile? Non con le tue forze, ma confidando in colui che apre nuove strade dove non si vede più una via d’uscita!

Conclusione

Oggi abbiamo visto che la vera fede salvifica è una fede che non si fonda su riti religiosi e non dipende dalla legge, ma che si affida al Dio che rende possibile l’impossibile. Non è emozione. Non è religiosità. È dire: “Signore, mi fido di te”.

Forse hai cominciato bene il tuo cammino, con fede… ma poi ti sei perso nella performance spirituale. Forse ti senti spiritualmente sterile o addirittura morto. Ma ricorda: Dio giustifica l’empio. Dio fa rivivere i morti. Dio mantiene le sue promesse.

E tutto questo è possibile perché il Padre ha mandato il Figlio per morire al posto nostro,
e ha riversato su di noi lo Spirito Santo, come pegno della sua promessa. E se oggi scegli di fidarti di Dio – non delle tue forze, ma della sua promessa – allora, come ad Abraamo, anche a te la fede sarà messa in conto come giustizia. Questa è la nostra speranza.

Qualunque sia la tua condizione oggi, che tu sia confuso, stanco o scoraggiato, Dio ti sta dicendo: “Non devi dimostrarmi nulla. Solo credimi”. Non serve una fede perfetta. Solo il coraggio di fare il prossimo passo. E scoprirai che lui è fedele.

Amen

Preghiera

“Signore, oggi voglio fidarmi della Tua promessa. Non dei miei risultati, ma della Tua grazia. Aiutami a camminare per fede, anche solo un passo alla volta.”

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