Vivere come figli del giorno

9 Novembre 2025

Daniele Scarabel

Daniele Scarabel

Pastore

A tutti è capitato: la sveglia suona, ma la tentazione di restare ancora un po’ nel letto è forte. Ti dici: “Solo cinque minuti…” e poi mezz’ora è già passata. E anche se usciamo dal letto, a volte non ci alziamo davvero: restiamo fermi, con la mente già piena di pensieri, di preoccupazioni o di distrazioni che ci risucchiano la giornata.

Eppure, basterebbe poco: alzarsi, aprire la finestra, respirare. Iniziare la giornata con un gesto di gratitudine, una preghiera, un versetto che accende la mente… Una piccola scelta può cambiare il tono di tutto il giorno.

Paolo, nella lettera ai Romani, parla proprio di questo: dell’importanza di risvegliarsi — ma spiritualmente. Scrive a cristiani che hanno già conosciuto la luce di Cristo, ma che rischiano di riaddormentarsi, di vivere come se fosse ancora notte.

La sfida sta nel fatto che viviamo nel mezzo tra il “già” e il “non ancora”: la luce è già sorta — Gesù è morto e risorto, e il suo Spirito vive in noi — ma non è ancora giorno pieno, perché Cristo deve ancora tornare per instaurare definitivamente il suo regno.

In questo tempo, la tentazione di tirare su le coperte è reale. Per questo Paolo ci chiama a tre gesti semplici ma decisivi: amare, svegliarci e rivestirci di Cristo.

E tutto comincia dall’amore, perché senza amore anche la fede più forte finisce per addormentarsi.

Ama, perché solo l’amore compie la legge

Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il “non commettere adulterio”, “non uccidere”, “non rubare”, “non concupire” e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. L’amore non fa nessun male al prossimo; l’amore quindi è l’adempimento della legge. (Romani 13:8-10)

Paolo va dritto al punto: l’unico debito che non finiremo mai di saldare è quello dell’amore reciproco. Ma non è qualcosa che devo fare per senso del dovere, ma qualcosa che posso fare, perché sono già stato amato.

Dio ci ha amati per primo, senza chiedere nulla in cambio, e il nostro amore verso gli altri è la risposta a quel dono che non potremo mai ripagare.

Per spiegarsi meglio, Paolo cita alcuni comandamenti: “Non uccidere, non rubare, non concupire…” — tutti quei “non fare” che conosciamo bene. Poi aggiunge una frase che riassume tutto: “Ama il tuo prossimo come te stesso.”

In altre parole: se ami davvero, non serve più che qualcuno ti ripeta cosa non devi fare.

Quando ami, non ferisci, non tradisci, non inganni. Non perché qualcuno te l’ha imposto, ma perché non ti verrebbe nemmeno in mente.

E quando ignoriamo i comandamenti di Dio, non facciamo male solo agli altri, ma anche a noi stessi. Pensa all’invidia: per il lavoro, la casa, la relazione di qualcun altro… il primo a starci male sei tu. Ti ruba la pace e ti spegne la gratitudine per ciò che hai.

L’amore, invece, fa l’opposto: costruisce, benedice, libera.

Pensa a quando decidi di benedire qualcuno che ti ha ferito. Magari non cambia lui, ma cambia te: il risentimento perde potere, e dentro di te si fa spazio la pace.

L’amore libera sempre due persone: chi lo riceve e chi lo dona.

E come può crescere questo amore — nella coppia, in un’amicizia o nella chiesa — in modo concreto? Non nasce dallo sforzo, ma dallo Spirito Santo, che ha messo nel nostro cuore l’amore di Dio. È Lui che ci guida, non la paura di sbagliare.

Penso a una scena semplice: è sabato mattina, la casa è in disordine, la mamma è sull’orlo di perdere la pazienza, ma poi uno dei figli si alza e inizia a pulire e riordinare la casa. Non perché qualcuno gliel’ha chiesto, ma perché vuole dare una mano. E l’atmosfera cambia subito.

Così agisce lo Spirito Santo: non ci costringe, ma ci ispira. La nostra parte è lasciargli spazio, permettergli di mostrarci dove possiamo fare un passo concreto.

E sì, ci sono momenti in cui amare costa: quando l’altro non lo merita, quando ci delude, quando vorremmo chiudere la porta. Ma proprio lì si vede se l’amore di Cristo vive in noi o resta teoria. Paolo non parla di emozioni, ma di scelte.

E allora la domanda diventa personale: con chi sono ancora in debito d’amore?

C’è qualcuno che evito, o da cui mi tengo a distanza? Forse una ferita che non ho ancora lasciato guarire, o un gesto che sto rimandando da troppo tempo.

Ma anche qui non si tratta di stringere i denti o di sforzarsi di più. Ogni volta che senti che ti manca l’amore, torna alla croce: lì dove Cristo ha amato i nemici e ha perdonato chi lo inchiodava.

È da lì che tutto ricomincia.

Svegliati, perché il giorno si avvicina

“E questo dobbiamo fare, consci del momento cruciale: è ora ormai che vi svegliate dal sonno, perché adesso la salvezza ci è più vicina di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.” (Romani 13:11-12)

Perché è così importante amare?

Perché, dice Paolo, questo è il momento giusto per farlo.

È come con la sveglia: puoi rimandarla una, due volte… ma non all’infinito. A un certo punto bisogna alzarsi, perché il tempo scorre e il giorno è già iniziato.

Paolo ci dice: “È ora di svegliarvi dal sonno.” È adesso il tempo di amare, non di rimandarlo ancora. Parla a cristiani che rischiano di restare sotto le coperte, mentre fuori il sole sta già sorgendo il sole.

Non per metterci addosso sensi di colpa, ma per ricordarci che la luce è già arrivata – vale la pena alzarsi e viverla.

Svegliarsi non significa però agitarsi o riempirsi di impegni. Come quando finalmente decidi di ascoltare la sveglia e ti accorgi di essere in ritardo… È aprire gli occhi su ciò che Dio sta già facendo. È dire: “Signore, fammi vedere dove sei all’opera oggi. Mostrami dove posso esserci anch’io.”

A volte lo Spirito ci fa notare piccole cose: un messaggio che potresti mandare, un vicino che non saluti da tempo, una visita che rimandi da mesi. Sono piccole luci che si accendono nel quotidiano.

E poi puoi fare un passo. Uno solo, ma vero: una preghiera sincera, una telefonata per chiedere perdono, una scelta di purezza quando nessuno ti vede, un gesto di servizio dove di solito ti tiri indietro. Piccole cose, ma da svegli.

Quando ti svegli davvero, non puoi restare fermo. Ti accorgi che ci sono cose da lasciare e altre da scegliere. Per questo Paolo ci dice di gettare via le “opere delle tenebre” e di indossare le “armi della luce.”

Le “opere delle tenebre non sono solo i grandi peccati che giudichiamo negli altri; sono anche quelle piccole abitudini che piano piano ci spengono dentro: il cinismo che ti fa pensare “tanto non cambia niente”, la rabbia che covi, la pigrizia che rimanda sempre il bene a domani.

Le “armi della luce”, invece, sono scelte che portano vita: il perdono, la fiducia, la gentilezza, la pazienza.

In parole semplici, svegliarsi e indossare la luce significa smettere di rimandare il bene e di trovare scuse per il male.

Paolo scrive anche agli Efesini:

“Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; recuperando il tempo perché i giorni sono malvagi.” (Efesini 5:15-16)

“Recuperare il tempo” non vuol dire correre di più o fare tutto meglio, ma imparare a vivere con attenzione e a riconoscere dove Dio sta già agendo.

Lo Spirito Santo parla proprio lì, nei momenti in cui ti invita a dire un “sì” concreto: sì al perdono, sì alla riconciliazione, sì a un passo di obbedienza che forse stai rimandando.

Molto concretamente, vuol dire smettere di sprecare ore in ciò che non porta frutto — magari davanti a uno schermo o perso in pensieri che ti spengono. A volte “recuperare il tempo” significa semplicemente mettere giù il telefono e accorgerti di chi hai davanti.

Ogni giornata, anche quella normale, può diventare uno spazio dove la luce di Dio entra.

E allora chiediti: in quale parte della mia vita sto ancora dormendo?

Forse nella preghiera, diventata abitudine più che incontro.

Forse nelle relazioni, dove l’orgoglio mi ha spinto a chiudermi.

Forse nei pensieri, dove certe immagini o parole mi spengono dentro.

Comincia da lì. Non serve svegliarsi dappertutto: basta svegliarsi dove stai dormendo.

E per farlo, impara ad ascoltare lo Spirito Santo che ti parla: a volte è un pensiero che ritorna, una parola della Bibbia che ti colpisce, o una persona che ti viene in mente all’improvviso.
Quando senti quel piccolo impulso dentro — “chiedi perdono”, “fai pace”, “fermati a pregare” — non ignorarlo. È lo Spirito che ti sta svegliando.

E la buona notizia è questa: non dobbiamo svegliarci per farci vedere da Dio, ma perché Dio ci ha già visti e amati. Ci ha già risvegliati in Cristo. Lasciamoci quindi guidare da Lui.

Non per paura della fine, ma per la gioia del giorno che viene.

Rivestiti di Cristo, perché appartieni alla luce

“Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno, senza gozzoviglie e ubriachezze, senza immoralità e dissolutezza, senza contese e gelosie; ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri.” (Romani 13:13-14)

Ogni mattina scegli cosa mettere: un pullover, una giacca, qualcosa che dica chi sei e dove stai andando. Anche nella vita spirituale è così: ogni giorno ti vesti di qualcosa — del tuo orgoglio o della tua pazienza, della fretta o della fiducia, dell’egoismo o della grazia.

Per questo Paolo scrive: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo.

Rivestirsi di Gesù significa lasciarlo vivere attraverso di noi, finché il suo modo di parlare, guardare, reagire e amare diventa anche il nostro. Non è fingere, ma ricordare chi sei, sapere a chi appartieni e mostrare, con semplicità, chi ti abita dentro.

Paolo è pratico: lascia perdere feste senza freni, immoralità, gelosie, litigi. Ora appartieni alla luce: non farti guidare da ciò che ti riporta al buio.

Riassume tutto nella frase: “Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri”. Può essere un peccato che eviti di affrontare, la rabbia che tieni dentro, la ricerca continua di conferme dagli altri. Tutte cose che spengono la luce che Dio ha acceso in te.

Rivestirsi di Cristo è invece una scelta quotidiana. C’è chi non esce mai senza mettere in ordine i capelli… e chi non dovrebbe uscire senza “mettere in ordine il cuore”.

È come preparare la giornata davanti allo specchio. Ti chiedi: cosa voglio che si veda oggi in me? Le mie stanchezze… o la presenza di Gesù? “Rivestirsi di Cristo” vuol dire scegliere consapevolmente che tipo di persona voglio portare nel mondo.

Ogni giorno, prima di uscire, puoi dire: “Signore, oggi voglio indossare Te – la tua pazienza, la tua compassione, la tua grazia. Voglio camminare come figlio della luce.”

Quando sei stanco e irritato, come risponderesti se Gesù fosse accanto a te? Quando qualcuno ti ferisce, cosa cambierebbe se ti ricordassi che porti addosso la sua grazia?

Rivestirsi di Cristo non è qualcosa che facciamo da soli. È lo Spirito Santo che ci ricorda chi siamo e ci rende capaci di riflettere il carattere di Gesù nel concreto di ogni giorno. E quando sbagli, perché capiterà, non buttarti giù: rialzati, scrolla la polvere e rivestiti di nuovo.

Ogni mattina, quando ti vesti o ti metti la giacca per uscire, lascia che quel gesto ti ricordi questa preghiera: “Signore Gesù, voglio indossare Te. Le tue parole sulla mia bocca, la tua pazienza nel mio cuore, la tua compassione nelle mie mani.”

E questo è il cuore del messaggio di Paolo: la vita cristiana non è un insieme di regole, ma di luce — la luce del giorno che sta arrivando. E ogni volta che ti svegli, ricordati: non ti alzi solo per affrontare un’altra giornata, ma per camminare nella luce di Cristo, finché il giorno pieno verrà.

Amen

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